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Opinioni

Cosa cambia per visite, ricoveri e prescrizioni mediche con i tagli alla sanità

Cosa cambierà per gli esami e le prescrizioni mediche con la riforma del Governo: davvero saliranno i costi per i cittadini? E come funzionerà per i medici? Ecco cosa sappiamo, per adesso.
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Come detto, il Governo si appresta ad ottenere il via libera sul Decreto Enti Locali, dopo aver posto la questione di fiducia sia al Senato della Repubblica che alla Camera dei deputati. Si tratta del dl “Misure finanziarie per gli enti territoriali”, approvato dal Consiglio dei ministri il 19 giugno del 2015 ed in scadenza il 18 agosto: al suo interno misure per la stabilità finanziaria degli enti locali, con risorse per sbloccare pagamenti arretrati e “sistemare” la questione mobilità per i dipendenti delle province, ma anche una serie di interventi sulla sanità.

In particolare, come vi abbiamo spiegato nella nostra scheda, con una serie di emendamenti all’articolo 9 si è inteso dare attuazione all'intesa relativa alla spesa sanitaria ed alla revisione del patto per la salute 2014-2016, oltre che al recepimento dei profili finanziari della legge di stabilità per il 2015. In sostanza, si è usato il decreto Enti Locali per interventi sulla sanità, con un taglio secco di circa 7 miliardi di euro in tre anni ai trasferimenti dallo Stato alle Regioni: si prevede, infatti, “la riduzione del livello complessivo del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, pari a 2.352 milioni di euro annui, a decorrere dal 2015” e fino al 2017”.

Cosa comporteranno questi tagli alla sanità?

Le Regioni potranno adottare una serie di misure alternative per recuperare le risorse tagliate dallo Stato. Prima di tutto gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale potranno ridiscutere i contratti con i fornitori di beni e servizi, in modo da ottenere risparmi fino al 5% della spesa. La novità rilevante consiste nella possibilità che i contratti vengano sciolti nel caso in cui non si riuscisse a raggiungere un accordo al ribasso con i fornitori. È chiaro che in questo modo potrebbero sorgere problemi legati ad eventuali azioni legale intraprese da fornitori o creditori, ma per il momento il Governo va avanti (ignorando ad esempio gli appunti dell'Ufficio Bilancio del Senato, che ha evidenziato anche che i risparmi ipotizzati per il 2015 difficilmente potranno concretizzarsi data l'esiguità del tempo a disposizione per "negoziare" contratti e forniture).

Gli enti e le aziende del SSN potranno poi ridurre in via permanente l’ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale. In pratica, in presenza di “riorganizzazioni ospedaliere”, potranno essere bloccati in maniera permanente straordinari, premi e rimborsi di altro tipo al personale sanitario.

Grande rilevanza presso l'opinione pubblica ha avuto l'annuncio della "stretta" sulle visite specialistiche e sugli esami clinici. 

Si tratta di una questione complicata e oggetto anche di una serie di speculazioni politiche che poco hanno a che fare con la ratio del provvedimento. Proviamo a fare un minimo di chiarezza, anticipando che le specifiche del provvedimento, ovvero i casi in cui si applicherà o meno la nuova normativa, devono ancora essere messe nero su bianco e saranno oggetto di decreti ministeriali che arriveranno solo nelle prossime settimane.

In poche parole il Governo intende individuare le “condizioni di erogabilità e le indicazioni prioritarie” per la prescrizione di visite specialistiche ambulatoriali ed esami clinici. Per porre fine a quello che viene considerato un malcostume tutto italiano, ovvero il ricorso frequente ad esami e controlli superflui (anche se in realtà il confronto con gli altri Paesi europei non evidenzia un gap eccessivo per l’Italia), il Governo immagina di stabilire delle griglie che contengano riferimenti chiari in base ai quali i medici possano prescrivere o meno esami specialistici e controlli approfonditi. Vale la pena di sottolineare che tutte le ricostruzioni su eventuali soppressioni di controlli o esami (incluso il “numero” di esami per singolo paziente o i limiti ai controlli in base all’età) sono al momento infondate.

Nel caso in cui si accertasse che il medico curante abbia prescritto esami non necessari, ovvero abbia violato l’applicazione delle nuove normative, si prevede l’applicazione di “penalizzazioni su alcune componenti retributive del trattamento economico spettante ai medici”. In pratica: i medici che sbagliano nell’applicazione della normativa, pagheranno di tasca loro, a meno che non giustifichino in maniera valida la loro decisione.

Questo significa che i medici limiteranno le prescrizioni di controlli approfonditi ai pazienti per paura di incorrere nelle multe? No, affatto. Significa che ogni medico potrà disporre di un tot di prescrizioni per una visita specialistica? Nemmeno. L’idea è quella di creare dei riferimenti chiari per la prescrizione di visite specialistiche, sottraendola all’arbitrio dei singoli medici, in modo da ridurne il numero e conseguire risparmi per le casse dello Stato. Questo significa che i cittadini pagheranno in caso di esami non necessari? Tecnicamente sì: nel caso in cui non ci fossero le condizioni per ottenere esami o visite specialistiche (a stabilirlo, appunto, i medici curanti) e un cittadino volesse procedere ugualmente, pagherebbe di tasca sua l'intero importo (il modello è in parte simile a quello per i farmaci "non coperti" dal SSN). Questo significa che ci sarà meno diagnostica e meno ricorso ad indagini di laboratorio? Sì, perché è proprio l'obiettivo del Governo: ridurre il numero di esami ed analisi (circa 200 tipologie verranno esaminate) di almeno il 15%, abbattendo di circa 200milioni l'anno i costi, nella convinzione che gli "esami inutili" siano una delle principali fonti di spreco in ambito sanitario.

Il problema, semmai, è che i risparmi ottenuti sono sovrastimati, perché ad esempio, come nota il Servizio Studi del Senato, nel caso di strutture private le prestazioni sono erogate a tariffa (dunque il risparmio è consistente), ma nel pubblico l’impatto riguarderebbe solo costi variabili connessi alla minore erogazione delle prestazioni di assistenza specialistica:

“Ne consegue che il risparmio complessivo ammonta a circa 106 mln di euro, a fronte di una riduzione complessiva di prestazioni stimate nel settore pubblico e privato per un valore tariffario di 192 mln di euro [..] Andrebbe tuttavia chiarita l'origine del dato relativo alla riduzione dei costi variabili connessi alla minore erogazione delle prestazioni di assistenza specialistica, stimato pari a circa il 30%. Si sollevano tuttavia perplessità in ordine alla conseguibilità dei risparmi nella misura indicata nella RT per l'anno in corso, alla luce dei tempi di effettiva vigenza della disposizione, come peraltro evidenziato dalla stessa RGS

I ricoveri e la riabilitazione ospedaliera

Più specifiche sono invece le indicazioni per quel che concerne i “ricoveri in regime di riabilitazione ospedaliera”. I commi 8 e 9 dell’articolo 9, per come modificati dall’emendamento del Governo al Senato, infatti, mirano a ridurre il numero delle giornate di ricovero e a indicare quali siano le tipologie di ricovero “inappropriate”.

Si legge nella scheda di analisi del Senato:

La potenziale inappropriatezza clinica nei ricoveri preceduti da evento acuto viene valutata sia considerando la coerenza tra evento di riabilitazione e tipologia di evento acuto precedente (criterio della correlazione clinica) che definendo come appropriata, o meno, la distanza (in giorni) tra la dimissione dall’evento acuto e l’ammissione in riabilitazione (criterio della distanza temporale); nei ricoveri di riabilitazione non preceduti da evento acuto viene individuata la tipologia di casistica potenzialmente inappropriata per ciascun tipo di ricovero riabilitativo non preceduto da evento acuto (criterio della tipologia casistica).

A rimetterci, nel caso di ricoveri “non giustificati” saranno le strutture private accreditate che verranno rimborsate solo del 50%; mentre nel caso di ricoveri “oltre soglia” l’abbattimento tariffario per ogni giornata in più (oggi al 40%) sarà portato al 60%. Anche in questo caso, il cittadino potrebbe essere costretto a pagare di tasca propria nel caso di ricoveri "oltre soglia" o non giustificati.

Per il settore pubblico, invece, si immagina una stretta sui tempi e sulle modalità di ricovero: per alcune patologie si immaginano degenze più brevi e tempi di dimissione dei pazienti anticipati.

Nulla cambia, invece, per il comparto farmaceutico (questione discutibilissima, tra l'altro). E non ci sono miglioramenti per il meccanismo delle liste d'attesa, che è spesso causa di seri problemi per i cittadini e oggetto di roventi polemiche.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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