Alle 8:38, dopo 17 ore di vertice, il primo ministro belga Michels annuncia su twitter il raggiungimento di un accordo: “Agreement”, scrive, “Grecia salva”, si legge. Una intesa raggiunta in extremis, dunque, dopo una nottata drammatica per l’intera Europa: come ammesso dai partecipanti, infatti, più volte si è giunti ad un passo dalla rottura, con la Grexit che sembrava opzione destinata a concretizzarsi. Non è un mistero che la trattativa sia stata durissima, con toni molto accesi ed un vero e proprio braccio di ferro psicologico fra Atene e Berlino (c’è chi ha parlato di “waterboarding nei confronti di Tsipras”).
Ma cosa prevede l’accordo fra la Grecia e l’Eurogruppo? Cosa cambia adesso per il Governo di Atene? E siamo certi che la Grexit non sia più un’opzione?
In attesa di leggere nel dettaglio il piano approvato all’unanimità dall’Eurogruppo, è possibile ricostruire l’accordo tramite le dichiarazioni rilasciate alla stampa dai protagonisti diretti della negoziazione. Ci sarà, dunque, il (terzo) programma di salvataggio della Grecia, che avrà una durata triennale e sarà finanziato con una cifra compresa fra gli 82 e gli 86 miliardi di euro (direttamente dal Fondo salva stati). Una parte di questa cifra, circa 24 miliardi di euro, servirà a sostenere il sistema bancario ellenico e la ricapitalizzazione degli istituti di credito. Un’altra tranche importante (superiore ai 30 miliardi di euro) sarà riservata agli investimenti, che saranno “legati” al piano Juncker e dovrebbero servire a creare occupazione e a dare ossigeno al sistema dei conti pubblici. Per i prossimi giorni arriverà un prestito ponte di circa 7 miliardi di euro, con ulteriori 5 miliardi che saranno disponibili entro la metà di agosto.
Ci sarà poi una discussione aggiuntiva sul fronte del debito, anche se come riporta Il Sole 24 Ore, “la ristrutturazione del debito, con un taglio del suo valore nominale, è fuori discussione” e in ogni caso “la cancelliera Angela Merkel ha spiegato in una conferenza stampa qui a Bruxelles che i creditori saranno pronti a discutere di un suo alleggerimento, con un aumento delle scadenze obbligazionarie e un taglio dei tassi d'interesse”.
Gli aiuti però sono fortemente condizionati: la Grecia si è impegnata a fare riforme in tempi record e a cedere parte consistente dei beni pubblici. Entro mercoledì, infatti, il Parlamento greco dovrà approvare il primo pacchetto di riforme (in 6 capitoli), con la revisione complessiva del sistema fiscale (fine delle agevolazioni, aumento dell’Iva eccetera), del comparto pensionistico (graduale aumento dell’età pensionabile, stop al sostegno “aggiuntivo” per gli assegni più bassi), del mercato del lavoro (la famosa “armonizzazione agli standard europei” della disciplina dei licenziamenti e probabilmente anche lo stop alla contrattazione collettiva), della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario (prevista una pesante spending review, anche sulla Difesa). Tsipras si è anche impegnato ad approntare un piano di privatizzazioni per 52 miliardi di euro (Renzi in conferenza stampa ha ricordato che finora i greci hanno privatizzato beni per soli 2 miliardi di euro), che ora dovrà far digerire al Parlamento greco. Con questa cifra, spiega Zatterin su La Stampa, "verrà creato gradualmente un fondo di garanzia degli investimenti da 50 miliardi che, coi suoi profitti, aiuterà gli investimenti diretti in terra ellenica".
Nello specifico, il Governo dovrà trasferire asset per un valore di 50 miliardi di euro ad un fondo indipendente (che avrà base in Grecia e avrà la supervisione delle autorità europee) che successivamente proverà a monetizzare tramite le privatizzazioni.
Vale la pena di ribadire che il sostegno europeo sarà vincolato alla piena attuazione delle riforme e al rispetto delle tempistiche da parte della Grecia. In tal senso più di un analista ha parlato di un vero e proprio ritorno della Troika ad Atene, considerando il continuo monitoraggio cui sarà sottoposto il Governo di Atene e la subordinazione degli aiuti all’approvazione rapida del pacchetto di riforme e di privatizzazioni. Anche la tempistica è importante: dopo l'approvazione delle riforme da parte di Atene, sarà convocato un nuovo Eurogruppo che dovrebbe dare ufficialmente il via libera al prestito del fondo salva stati; successivamente toccherà al parere di alcuni Parlamenti nazionali (ci sono Stati in cui la legislazione prevede un passaggio parlamentare).
Nel frattempo, però, si continuerà a lavorare per onorare le scadenze a breve termine, come riporta Il Post:
Il 14 luglio scade un Samurai bond, obbligazione internazionale emessa dallo stato greco nel 1995 e denominata in yen per un controvalore pari a 146 milioni di euro. In questi giorni è attesa anche una nuova decisione della BCE sul meccanismo di emergenza concesso alle banche greche (ELA), confermato nei giorni scorsi a condizioni più severe.
Ora che Atene e i suoi creditori hanno raggiunto un accordo, è probabile che la BCE manterrà il programma: resta da chiarire se aumenterà il massimale previsto. Il prossimo 20 luglio, inoltre, la Grecia dovrà restituire alla BCE una rata relativa a un precedente prestito che ammonta a 3,5 miliardi di euro ma senza l’erogazione di nuovi prestiti non sarà in grado di fare il pagamento. Una delle opzioni citate dagli analisti è che la Banca centrale europea rimandi la scadenza per permettere alla Grecia di ricevere i finanziamenti necessari.
Infine, resta da capire come reagirà il Parlamento greco, considerando che le condizioni accettate da Tsipras, se scongiurano la Grexit e salvano le banche elleniche, allo stesso tempo rappresentano un “cedimento” alle pressioni tedesche su alcuni aspetti essenziali (tempistiche e no a taglio del debito nominale). E il sostegno del Parlamento di Atene a questo punto è tutt’altro che scontato.