"L'Italia non ha più tempo per dei giochetti, per le cazzate, per le "quattro o cinque cose da fare insieme" che non si faranno mai. Il M5S vuole fare una sola cosa, una sola, mandarli a casa..Bisogna tornare alle urne al più presto possibile". Anche con il Porcellum. Anzi, soprattutto, verrebbe da dire. Così Beppe Grillo dalle pagine del suo blog imprime un'accelerazione alla fase di transizione che sta attraversando la politica italiana e chiarisce (una volta di più) a militanti ed elettori qual è la linea del Movimento 5 Stelle. Nessuna possibilità di accordicchi o inciuci, ma ferrea opposizione ai partiti che hanno "distrutto il Paese" e che ora tramano per cambiare la legge elettorale in modo da impedire la vittoria elettorale del Movimento 5 Stelle. Un intervento necessario, per una serie di ragioni.
In primis Grillo ha chiaro che il momento è di quelli irripetibili. Pd e Pdl sono in condizioni che definire critiche è riduttivo. I berlusconiani sono sostanzialmente in un vicolo cieco, con la condanna definitiva del Cavaliere e scarsissimi margini di manovra per la questione "agibilità politica" (per non parlare della difficoltà con la quale procede il percorso di formazione della nuova classe dirigente). I democratici, in piena fase pre-congressuale, sono ad un bivio cruciale: o rischiare di alienarsi definitivamente il consenso di migliaia di elettori "salvando" Berlusconi, oppure mettere in soffitta le larghe intese (con quali garanzie? Ma soprattutto con quale leadership in grado di garantire che non si presenti un nuovo "caso" dei 101?). Un po' meglio se la passa Enrico Letta, che punta con buona probabilità a guidare il Paese anche senza l'appoggio pidiellino, forte della benedizione di Napolitano. Ma sul Governo incombono nuvoloni nerissimi e la tempesta appare imminente.
In seconda battuta Grillo ha la necessità di mandare un avvertimento agli eletti 5 Stelle. Già, perché malgrado le ipotesi di "pattuglie di senatori grillini" pronte ad abbandonare il gruppo siano fantasiose ed in gran parte prive di fondamento e nonostante i leader grillini abbiano serrato i ranghi (da Morra a Di Maio, il coro è unanime: "Siamo compatti e lo resteremo"), la prospettiva di una crisi al buio non convince tutti. E il capo politico del Movimento vuole evitare che si arrivi ad una nuova "questione Bersani", ovvero ad una discussione logorante sulla possibilità di dar vita ad un Governo del cambiamento con il Partito Democratico. Per questo chiarisce: niente accordi, né ora né mai. E allo stesso tempo stronca possibili abboccamenti, fosse solo per la revisione della legge elettorale: non importa come, basta che si vada al voto il prima possibile.
Un messaggio che ha anche un destinatario diretto (e per nulla nascosto) in Giorgio Napolitano, con il quale il feeling è ai minimi storici. È il Presidente che ha la responsabilità della crisi, poiché è lui ad aver costruito a tavolino le larghe intese. E, chiosa Grillo, dovrebbe essere il primo a dimettersi. Poco importa che le due cose, elezioni subito e dimissioni del Capo dello Stato, non siano compatibili ai fini dello scopo dell'ex comico. O meglio, dovrebbe importare, se non fosse che più che una reale prospettiva politica, quella di Grillo è una dichiarazione di intenti: siamo qui, da soli e compatti, e attendiamo di raccogliere i frutti dell'inciucio alla luce del sole.
Poi c'è un ultimo aspetto, da non sottovalutare. È il ritorno, dopo mesi di lavoro in Parlamento e di studio matto e disperatissimo (con una notevole crescita sul piano della concretezza e della propositività), a toni da campagna elettorale, con l'utilizzo di concetti e figure (casta, iene, attacco alla democrazia) cari alla propaganda grillina più efficace. E questo è il vero campanello d'allarme per i partiti.