"Qualcosa ci inventeremo", ecco la frase con la quale il nostro Presidente del Consiglio si è espresso per tranquillizzare mercati e cittadini, imprese e giornalisti in merito alla (ormai è giusta chiamare le cose con il loro nome) drammatica situazione economico – finanziaria del nostro Paese. E nonostante il nervosismo evidente nell'entourage del Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, con il passare delle ore è diventato abbastanza chiaro a cosa il Cavaliere volesse concretamente alludere (ci perdonerete un eufemismo). Quel "qualcosa" assume infatti contorni piuttosto netti dopo le ultime dichiarazioni e puntualizzazioni di un Cavaliere sempre più isolato sulla scena internazionale: il vaso di Pandora, insieme causa di tutti i mali e al tempo stesso speranza concreta, sembrerebbe infine recare la scritta "Pensioni".
Una scelta, peraltro ancora non del tutto chiarita nei termini (e preferiamo astenerci dal commentare i balletti di cifre e le ipotesi al limite dell'assurdo delle ultime ore), sulla quale pesano una serie di fattori in gran parte "indipendenti" dalla volontà politica dello stesso Presidente del Consiglio. In primo luogo le pressioni dei vertici politico – istituzionali dell'Unione Europea, cui il nostro Governo non può opporre resistenza, in considerazione sia del primo salvataggio operato dalla Bce (che nei fatti ha portato ad un nostro sostanziale "commissariamento"), sia della consapevolezza del fatto che l'Italia rappresenti ormai il "fronte" su cui si gioca la partita più importante. Per dirla con le parole di un autorevole analista come Paul Krugman sul New York Times, infatti: "A questo punto, la Grecia, il paese da dove tutto è iniziato, è diventato nient'altro che un grigio evento minore. E' chiaro che il reale pericolo arrivi invece da una specie di assalto agli sportelli dell'Italia, la terza più grande economia della zona euro".
In tale contesto, qualunque ipotesi di nuovi aiuti alla nostra economia (sia pure sul controverso modello già ipotizzato per la Grecia) passa per un robusto intervento sui conti: una conditio sine qua non esplicitata da tempo a Tremonti e Berlusconi dai vertici della Bce e ribadita più volte dagli ambienti vicini alla cancelliera Merkel. E per capire quanto sia impellente questa sorta di obbligo è sufficiente considerare il fatto che il Cavaliere sia pronto finanche ad uno scontro frontale con la Lega, recalcitrante ad interventi in materia e indisposta a compromessi persino sul modello dello "scalone" maroniano. Insomma, per dirla con Bossi: "Stavolta la situazione è molto pericolosa, l'accordo sulle pensioni è molto difficile. Il momento è drammatico". E come se non bastasse, a mettere ulteriore pressione è la ristrettezza dei tempi, con Barroso che nelle ultime ore è intervenuto a ricordare come l'Unione Europea aspetti "una lettera di Berlusconi con impegni specifici sulle rapide misure per la crescita che l'Italia intende adottare, e finora non ha ancora avuto nessuna indicazione da Roma".
Insomma, un quadro estremamente complesso anche senza tener conto del prevedibile (quanto legittimo, sia chiaro) risvolto "sociale" di interventi che per ora rimangono solo sulla carta. E se lo stesso Bossi sembra rendersene conto ("La gente ci uccide se saliamo a 67 anni per le pensioni di anzianità"), allora vale davvero la pena chiedersi se sia giustificabile l'ennesimo attacco allo Stato sociale e se a pagare il prezzo di una crisi sistemica debbano ancora una volta essere i lavoratori.