Come noto, intorno alla riforma della Costituzione si gioca una partita importante, forse decisiva per gli equilibri politici a breve e medio termine. La maggioranza deve fronteggiare non solo la pratica ostruzionistica della Lega Nord (Calderoli ha presentato oltre 500mila emendamenti, poi ne ha annunciato il ritiro a patto che si continui l’esame in Commissione), ma anche la contrarietà di una fetta consistente del Partito Democratico. Al Senato, inoltre, i numeri sono risicatissimi e i 25 / 28 dissidenti in casa democratica potrebbero mettere in crisi la maggioranza, portando all’affossamento di parti fondamentali della riforma Renzi / Boschi.
Per ora la maggioranza ha retto, anche grazie alla decisione di portare direttamente il testo in Aula, senza attendere che la Commissione Affari Costituzionali del Senato terminasse l’esame. Ma senza un accordo di tipo politico appare difficile che l’esame “fili liscio” anche in Assemblea: per giunta, uno stop a questo punto porterebbe ad una clamorosa dilatazione dei tempi, che complicherebbe anche i piani del Presidente del Consiglio e riaprirebbe la questione “legge elettorale” (ricordiamo, infatti, che l’Italicum vale solo per la Camera dei deputati).
Ricordiamo, infatti, che il ddl è già stato approvato una volta dal Senato e dalla Camera e che una eventuale modifica comporterà un ritorno a Montecitorio ed infine un altro passaggio a Palazzo Madama. Fermo restando lo schema base (elaborazione dell’Istituto Fumagalli):
Qual è l’obiettivo della riforma della Costituzione
Come vi spiegavamo nella nostra scheda, sinteticamente, si può dire che “l’iniziativa del Governo mira a ridisegnare l'architettura istituzionale, aggiungendo alla ridefinizione di ruoli e composizione del Senato, con la fine del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero di parlamentari, l'abolizione del Cnel e la revisione del titolo V della Costituzione (su cui era intervenuta la precedente riforma del centrosinistra)”.
Quali articoli della Costituzione vengono modificati
Il disegno di legge Renzi – Boschi modifica:
- Articolo 48 – Circoscrizione estero (art. 38, comma 1 del ddl)
- Articolo 55 – Funzioni delle Camere (art. 1 del ddl)
- Articolo 57 – Composizione ed elezione (indiretta) del Senato (art. 2 del ddl)
- Articolo 58 – Eleggibilità dei senatori e requisito anagrafico (art. 38, comma 2 del ddl)
- Articolo 59 – Senatori di nomina del Presidente della Repubblica (art. 3 del ddl)
- Articolo 60 – Durata della Camera dei deputati (art. 4 del ddl)
- Articolo 61 – Proroga della Camera dei deputati (art. 38, comma 3 del ddl)
- Articolo 62 – Riunione straordinaria delle Camere (art. 38, comma 4 del ddl)
- Articolo 63 – Cariche interne delle Camere (art. 5 del ddl)
- Articolo 64 – Minoranze parlamentari (della Camera dei deputati); dovere dei parlamentari di partecipazione ai lavori (art. 6 del ddl)
- Articolo 66 – Titoli di ammissione dei componenti del Senato della Repubblica (art. 7 del ddl)
- Articolo 67 – Vincolo di mandato (art. 8 del ddl)
- Articolo 68 – Prerogative dei parlamentari (art. 6 del ddl governativo A.S. n. 1429 – soppresso)
- Articolo 69 – Indennità parlamentare (art. 9 del ddl)
- Articolo 70 – Procedimento legislativo (art. 10 del ddl)
- Articolo 71 – Iniziativa legislativa (art. 11 del ddl)
- Articolo 72 – Modificazioni all'articolo 72 della Costituzione (art. 12 del ddl)
- Articolo 73 – Leggi elettorali: giudizio preventivo di legittimità costituzionale (art. 13 e art. 38, comma 5 del ddl)
- Articolo 74 – Rinvio delle leggi (art. 14 del ddl)
- Articolo 75 – Referendum abrogativo (art. 15 del ddl)
- Articolo 77 – Disposizioni in materia di decretazione d'urgenza (art. 16 del ddl)
- Articolo 78 – Deliberazione dello stato di guerra (art. 17 del ddl)
- Articolo 79 – Leggi di amnistia e indulto (art. 18 del ddl)
- Articolo 80 – Autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali (art. 19 del ddl)
- Articolo 81 – Bilancio e indebitamento (art. 38, comma 6 del ddl)
- Articolo 82 – Inchieste parlamentari (art. 20 del ddl)
- Articolo 83 – Procedimento di elezione del Presidente della Repubblica (e relativi quorum) (art. 21 del ddl)
- Articolo 85 – Convocazione del Parlamento in seduta comune per l'elezione del Presidente della Repubblica (art. 22 del ddl)
- Articolo 86 – Indizione della elezione del Presidente della Repubblica in caso di impedimento permanente, decesso, dimissioni) (art. 23 del ddl)
- Articolo 87 – Presidente della Repubblica (art. 38, comma 7 del ddl)
- Articolo 88 – Scioglimento della Camera dei deputati (art. 24 del ddl)
- Articolo 94 – Fiducia al Governo (art. 25 del ddl)
- Articolo 96 – Modificazioni all'articolo 96 della Costituzione (art. 26 del ddl)
- Articolo 97 – Principi sull'amministrazione (art. 27 del ddl)
- Articolo 99 – Soppressione del CNEL (art. 28 del ddl)
- Articolo 114 – Abolizione delle Province (art. 29 del ddl)
- Articolo 116 – Forme particolari di autonomia regionale (condizionata ad equilibrio di bilancio) (art. 30 del ddl)
- Articolo 117 – Potestà legislativa (e regolamentare) di Stato e Regioni (art. 31 del ddl)
- Articolo 118 – Funzioni amministrative; coordinamento; sussidiarità orizzontale (art. 32 del ddl)
- Articolo 119 – Risorse degli enti territoriali (art. 33 del ddl)
- Articolo 120 – Potere sostitutivo del Governo (art. 34 e art. 38, comma 9 del ddl)
- Articolo 121 – Iniziativa legislativa regionale (art. 38, comma 10 del ddl)
- Articolo 122 – Limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali e rappresentanza di genere (art. 35 del ddl)
- Articolo 122 – Incompatibilità dei rappresentanti regionali (art. 38, comma 11 del ddl)
- Articolo 126 – Soppressione della previsione costituzionale di una Commissione parlamentare per le questioni regionali (art.36 del ddl)
- Articolo 132 – Distacco di Comuni da una Regione ad altra (art. 38, comma 12 del ddl)
- Articolo 133 – Circoscrizioni provinciali (art. 38, comma 13 del ddl)
- Articolo 134 – Giudizio di costituzionalità della legge elettorale (art. 13, comma 2 del ddl)Articolo 135 – Elezione dei giudici della Corte costituzionale (art. 37 del ddl)
Come cambierà il Senato (forse)
La riforma della Costituzione mira al superamento del bicameralismo perfetto, assegnando ad esempio la possibilità di accordare la fiducia al Governo alla sola Camera dei deputati e riducendo notevolmente le competenze del Senato della Repubblica.
Prima di tutto cambierà l’articolo 55: la Camera dei deputati diventa unica “titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo”. Al Senato va la “rappresentanza delle istituzioni territoriali”, con una funzione di raccordo fra Stato ed enti locali, nonché la possibilità di partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica ed al processo legislativo per quel che concerne le politiche della Ue; concorre poi alla “valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività della PA” e può esprimere “pareri” sulle nomine di competenza del Governo. Competenze residue, dunque, e peraltro fortemente ridotte dall'ultimo passaggio alla Camera.
Cambierà anche la composizione del Senato, che consterà di circa 100 membri: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci (uno per Regione + uno a testa per le Province autonome di Trento e Bolzano), 5 “personalità” nominate dal Presidente della Repubblica, che resteranno in carica per 7 anni, gli attuali senatori a vita e gli ex Presidenti della Repubblica. La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua in proporzione alla loro popolazione, fermo restando che nessuna Regione può avere meno di due rappresentanti; la durata del mandato dei senatori coincide con quella nei loro organi di provenienza; ad indicare i nomi dei senatori saranno i Consigli regionali, con un meccanismo di voto altrettanto contestato (sempre se la maggioranza non cederà alle pressioni della minoranza del PD che vuole cambiare “anche” questa norma).
Nessuno di loro sarà dunque eletto direttamente dai cittadini. Nessuno di loro percepirà alcun tipo di indennità. I risparmi complessivi, però, saranno minimi.
Come detto, i senatori parteciperanno all'elezione del Presidente della Repubblica, mentre scompariranno i delegati regionali. Per l'elezione del Capo dello Stato cambierà anche il quorum: per i primi quattro scrutini sarà necessario il quorum dei due terzi dei votanti, dal quinto all’ottavo scrutinio serviranno i tre quinti dei votanti, dal nono in poi basterà la maggioranza assoluta.
Come saranno eletti i senatori
Sull’elezione diretta dei senatori è in corso da tempo un vero e proprio braccio di ferro all’interno del PD. La minoranza rifiuta la formulazione dell'articolo 2 approvata alla Camera dei deputati e chiede che siano i cittadini a votare i senatori. E i dissidenti del PD si sono detti indisponibili anche ad una “ipotesi di compromesso”, ovvero la possibilità che “al momento del voto per la elezione dei consigli regionali l’elettore indichi sulla scheda il nome del candidato al consiglio regionale che, se eletto, dovrà essere anche candidato al Senato”. Una elezione “semi – diretta” che non convince, perché giudicata una “inutile scorciatoia”.
Sul punto la maggioranza tira dritto, anche in considerazione del fatto che, l’ulteriore riduzione delle funzioni del nuovo Senato sancita dal passaggio alla camera dei deputati, renderebbe difficile da giustificare un’elezione diretta dei senatori: per quale ragione, si chiedono, senatori e deputati, tutti eletti direttamente non dovrebbero essere titolari degli stessi poteri?
La battaglia in Aula: la maggioranza ha i numeri?
Inutile girarci intorno: lo scoglio da superare è l'articolo 2, sull'elettività dei senatori, sul quale si concentrerà la minoranza del PD. Qualche calcolo abbiamo provato a farlo:
Il Partito Democratico ha al momento 112 senatori (il Presidente Grasso non vota), Area Popolare ne ha 35, il gruppo PSI – Autonomie 19 (cui vanno aggiunti altri 6 senatori del Misto che hanno sempre appoggiato la maggioranza e altri 2 / 3 membri del Gal). Il totale è di 174 voti, cui vanno aggiunti i 10 senatori verdiniani, che hanno annunciato il loro voto favorevole. Dunque la maggioranza avrebbe 184 voti, con il quorum fermo a 161.
Il punto è che la minoranza del Partito Democratico sulla carta può contare su 28 voti, facendo scendere la dote renziana a quota 156. Dunque, sull’articolo 2 (e in generale sugli emendamenti presentati dalla minoranza dem), il Governo potrebbe andare sotto? La possibilità è più che concreta, considerando anche che la minoranza sembra compatta e determinata ad andare fino in fondo. Ma la partita è aperta e si gioca voto su voto (già in queste ore si parla di 25, non 28 senatori dissidenti), non solo in casa PD.