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Contratto di governo, il M5S ha dimenticato il Sud

Nella versione definitiva del contratto di governo tra Lega e M5S mancano politiche ad hoc per il Meridione. Dopo le polemiche dei giorni scorsi nel documento finale è stato un aggiunto un capitolo con il titolo “Sud”, in cui si legge: “Si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio “Mezzogiorno”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il M5S ha tradito il Sud?  Scorrendo tra i trenta punti, in ben 57 pagine, alla voce "Sud" si legge soltanto: "Con riferimento alle Regioni del Sud – si legge nella versione definitiva del contratto – si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio "Mezzogiorno", nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno al reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l'obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud". Nel documento definitivo del contratto pubblicato sul blog delle Stelle questa mattina, all'apertura delle votazioni online per il voto su Rousseau, è comparso un solo paragrafo, in cui si sancisce una linea di "discontinuità con il passato", come la Lega aveva chiesto, per evitare di fare facile propaganda.

L'Italia, si è detto il giorno dopo le elezioni del 4 marzo, è un Paese spaccato in due, e il Movimento proprio nel Meridione ha raccolto più consensi: in media oltre il 40% dei voti in tutto il Sud sono confluiti nel M5S, con punte anche del 48% in Campania e Sicilia. E si è detto anche che il motivo di questo trionfo è stata una campagna elettorale pensata per intercettare gli elettori del Sud, con l'introduzione del reddito di cittadinanza sbandierato come la panacea per tutti i mali. E dopo le promesse sembra che la via per le politiche ad hoc per il Mezzogiorno non sia nemmeno chiusa per lavori in corso: è stata semplicemente accantonata, con un capitoletto che pare aggiunto in extremis, per non farla troppo grossa. Ma i proclami dei giorni scorsi facevano immaginare qualche correzione della bozza a favore del Sud. Purtroppo nemmeno la tirata di orecchie di Mara Carfagna e Giorgia Meloni è servita: la leader di FdI lamentava proprio l'eccesso di assistenzialismo e la mancanza di risposte adeguate sul lavoro: "se i 17 miliardi di euro che si vogliono investire sul reddito di cittadinanza si investissero sulle imprese che assumono, probabilmente si darebbe ai cittadini un futuro di dignità che l'assistenza difficilmente genera". Critiche che sono servite appunto ad aggiungere con un tratto di penna giusto qualche riga riparatoria.

Le idee positive per il Mezzogiorno ci sono e sono state inserite, come il rafforzamento dei Centro per l'impiego, il cui potenziamento è direttamente collegato al reddito di cittadinanza. Secondo le stime 13 miliardi saranno destinati proprio alle famiglie povere del Meridione. Ma la misura rischia di rimanere appunto un mero sussidio senza un piano specifico di investimenti alle imprese. Le carenze strutturali che fanno del Sud Italia un macchina con dotazioni di partenza più deboli rispetto al Nord, necessita prima di tutto di infrastrutture. Nel contratto alla voce "Trasporti infrastrutture e telecomunicazioni" si legge genericamente: "I principali porti italiani debbono avere lo status di porti gateway (aree di sdoganamento merci) e non porti transhipment (di solo passaggio tra una nave e l’altra)", e poi ancora: "È necessario inoltre favorire lo switch intermodale da gomma a ferro nel trasporto merci investendo nel collegamento ferroviario dei porti italiani. Per ciò che concerne il trasporto ferroviario regionale, un primo importantissimo passo da compiere per rispondere ad una esigenza di mobilità veloce, sicura e a basso impatto ambientale è rappresentato dall’ammodernamento nonché potenziamento delle linee ferroviarie preesistenti". Ma appunto mancano riferimenti precisi alle aree su cui saranno concentrate le risorse.

Così pure per l'Università"È prioritario incrementare le risorse destinate all’Università e agli Enti di Ricerca e ridefinire i criteri di finanziamento delle stesse", si legge. Bene, ma quali? In che modo saranno ripartiti questi soldi? Il divario tra Nord e Sud sembra essere scomparso dall'agenda del futuro governo.

La questione della scuola non è da meno, con il proposito di introdurre "nuovi strumenti che tengano conto del legame dei docenti con il loro territorio, affrontando all’origine il problema dei trasferimenti (ormai a livelli record), che non consentono un'adeguata continuità didattica". Tradotto: la tendenza è quella di prediligere una maggiore regionalizzazione dei servizi pubblici.

E di regionalizzazione si parla anche al punto 20, a proposito di "Riforme istituzionali, autonomia e democrazia diretta". Recita il testo: "L'impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda di Governo l'attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte", sulla scia di quanto avvenuto in Veneto e Lombardia. Bisogna ricordare però che la richiesta avanzata dalle due Regioni nordiche riguarda il cosiddetto "residuo fiscale", che entrambe vorrebbero trattenere. Si tratta di un surplus di tasse pagate da lombardi e veneti, che finora è stato dirottato nel Mezzogiorno.

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