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Coming out nell’Nba, Jason Collins: “Sono gay”

Il giocatore ha scelto le pagine di Sports Illustrated per il coming out: quest’anno ha giocato 38 partite con Boston e Washington. “Essere gay non è una scelta”. La reazione di Kobe Bryant: “Orgoglioso di Jason”
A cura di Vincenzo Di Guida
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Cade il tabù dell’omosessualità nello sport professionistico americano. Succede nell’Nba, e il protagonista si chiama Jason Collins: 34 anni, centro, veterano di diverse squadre Nba, tra le quali Boston Celtics e i Washington Wizards. “Sono un centro Nba di 34 anni: sono nero. E sono gay”. Poche parole che passeranno alla storia. Nella lunga intervista rilasciata alla rivista Sport Illustrated, Collins spiega le sue motivazioni, il cammino che ha dovuto compiere per avere una piena consapevolezza del suo ruolo di giocatore professionista, e uomo nero omosessuale. Un percorso per nulla semplice in un’ambiente come quello Nba, che in particolare per ciò che concerne i giocatori afroamericani è caratterizzato da uno spiccato machismo.

L’intervista – "Non ho scelto io di essere il primo atleta apertamente gay a giocare in uno degli sport più importanti d'America. Non vorrei essere quello che alza la mano e dice di essere diverso. Ma visto che nessuno l'ha fatto tocca a me. Ho giocato per 6 squadre diverse e in 2 Finali Nba. Ora sono un free agent, sia in senso letterale che figurato. Ho raggiunto quell'invidiabile stato della vita in cui posso fare quello che voglio. E quello che voglio è continuare a giocare a basket. Amo ancora questo sport, e ho ancora qualcosa da offrire. I miei allenatori e i miei compagni lo sanno. Ma allo stesso tempo voglio essere genuino, autentico e sincero. Perché mi sto dichiarando proprio adesso? Era l’occasione per far sentire la mia voce, ma non potevo dire nulla perché temevo che il mio mondo sarebbe crollato se qualcuno avesse saputo”. Ora è pronto a combattere il pregiudizio: “Il mio coming out non basterà a cancellarlo del tutto, ma parlerò personalmente con qualsiasi giocatore avrà problemi con la mia confessione. Essere gay non è una scelta. La preoccupazione maggiore sembra essere il comportamento di un giocatore omosessuale in spogliatoio: nei miei 12 anni di carriera ho fatto tantissime docce e mi sono sempre comportato in modo professionale. Tutto questo non cambierà”.

Chi è Jason Collins – Jason Collins ha giocato con Nets, Memphis, Minnesota, Atlanta, Boston e Washington, arrivando alle Finals con New Jersey nel 2002 e nel 2003. In 12 anni tra i professionisti viaggia a 3,6 punti e 3,8 rimbalzi a partita in 20,3 minuti. Negli Usa è quello che definirebbero un “role player”, un giocatore di ruolo (traduzione letterale), o meglio ancora uno specialista difensivo. Uno che ha sempre giocato duro, con una grande etica del lavoro, pronto a sacrificarsi per la squadra. Al College ha giocato a Stanford, insieme al fratello gemello Jaron, (anch’egli professionista nella Nba), ed è stato compagno di classe di Chelsea Clinton, figlia dell’ex Presidente Bill.

La reazione dell’Nba – Il primo a manifestare supporto al coming out di Jason Collins è stato proprio il fratello Jaron, che si Twitter ha scritto: “Non sono mai stato così orgoglioso di lui”. Il gemello ha poi detto di non aver mai pensato che suo fratello fosse gay, a differenza della zia Teri (giudice della corta superiore a San Francisco), che lo ha aiutato in questo percorso di “liberazione”. Belle parole anche da parte di Kobe Bryant“Sono orgoglioso di lui – ha scritto la stella dei Lakers su Twitter -. Non nascondete chi siete per colpa dell’ignoranza degli altri”.

Il precedente – Il primo fu John Amaechi nel 2007, centro ex Orlando Magic, visto anche in Italia con la maglia della Virtus Bologna. Il suo coming out avvenne però quando la sua carriera da giocatore era già finita. Un caso diverso rispetto a quello di Collins, che è ancora pienamente in attività. Da giugno si aprirà un nuovo capitolo della sua vita: continuerà a fare quello che ha sempre amato, giocare a basket, ma non dovrà più nascondersi. Che stia finalmente iniziando a crollare il muro di omertà che circonda lo sport in materia di omosessualità? Solo il tempo potrà dircelo.

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