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Come funzionerà la riforma della Scuola del Governo Renzi

Terminata la fase di ascolto, il Governo pronto a presentare la sua proposta di riforma della scuola. Ma cosa c’è dietro lo slogan “La Buona Scuola?”
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Con un po’ di ritardo (il Presidente del Consiglio aveva promesso per “gennaio i provvedimenti normativi, perché il 2015 sia l’anno in cui si inizia a fare sul serio”), il Governo si appresta a presentare il suo progetto definitivo di riforma della scuola (martedì, con ogni probabilità). Si tratta appunto de “La Buona Scuola”, il complesso delle misure in materia di istruzione scolastica anticipato qualche mese fa e sottoposto agli addetti ai lavori nella “campagna d’ascolto” conclusasi nel novembre dello scorso anno. Nelle intenzioni del Governo non si tratta “né di una riforma, né di un adempimento burocratico, né di un libro dei sogni”, ma di un “patto”, preparato con la legge di stabilità, grazie alla quale sono state trovate le risorse necessarie per i punti cardine del progetto.

Il primo punto del progetto riguarda il personale docente, con l’assunzione di 150mila precari, la chiusura per esaurimento delle graduatorie, lo stop alle supplenze, un nuovo meccanismo per le promozioni e la valorizzazione dei docenti meritevoli, nuove modalità per l’aggiornamento professionale.

La questione “assunzioni” si preannuncia piuttosto complessa. Come abbiamo provato a spiegarvi nel dettaglio, infatti, per fronteggiare l’emergenza il Governo dovrebbe innanzitutto stabilizzare “l’organico di fatto” (circa 26mila posti ad orario pieno, in gran parte supplenti che “coprono” i buchi creati dal disallineamento tra “tra il fabbisogno previsto da ciascuna scuola per l’anno scolastico successivo e quello effettivamente necessario a settembre, all’inizio dell’anno”), poi “affrontare in maniera definitiva l’eredità di migliaia di persone che lo Stato tiene in sospeso" (il riferimento è ai precari iscritti in graduatorie che, senza cambiare passo, si esauriranno "in non meno di altri 15 o 20 anni”)”. Stando a quanto anticipato, il Governo dovrebbe dunque varare un piano di assunzioni straordinarie per 150mila docenti (precari storici e vincitori / idonei dell'ultimo concorso) con un intervento legislativo che cambi (in via del tutto eccezionale) “principio generale per cui le assunzioni nel pubblico impiego possono avvenire solo per concorso”.

Come già detto, dunque, da una parte si metterà fine al sistema delle graduatorie (che, lo ripetiamo, saranno svuotate ma con l'eccezione di quei professori che "non insegnano da anni") tramite una sorta di deroga ad un concetto cardine (le assunzioni per concorso), dall'altra si prenderà l'impegno a rivalutare appunto tale concetto per il futuro, cambiando anche il meccanismo dell'abilitazione (i concorsi futuri saranno riservati ai soli abilitati, mentre non è chiaro che fine farà il nuovo concorso per 40mila posti). Per il piano nel suo complesso serviranno 3 miliardi di euro: uno (quello necessario per il 2015) è già stato stanziato nella legge di stabilità.

Cambierà anche il meccanismo di formazione degli insegnanti, con un sistema di crediti formativi cui verranno legate anche le promozioni e gli avanzamenti, che non saranno più legati esclusivamente all’anzianità di servizio. Si immagina infatti un “doppio meccanismo di integrazione previsto per gli stipendi dei docenti: scatti di retribuzione periodici (ogni 3 anni) – chiamati ‘scatti di competenza’ – legati all’impegno e alla qualità del proprio lavoro; una retribuzione (ogni anno) per lo svolgimento di ore e attività aggiuntive, ovvero progetti legati alle funzioni obiettivo o per competenze specifiche”. Per i ragionamenti sul “merito” si pensa ad un ricorso a delle griglie di valutazione, calibrate probabilmente sul “quadro italiano di competenze dei docenti nei diversi stadi della loro carriera”, con una prima fase di autovalutazione, affidata a docenti, famiglie e alla supervisione del dirigente scolastico. In tal senso va registrato un "passo indietro" rispetto alla prima impostazione, come ha spiegato il ministro Giannini a Radio Anch'io: "Siamo partiti con un'ipotesi molto forte: via l'anzianità e tutto merito. La consultazione ha portato molto saggiamente a un'ipotesi di equilibrio. Le percentuali vanno viste nel dettaglio, ma grossomodo l'anzianità varrà per il 30%, il merito per il restante. Ma non è un modo per diminuire lo stipendio, ma per aumentarlo".

La riorganizzazione proposta dal Governo coinvolge direttamente gli istituti, che saranno inseriti in un sistema di valutazione su base nazionale, esteso anche alle scuole paritarie e determinante anche per l’assegnazione dei fondi. Nelle intenzioni originarie si immaginava infatti di legare al “punteggio” dei singoli istituti non solo l’assegnazione dei fondi, ma anche la retribuzione dei dirigenti scolastici: a quanto pare, però, non ci sarebbero le condizioni per classifiche o “competizioni” e dalla consultazione sarebbe emerso grande scetticismo degli addetti ai lavori sulle griglie di valutazione proposte.

Sul punto staremo a vedere, mentre è certo il cambiamento della modalità di reclutamento dei presidi, che “saranno selezionati in base ad un corso – concorso della Scuola Nazionale dell'Amministrazione (non più su livello regionale)” ed ai quali saranno assegnati sempre maggiori poteri in ambito gestionale. Tutta la documentazione su autovalutazione, bilanci, finanziamenti e movimenti di personale / studenti sarà reso pubblico online (open data, a quanto pare), come primo passo verso la digitalizzazione di tutti i servizi amministrativi.

Più complesso il ragionamento sulla revisione e sull’aggiornamento dei programmi: dovrebbero essere confermati gli aumenti di ore per l’insegnamento delle lingue straniere e la reintroduzione dell’insegnamento pratico della musica nelle scuole primarie (due ore a settimana) e della storia dell’arte nei bienni dei licei. Sul completamento di tale percorso pende l’incognita delle risorse e della “preparazione” dei docenti (è ipotizzabile che la questione sia rimandato al “prossimo concorso”, a quanto risulta a Fanpage.it).

Il nodo delle risorse resta centrale, pure, anzi soprattutto, nel quadro della ristrutturazione delle modalità di finanziamento scolastico (con la sacrosanta necessità di razionalizzare i meccanismi del Mof e del gruppo Pon / Por). Ricapitolando:

Servirà un miliardo di euro subito (inserito nella legge di stabilità) e 3 in 3 anni per il piano di assunzioni, circa 500 milioni di euro (secondo una stima grossolana) per le "innovazioni della didattica", che dovrebbero arrivare dall'efficientamento delle spese della pubblica amministrazione, cui va aggiunto un miliardo di euro per l'edilizia scolastica (il piano procede bene secondo il Governo, meno secondo altre ricostruzioni), altre "imprecisate" risorse per il miglioramento dell'offerta formativa e per la connessione col mondo del lavoro

La "soluzione" è nell'intervento di capitali privati? Più o meno, a quanto pare. Per attrarre capitali privati, infatti, servirebbe prima un passaggio “burocratico” ed è per questo che gli istituti potrebbero costituirsi in “Fondazioni o enti con autonomia patrimoniale”, poi un programma di sgravi fiscali per i privati che investono nelle scuole (il modello sarà l’Art Bonus) e poi un meccanismo di collegamento con il mercato del lavoro (l’idea sarebbe quella della School Guarantee nel caso in cui l'investimento sia mirato alla creazione di occupazione giovanile)

Gli istituti potrebbero poi ricorrere sia al crowdfunding, sia alla “finanza buona”, con la possibilità di utilizzare le obbligazioni ad impatto sociale (i social impact bonds) per finanziare, ad esempio, la ricerca di soluzioni per la piaga della dispersione scolastica o schemi di formazione innovativa nei contesti ad alto rischio).

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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