La sequenza sismica del 18 gennaio ha messo in ginocchio le zone del Centro Italia già duramente provate dalle abbondanti precipitazioni nevose dei giorni precedenti. Le scosse hanno colpito le zone già interessate da fenomeni sismici di grande rilevanza ad agosto e ottobre, provocando nuovi crolli e aggravando le condizioni di vita delle persone che ancora risiedevano nella zona. Come noto, infatti, una parte consistente della popolazione delle aree interessate dai grossi eventi sismici dei mesi precedenti aveva "rifiutato" il trasferimento negli alberghi della costa o delle aree limitrofe ed era ancora in attesa delle prime assegnazioni dei “container collettivi” che avrebbero dovuto essere utilizzati in attesa delle casette prefabbricate. La questione è complessa, tanto che le valutazioni sull’operato della Protezione Civile, del Commissario straordinario Errani e degli enti locali divergono in maniera sensibile.
Nel mirino delle critiche sono finite praticamente tutte le scelte gestionali e operative, in particolare relativamente alla tempistica della consegna dei “container collettivi”, agli interventi urgenti su viabilità e strutture di primo soccorso, alla disponibilità dei fondi stanziati e al supporto dato alla popolazione locale che non aveva voluto abbandonare la propria zona di residenza (in particolare ad allevatori e piccoli imprenditori). Peraltro, vale la pena di ricordare le forti polemiche tra parte della popolazione e coloro i quali (Governo, alcuni Sindaci e presidenti di Regione) avevano caldeggiato la soluzione "alberghi" con maggiore decisione.
Cosa ha fatto il Governo per i terremotati
La summa degli interventi del Governo è contenuta nel decreto legge del 17 ottobre 2016, convertito con modifiche il 15 dicembre, denominato “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016”. È un intervento organico, che individua competenze e responsabilità, ma che soprattutto si occupa dei due aspetti cruciali, la ricostruzione delle aree terremotate e le strutture provvisorie di prima emergenza.
Con il dl si istituisce il fondo per la ricostruzione delle aree colpite dagli eventi sismici, con una dotazione iniziale di 200 milioni di euro per gli interventi di prima e immediata necessità. Per “il finanziamento degli interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di opere pubbliche e beni culturali, realizzazione di strutture temporanee nonché alle spese di funzionamento e alle spese per l'assistenza alla popolazione” il referente è il commissario straordinario, che può delegare ai presidenti di Regione, in qualità di vice commissari, alcuni interventi e le relative risorse. Tradotto: la gestione è affidata a Vasco Errani in prima battuta, o, su esplicita delega, ai presidenti di Regione delle aree coinvolte.
Il totale dei fondi già stanziati dal Governo in legge di bilancio supera il miliardo di euro (200 milioni di euro per l'anno 2017, 300 milioni di euro per l'anno 2018, 350 milioni di euro per l'anno 2019 e 150 milioni di euro per l'anno 2020, per "la concessione dei contributi per la ricostruzione pubblica"). A questa somma bisogna aggiungere quella per il credito d'imposta relativamente ai finanziamenti agevolati, un piano venticinquennale che dovrebbe valere oltre 6 miliardi di euro (100 milioni di euro per l'anno 2017 e 200 milioni di euro annui dall'anno 2018 all'anno 2047).
Poi ci sono i soldi per gli interventi emergenziali, stanziati in seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza:
- 50 milioni di euro per gli interventi di immediata necessità, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali per i territori colpiti dal sisma del 24 agosto;
- 40 milioni di euro per le Regioni Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo colpite dal sisma del 26 ottobre;
- 40 milioni di euro in seguito ai nuovi eventi sismici del 30 ottobre.
Questi stanziamenti sono serviti a "consentire al Capo del Dipartimento della Protezione civile di assicurare con la massima tempestività ed efficienza gli interventi necessari all'assistenza alle popolazioni colpite".
Nella giornata di oggi, infine, il Consiglio dei ministri ha stanziato ulteriori 30 milioni di euro ed esteso lo stato di emergenza:
La gestione vera e propria dell'emergenza
Distinguere gli interventi di natura emergenziale da quelli per la ricostruzione se non è sempre facilissimo dal punto di vista "pratico", è invece utile sul piano dell'analisi e dell'individuazione delle responsabilità. La macchina burocratica si è infatti mossa con celerità appoggiandosi a una serie di ordinanze emanate dal Dipartimento della Protezione Civile, che fa direttamente riferimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
La prima è del 26 agosto, con l’istituzione della Dicomac, la direzione di comando e controllo della Protezione Civile, con il compito di coordinare gli interventi, e con l’apertura delle cosiddette “contabilità speciali”, che servivano a rendere immediatamente disponibili i fondi necessari per le Regioni interessate. La Dicomac si è occupata essenzialmente di:
- interventi necessari nella fase di prima emergenza volti a rimuovere le situazioni di rischio, ad assicurare l'indispensabile attività di soccorso, assistenza e ricovero delle popolazioni colpite dai predetti eventi calamitosi;
- attività da porre in essere, anche in termini di somma urgenza, inerenti alla messa in sicurezza delle aree interessate dagli eventi calamitosi;
- interventi urgenti volti ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose.
In tali definizioni rientrano anche le spese per il trattamento economico del personale impiegato, la rimozione delle macerie, la manutenzione dei mezzi e delle attrezzature impiegate, i rilievi di agibilità, le verifiche tecniche e, ovviamente, tutte per tutte le spese relative alla sistemazione e all'assistenza degli sfollati.
La Protezione Civile ha riassunto i numeri relativamente all'accoglienza dei terremotati:
Sono 11.286 le persone assistite dal Servizio Nazionale della Protezione Civile in seguito alle forti scosse di terremoto che hanno colpito il territorio dell’Italia centrale il 24 agosto, il 26 e il 30 ottobre.
In particolare, sono oltre 9.026 le persone ospitate in alberghi e strutture ricettive, di cui 3.272 sul proprio territorio e 5.754 lungo la costa adriatica e sul lago Trasimeno. Sono 950 gli alloggiati nei moduli e negli appartamenti realizzati in occasione di terremoti del passato, in Umbria, nelle Marche e in Abruzzo, mentre sono quasi 300 coloro che trovano accoglienza nel proprio comune in container, moduli abitativi prefabbricati rurali emergenziali e camper allestiti in questi mesi dalla Protezione Civile. Sono, infine, poco più 1.000 gli assistiti in palazzetti, centri polivalenti e strutture allestite ad hoc nel proprio comune, un dato in progressiva diminuzione mano a mano che vengono consegnati i container in corso di installazione in una decina di comuni umbri e marchigiani.Nella Regione Marche sono 7.282 gli assistiti, di cui quasi 2.000 in strutture ricettive sul territorio e circa 4.400 negli alberghi della costa adriatica.
In Umbria gli assistiti sono 2.413: di questi, 562 in strutture ricettive sul territorio, oltre mille negli alberghi individuati in altre aree nella stessa Regione e sul lago Trasimeno.
Per quanto riguarda invece i cittadini del Lazio, gli assistiti sono 585: circa 350 hanno trovato alloggio negli alberghi della costa adriatica e oltre 200 presso gli alloggi del piano CASE e MAP messi a disposizione in Abruzzo.
Infine, nella Regione Abruzzo gli assistiti sono 1.006: oltre 200 presso gli alloggi del piano CASE e MAP e quasi 800 in strutture ricettive distribuite sul territorio.
Accanto a interventi di questo tipo, il Governo ha sospeso la raccolta delle imposte nei territori interessati e ha predisposto il meccanismo per “i contributi per l’autonoma sistemazione”, che sarebbero dovuti essere assegnati dai comuni “alle famiglie colpite dal sisma, la cui abitazione principale, abituale e continuativa sia stata distrutta in tutto o in parte”. Si tratta di una somma fino a 900 euro (400 euro al massimo per ogni componente del nucleo familiare) la cui gestione ha generato non poche polemiche.
L'emergenza neve
Le immagini degli ultimi giorni restituiscono il quadro della enorme difficoltà in cui si sono trovate le persone residenti nella zona colpita dal terremoto. Strade sepolte dalla neve, intere aree senza elettricità e acqua corrente, mezzi di soccorso impossibilitati a operare, collegamenti telefonici e telematici precari: sono tutti fattori che hanno influito nelle operazioni di salvataggio. L’isolamento di intere frazioni montane ha impedito anche una valutazione precisa sul numero dei “dispersi” e dunque ha condizionato anche le attività di primo intervento. Decine e decine di segnalazioni sono giunte al 113, al 118, alla Protezione Civile stessa, ma gli interventi sono stati condizionati da una iniziale carenza di mezzi spalaneve e dalle cattive condizioni meteorologiche che hanno impedito a lungo agli elicotteri di sorvolare la zona.
Molte sono state le segnalazioni di problemi e ritardi, che si inseriscono nella endemica carenza di mezzi denunciata dai Comuni (e dalle province) delle aree interne soggette ad abbondanti precipitazioni nevose. L'eccezionalità delle nevicate, peraltro, ha reso quasi inutile il lavoro dei "normali" spazzaneve e ha richiesto l'intervento di mezzi più potenti e performanti (turbine, cingolati eccetera). Il lavoro dei soccorritori, tra cui soccorso alpino è vigili del fuoco, è stato intenso e prolungato, anche considerando il fatto che spesso si è trattato di luoghi raggiungibili solo con gli sci.
Dopo il sisma e le slavine, gli ostacoli per i soccorritori sono diventati enormi, come testimoniano le immagini:
Sul posto, a integrazione e sostegno degli interventi della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco, anche i mezzi di Finanza, Carabinieri ed Esercito. Molti Sindaci hanno lamentato carenze e interventi parziali, tanti cittadini hanno protestato contro la lentezza dei soccorsi e la scarsità di mezzi messi a disposizione per sgomberare le strade.
Nel caso dell'hotel Rigopiano, la situazione presenta caratteri di elevatissima complessità, che rendono complicatissimi i soccorsi:
L'accusa principale mossa alla Protezione Civile e in particolare a Curcio è quella di non aver tenuto in debita considerazione la precipitazione nevosa prevista in zona. Salvini, per esempio, attacca: "Evidentemente qualcuno ha sbagliato. Qualcosa non ha funzionato, perché che nevicasse lo sapevano tutti. Se i mezzi fossero stati mandati sul posto prima probabilmente si sarebbe risparmiato qualche morto”. Brunetta chiede un confronto in Parlamento e punta l'indice sulla "doppia catena di comando, politica e istituzionale", costituita dal commissario Errani e dal capo della Protezione Civile Curcio.
Sulle polemiche Curcio ha replicato a muso duro, ricordando il lavoro fatto in questi mesi: "Chi vuole sollevare polemiche su ipotetici ritardi lanciando accuse vuol dire che non ha capito come funziona il Sistema nazionale di protezione civile. Chi avanza inutili critiche non ha forse capito che sta attaccando il Sistema Paese. Ci sono migliaia di operatori che stanno intervenendo in condizioni proibitive, mettendo a rischio la loro stessa vita per cercare di portare soccorso e assistenza ai cittadini".
Che fine hanno fatto i soldi degli sms solidali
Nella sostanza, come confermato anche dagli esponenti dell’esecutivo, i circa 28 milioni di euro provenienti dalle donazioni private effettuate dai cittadini mediante sms solidale al numero 45500 attivato dal dipartimento della Protezione Civile sono ancora bloccati e non disponibili per interventi immediati. Ve ne abbiamo parlato qui, con una intervista all’ex capogruppo del M5s Castelli, in cui si evidenziavano le storture del processo:
Una volta chiusa la raccolta, si deve costituire un comitato di garanzia formato, si legge nel comunicato, da persone "onorabili" e di "indubbia moralità" – ma ancora non si sa chi entrerà a far parte di questo comitato – che dovranno poi scegliere quali progetti finanziare con quelle somme attraverso le Regioni. Ora, questi 28 milioni di euro raccolti sono per protocollo bloccati fino almeno al 29 gennaio, salvo proroghe, ovvero quando si chiuderà la raccolta. Da quel momento, però, dovrà essere costituito il comitato e andranno vagliati i vari progetti, quindi chissà quando davvero questi fondi verranno sbloccati.
Per ora, insomma, non è stato possibile spendere nemmeno un euro delle donazioni dei cittadini. Come ha sostanzialmente confermato la Protezione Civile, con un comunicato che avrebbe dovuto "smentire" la ricostruzione del M5s e di alcuni media:
In riferimento alle nuove errate informazioni che circolano soprattutto sui social in merito all’utilizzo delle donazioni raccolte attraverso il numero 45500, si precisa che, come indicato anche nel Protocollo che ne disciplina il funzionamento, queste serviranno per supportare la ricostruzione dei territori colpiti. Per la fase di gestione dell’emergenza, infatti, sono destinate tutte le necessarie risorse attraverso i fondi pubblici.
In particolare, in questa emergenza, come disposto dal decreto legge 189 convertito, le donazioni confluiranno nella contabilità speciale del Commissario straordinario alla ricostruzione e saranno gestite passando dal controllo di un Comitato dei Garanti, come prevede proprio il Protocollo.
Saranno i territori a valutare, in raccordo con Regioni e Commissario e sulla base delle esigenze valutate nell’ambito del più complessivo piano della ricostruzione, a indicare su quali progetti destinarli.
Lo stesso vale per le somme raccolte attraverso il conto corrente aperto dal Dipartimento