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Comandante Guardia Costiera: “ONG aiutano. È tragedia immane, non possiamo respingere i migranti”

“Di fronte a una situazione di pericolo, le navi, siano mercantili oppure delle ONG, sono tenute a intervenire subito, immediatamente. Non decide la politica, lo dicono le Convenzioni, che tutti noi siamo tenuti a rispettare. Non chiedeteci di guardare dall’altra parte, non possiamo farlo e non lo faremo. Noi salviamo vite”.
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Come vi stiamo raccontando, dopo le polemiche delle ultime settimane, il Parlamento ha avviato una indagine conoscitiva “sul contributo dei militari italiani al controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo e sull'impatto della attività delle organizzazioni non governative”. La Commissione Difesa del Senato sta completando le audizioni delle organizzazioni, dei magistrati e dei corpi militari impegnati nella zona, per avere a disposizione un quadro esaustivo dell’intera vicenda. Oggi era il turno del comandante delle Capitanerie di porto, l’Ammiraglio Vincenzo Melone, che ha fornito ulteriori elementi per delineare ciò che sta avvenendo nel Mediterraneo in questi mesi, ma soprattutto ha restituito con precisione la situazione in cui opera la nostra Guardia Costiera e il valore della collaborazione con le navi delle ONG.

L’Ammiraglio parla subito del ruolo della Guardia Costiera, rispondendo alle richieste dei membri della Commissione: “Noi rispondiamo alle Convenzioni, quindi operiamo a prescindere dalle indicazioni della politica o del Governo. Non possiamo salvare o non salvare a seconda dei casi…”

Poi passa alla questione dei transponder, uno dei punti sollevati dal procuratore Zuccaro come "problema su cui intervenire con urgenza" (addirittura ipotizzando che siano impegnati aerei militari in grado di seguire le navi che dovessero spegnerli…): "Sui transponder bisogna fare chiarezza. È uno strumento che funziona in VHF, una propagazione su linea retta che non segue la curvatura terrestre e ha portata limitata. Dunque se non c’è unità in zona, noi comunque non possiamo vedere navi a una certa distanza. A noi sinceramente non risulta che ONG spengano transponder”.

Sui salvataggi “non autorizzati” da parte delle ONG è ancora più netto: “Una nave mercantile o delle ONG, di fronte a una situazione di pericolo, per convenzione, è tenuta a intervenire subito, immediatamente, a prescindere dall’ordine di un MRCC che coordina. Quando stiamo parlando delle ricerche in area SAR di un altro Paese, invece, perché possa intervenire il nostro MRCC c’è la necessità del via libera dello Stato che ha la sovranità in quello zona”.

Sul porto di sbarco, Melone smentisce un altro perno della vulgata che sta circolando in queste settimane, secondo cui le ONG decidono in modo autonomo di portare sempre e comunque in Italia i migranti salvati: “La scelta del porto di sbarco compete al MRCC, ma è fatta d’intesa col ministero dell’Interno, anche in relazione alle necessità del luogo e delle forze di polizia, della magistratura eccetera […] Se coordiniamo noi le operazioni in mare, l'MRCC stabilisce il punto di sbarco nel nostro Paese. Se invece è una ONG a prestare soccorso, decide il comandante dell'unità, che risponde però del proprio Stato di bandiera o all'MRCC da cui è coordinato […] Nei confronti della Libia vige il principio del non respingimento (no refoulement), perché la Libia non è posto sicuro e non ha recepito la Convenzione di Ginevra, dunque non si possono riportare le persone soccorse in Libia”.

Sulla proposta di avere ufficiali di PG in mare, rilanciata anche dal MoVimento 5 Stelle, chiarisce: “Il nostro personale è già polizia giudiziaria, quindi noi siamo titolati a fare tutto quello che occorre; la Guardia Costiera concorre già al contrasto dell’immigrazione clandestina. Lo facciamo sempre, non appena un nostro pattugliatore si reca sul posto per un soccorso, con riprese, fotografie segnaletiche, riscontri e controlli sulle persone che vengono portate a bordo. Il ciclo sull'unità della Guardia Costiera è completo a 360 gradi”.

Di fronte all’accusa di Paolo Romani, che sosteneva che la Guardia Costiera non solo deve salvare vite umane, ma “impedire l’invasione del nostro Paese”, l’ammiraglio Melone è netto: “Noi interveniamo in un momento epocale, cercando di curare un sintomo, salvare vite umane, perché è quello che ci compete. Ma la malattia si cura a terra, io non mi posso sostituire alla politica, il mio compito è salvare chi è in pericolo in mare. Certo, sarebbe l’ideale che si faccia a terra un corridoio umanitario, con la risoluzione delle Nazioni Unite. Questo è un problema di dimensioni enormi, non possiamo stare a discutere se imbarcazione abbia spento o meno transponder, se sia entrata o non entrata… È un problema minimale rispetto a quella che è una tragedia umana di dimensioni indescrivibili. Non si chieda alla Guardia Costiera di non guardare, perché non lo può fare”.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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