Colpo di scena nel caso Pistorius: cade l’accusa, fu davvero un incidente?
L'affaire Pistorius si fa sempre più intricato. La seconda giornata di udienze per la concessione della libertà condizionale all'atleta sudafricano ha visto indebolirsi significativamente l'impianto accusatorio. Oltre all'errore sulle fiale di testosterone, che inizialmente la polizia aveva detto di aver trovato in casa di Pistorius (la Procura ha ammesso che "la natura delle sostanze ritrovate non è ancora certa"), è "crollata" anche la testimonianza dei vicini di casa che avevano riferito di aver udito nella notte tra il 13 e il 14 febbraio "urla di donna". Più precisamente, il legale di del runner paraolimpico, Barry Roux, ha fatto riconoscere a Hilton Botha, il detective che per primo entrò nella villa di Pretoria teatro dell'omicidio di Reeva Steenkamp, che i testimoni non hanno potuto identificare le voci come appartenenti a Pistorius e alla fidanzata, dal momento che erano a 600 metri di distanza dall'abitazione. Roux ha messo alle strette il detective, tanto da fargli arrivare ad ammettere che i suoi uomini potrebbero aver contaminato la scena del crimine dopo "aver camminato per tutta la casa senza protezioni alle scarpe", come prevedono le regole.
Prenderebbe così incredibilmente consistenza la versione dei fatti che l'atleta ha fornito sin dal primo minuto, senza mai contraddirsi, ovvero quella che racconta di un fatale incidente dovuto ad un crudele scherzo del destino (un intruso si sarebbe introdotto in casa Pistorius e quest'ultimo gli avrebbe sparato, versione mai presa in considerazione dalla polizia). Ma i colpi di scena non finiscono qui. E' la posizione dello stesso Botha a complicarsi. Come racconta la Cbs, si è scoperto infatti che è lui stesso accusato di sette incriminazioni per tentato omicidio, per aver sparato su un taxi nel tentativo di fermarlo nel 2009. A questo punto non è chiaro se continuerà a occuparsi delle indagini. Peraltro nelle ultime ore si è sparsa la voce che nella cella in cui è detenuto Pistorius, presso la stazione di polizia di Brooklyn, nella capitale del Sudafrica, non ci sono letti e quindi l'atleta è costretto a dormire sul pavimento. Lo rivela il quotidiano sudafricano Beeld citando il comandante della stazione di polizia, Andre Wiese.