Claudio Santamaria: “I produttori fanno soldi con le commedie, ma non reinvestono”
È venuto a trovarci nella redazione di Fanpage.it l’attore romano Claudio Santamaria che nei giorni scorsi è venuto a Napoli, al Teatro Bellini, per presentare insieme con il regista Giorgio Barberio Corsetti e l’autore Philip Lölhe lo spettacolo “Gospodin” con cui è in tournée italiana da oltre due anni. Inoltre Santamaria è reduce dal grande successo della fiction di Rai 1 "È arrivata la felicità" e tra poco, il prossimo 25 febbraio, uscirà anche un nuovo film che lo vede nei panni di un super eroe dal titolo "Lo chiamavano Jeeg Robot".
Il nuovo film in uscita “Lo chiamavano Jeeg Robot”
Tra poco meno di un mese, il 25 di febbraio, uscirà in tutte le sale il nuovo film con Claudio Santamaria già presentato con grande successo all’ultimo festival del cinema di Roma: “Lo chiamavano Jeeg Robot” con la regia di Gabriele Mainetti, scritto da Nicola Guaglianone e Menotti. Il film è una grande scommessa poiché è piuttosto unico nel suo genere, almeno nel panorama del cinema italiano, e racconta la storia di Enzo Ceccotti, un ladruncolo di periferia che non è mai riuscito a fare il salto di qualità nel mondo criminale. Un giorno però entra in contatto con una sostanza radioattiva e a causa di un incidente scopre in modo fortuito di avere una forza straordinaria e di essere invulnerabile al dolore: “Vi racconto questa perché è una chicca – ci svela Santamaria durante l’intervista – lui appena scopre di avere questa forza incredibile prende a cazzotti un bancomat, lo sradica e se lo porta a casa!”. In altre parole Enzo accoglie questi suoi super poteri come una benedizione per la sua carriera criminale fino a che non incontra Alessia, interpretata da Ilenia Pastorelli, che è convinta che lui sia il super eroe del famoso cartone animato giapponese Jeeg Robot d’acciaio: “Per questo film – prosegue Santamaria – sono dovuto ingrassare venti chili, tra muscoli e ciccia. Mangiavo praticamente tutto quello che non si muove. A causa di questo aumento di peso mi sono anche infortunato, ma non facendo scene di combattimento e stunt, semplicemente correndo mi sono strappato dietro la coscia… sono dovuto andare dal medico, interrompendo le riprese… è stata la giornata di set più costosa dell’intero film”.
La stato del cinema italiano e il successo delle commedie
Abbiamo chiesto a Santamaria cosa ne pensa, dati alla mano, del grande successo al botteghino di commedie come “Si accettano miracoli” di Alessandro Siani, record d’incassi del 2015 e “Quo vado” di Checco Zalone che, nonostante un intero anno ancora davanti, ha già stabilito dei record imbattibili: “Io penso che le commedie – ci ha risposto Santamaria – da sempre siano i film più visti in assoluto, anche negli anni ’60 quando il nostro cinema era al top. Il problema non è certo delle commedie che si fanno, quanto piuttosto dei produttori. Un tempo con un grande successo al botteghino un produttore poi ci faceva un film di Pasolini o di altri autori. C’era una sorta di compensazione. Oggi no, i produttori fanno i soldi con le commedie e poi se li tengono. Molti parlano di Checco Zalone e dei suoi record come una cosa negativa, devo dire che a me lui diverte molto e trovo giusto che faccia i suoi film. Dopodiché trovo giusto e virtuoso che con una parte dei grandi incassi del suo film precedente ("Sole a catinelle") abbiano prodotto l’esordio al cinema dei ‘The Pills’. Penso che Zalone dovrebbe essere prodotto a turno da tutti i produttori italiani in modo da risollevare un po’ il nostro cinema”.
La tournée teatrale con “Gospodin”
Santamaria è inoltre in tournée italiana, da oltre due anni, con lo spettacolo “Gospodin”, scritto dal giovane e pluripremiato drammaturgo tedesco Philipp Löhle e diretto da Giorgio Barberio Corsetti. Tutti e tre si sono ritrovati a Napoli, al Teatro Bellini, il 20 gennaio per un incontro dibattito sullo spettacoo. Gospodin è un antieroe testardo e un tantino nevrotico che cerca disperatamente di vivere rifiutando il concetto di denaro. In realtà “Gospodin” è una metafora per condurre un’indagine sul concetto di libertà che approda, nel finale, a un ossimoro: l’unico luogo in qui riesce a sentirsi davvero libero è il carcere. Dopo essersi privato di tutto, aver rifiutato il lavoro e qualsiasi comodità, riuscendo a vivere di baratto alla fine il protagonista capisce che un libero pensatore è tale solo in galera. Il suo pensiero si riassume in quattro principi che egli stesso scrive a caratteri cubitali sulle pareti di casa sua: 1. Una partenza è da escludere; 2. I soldi non devono essere necessari; 3. Ogni proprietà è da rifiutare; 4. Libertà è non dover prendere decisioni. L’allestimento è a cura di Giorgio Barberio Corsetti e del gruppo Fattore K la cui impronta tecnologica è molto evidente. La scena è infatti dominata da una serie di pannelli sui quali sono proiettati video scenografie che oltre a definire i vari ambienti in cui si svolgono le scene interagiscono con gli attori. Al fianco di Santamaria ci sono Federica Santoro, che interpreta tutti i ruoli femminili, e Marcello Prayer tutti quelli maschili. Lo spettacolo è godibile e il testo interessante, la regia e i movimenti sono molto curati anche se l’aspetto tecnologico è un po’ troppo invasivo. L’interpretazione di Santamaria, sempre in scena per un ora e mezzo, è davvero funambolica, lascia il segno, così come quella di Federica Santoro e Marcello Prayer, volutamente sopra le righe, a tratti grottesca.
L’esperienza nella fiction “È arrivata la felicità”
Claudio Santamaria è stato anche il protagonista di una fiction, andata in onda su di Rai 1 da ottobre a dicembre scorso, dal titolo “È arrivata la felicità” ideata da Ivan Cotroneo e con la regia di Riccardo Milani e Francesco Vicario. La serie, composta da 24 episodi divisi in 12 serate, ha riscosso un grande successo di pubblico con una media di circa 4 milioni e mezzo di spettatori a puntata. “È arrivata la felicità” è ambientata a Roma e racconta la vicenda di due famiglie, una benestante che abita nel quartiere Flaminio e l’altra proletaria che vive a Testaccio: “Quando mi hanno proposto questa serie – ci ha raccontato Santamaria – io ho subito pensato che non facesse per me, già dal titolo che ha la parola ‘felicità’ nel titolo non mi sembrava nelle mie corde. Poi però l’ho letta e devo dire che mi ha interessato molto anche perché tratta un tema come quello delle unioni civili di cui di solito in tv non si parla. La lavorazione è durata ben nove mesi, un parto, ed è stata molto faticosa, più di Jeeg Robot!”.