Bersani a capo della coalizione PD – SEL – PSI. Silvio Berlusconi (forse) a guidare il centrodestra "spacchettato" con tanto di Lega Nord al seguito. Il Movimento 5 Stelle con il candidato X alla conquista delle piazze e lontano dai talk show televisivi. La lista Monti, con o senza Monti, a rosicchiare voti a PDL e PD ed a cercare un sostanziale pareggio al Senato. Il quarto – quinto Polo dei non allineati, ovvero il Movimento arancione guidato con buona probabilità dal magistrato Antonio Ingroia. Tutto in alto mare, peraltro (Bersani a parte).
È questo a grandi linee il quadro delle imminenti elezioni politiche del 2013, che si terranno molto probabilmente il 17 febbraio assieme alle Regionali in Lombardia e Molise (come ufficializzato dal Consiglio dei Ministri straordinario). Una situazione ancora in via di definizione, giova ricordarlo, ma i cui contorni si vanno facendo lentamente più nitidi con il passare dei giorni. E vorremmo ben dire, dal momento che mancano meno di due mesi alle urne e probabilmente meno di un mese alla presentazione di firme (ove richieste) e candidature. Insomma, cinque soggetti più o meno nuovi, con cinque candidature e, almeno teoricamente, cinque idee diverse di Paese. Con un risultato però sostanzialmente già scritto. Almeno a grandi linee e salvo sorprese clamorose.
PD – SEL conquistano la maggioranza…alla Camera dei Deputati- Che la coalizione guidata da Bersani raggiunga il numero più alto di consensi sembra un dato piuttosto assodato, anche nel caso in cui Monti decidesse di scendere in campo con i centristi e Berlusconi riuscisse a tenere unito il fronte interno del PDL. Un risultato che consentirebbe al segretario democratico di ottenere una discreta maggioranza alla Camera dei Deputati ma, miracoli del Porcellum, con ogni probabilità un numero insufficiente di seggi al Senato (e lo confermano praticamente tutte le simulazioni). A quel punto un accordo con i centristi sembrerebbe inevitabile, ma difficilmente Bersani rinuncerebbe alla carica di premier, confortato in questo anche dalle parole di Napolitano che ha parlato di "rispettare" l'esito del voto del 2013. E dunque? Quale potrebbe essere il "prezzo" sufficiente a convincere i centristi ad appoggiare un Governo Bersani. Noi facciamo un'ipotesi (consci delle tante complicazioni che potrebbero sorgere "a sinistra"): Casini al Quirinale e Monti a via XX settembre.
Le incognite: Movimento 5 Stelle e polo arancione – Inizialmente quasi tutti erano portati a credere che il nuovo soggetto politico immaginato dal Sindaco di Napoli Luigi de Magistris fosse una sorta di cuscinetto a sinistra fra PD e 5 Stelle: un modo per provare ad arginare "con le stesse armi" la forza d'urto delle armate grilline. Insomma, in poche parole: un'operazione politica guidata da Bersani e compagni. Tuttavia, sono bastate poche assemblee "arancioni" e l'indicazione tacita di Ingroia come leader per far vacillare simili teorie: se il bersaglio "primo" è Napolitano, il PD non apre nemmeno alla discussione. Grillo invece gioca sul velluto e senza dubbio potrà mettere in piedi una campagna aggressiva sulla "diversità" dei 5 stelle rispetto alla politica tradizionale che ha contribuito a gettare il Paese nel baratro. Lo farà senza un leader e sperando che nessuno "ficchi troppo il naso" negli affari interni del Movimento. Insomma, se la macchina reggerà alle polemiche e agli enormi limiti "organizzativi" (e finora anche programmatici, ma aspettiamo il programma prima di sbilanciarci), i 5 Stelle possono davvero raggiungere un risultato clamoroso.
Manca il Popolo della Libertà – All'appello manca il centrodestra. Già, ma quale centrodestra? Quello che propone "ma anche no" il Monti bis? Quello di Berlusconi "ma anche" di Alfano? Quello delle amazzoni e dei colonnelli? Forse quello tenuto in vita dagli errori dei suoi avversari, per citare Travaglio. Per ora davvero, oltre Berlusconi di concreto c'è poco o nulla: il mezzo strappo del duo Meloni – Crosetto, i mal di pancia di Frattini e lo spacchettamento concordato di Gasparri e La Russa. Poco, troppo poco. Come il 20% che li attende alle urne.