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Cina: la persecuzione degli avvocati che si occupano di diritti umani

Negli ultimin due anni il governo di Pechino ha varato una serie di misure contro i legali che si occupano di diritti umani. La denuncia parte da un rapporto di Amnesty International.
A cura di Alfonso Biondi
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Presidente Cinese

"Gli avvocati che si occupano di diritti umani sono sottoposti a un crescendo di tattiche del silenzio, dalla sospensione o revoca della licenza fino alle minacce, alle sparizioni forzate e addirittura alla tortura". Sono queste le parole di Catherine Baber, vicedirettrice del Programma Asia e Pacifico di Amnesty International, che ha così voluto denunciare la drammatica situazione in cui versano i legali che in Cina si occupano di diritti umani.

L'ultimo rapporto di Amnesty diffuso oggi a Hong Kong conferma infatti il deciso giro di vite del governo cinese che, soprattutto negli ultimi due anni, ha varato una serie impressionante di misure per mettere sotto controllo la professione legale e "punire" chi si occupa dei diritti umani. Nello specifico agli avvocati è impedito difendere determinati clienti, commentare pubblicamente i processi o contestare i procedimenti giudiziari. Il semplice svolgimento della professione a volte può essere considerato anche "reato di incitamento alla sovversione".

Ma non finisce qui. Periodicamente infatti gli avvocati devono sottoporsi a una valutazione annuale: si tratta di un esame che per qualcuno è privo di fondamento e che, nella stragrande maggioranza dei casi, non viene superato da chi ha a che fare coi diritti umani. Per loro sospensione o revoca della licenza.

Le cose, però, non vanno meglio per coloro che riescono a superare "la valutazione annuale". Se i legali in questione continuano a occuparsi di diritti umani seguono infatti pressioni, minacce, intimidazioni. Qualcuno viene torturato, qualche altro sparisce nel nulla.  Dei 204mila avvocati presenti in tutta la Cina a occuparsi di diritti umani sono restati solamente in poche centinaia. Le conseguenze di queste misure, di riflesso, si abbattono anche sugli imputati. Ecco quindi che gruppi religiosi non riconosciuti (tra cui la Falun Gong), manifestanti tibetani e uiguri, vittime di sgomberi forzati e contestatori non riescono ad avere un legale. Ma il problema riguarda anche cittadini condannati a morte per confessioni che sono state loro estorte mediante tortura. Chi li difenderà?

"Amnesty International chiede al governo di Pechino di ripristinare le licenze degli avvocati sospesi o revocati per essersi occupati di cause relative ai diritti umani e di affidare il governo della professione legale a organismi effettivamente indipendenti"- ha dichiarato Catherine Baber. Richieste che il gigante cinese continuerà ad ignorare.

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