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Cibi low cost dannosi per la salute: il 62% degli italiani a rischio

Un dossier della Coldiretti rivela che 6 italiani su dieci hanno tagliato sulla qualità dei prodotti alimentari, prediligendo i low cost. Ma ci sono rischi importanti per la salute.
A cura di Davide Falcioni
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La Coldiretti – la più importante associazione di categoria degli imprenditori agricoli, in Italia ed Europa – ha realizzato un dossier sui prodotti alimentari a basso costo: "I Rischi del cibo low cost". La ricerca è stata effettuata sulla base dei dati forniti dall'Istat, e lancia un chiarissimo allarme: il 62% delle famiglie italiane ha tagliato sulla qualità e la quantità dei cibi, privilegiando nell'acquisto prodotti a costo molto basso, potenzialmente pericolosi per la salute.

Il dossier è stato presentato a Bruxelles e spiega che lo scorso anno "sono entrati in Italia 85mila tonnellate di pomodori ‘irregolari' per la presenza di residui chimici, ma anche pistacchi e nocciole provenienti dalla Turchia contaminati da muffe. E' cresciuta del 38% l'importazione di miele naturale dalla Cina per cui l'Ue ha lanciato un allarme sul rischio contaminazione da Ogm non autorizzati. Dall'Est europeo poi sono giunti in Italia, per la produzione di pane, milioni di chilogrammi di impasti semicotti e surgelati con scadenza 24 mesi, grazie ad additivi e conservanti". Insomma, una fotografia su "I rischi dei cibi low cost" inquietante.

L'obiettivo del dossier è quello di far capire "la necessità di valorizzare l'agricoltura Ue garantendo sicurezza ambientale e alimentare dei cittadini". Nel resto dell'Europa la situazione non è migliore – mette ancora in guardia la Coldiretti – visto che "lo scorso anno l'80% degli avvertimenti per rischi alimentari è stato provocato da cibo low cost proveniente da Paesi extra-Ue. Sul podio, nell'ordine, Cina, India e Turchia". L'Agenzia europea per la sicurezza alimentare "ha evidenziato una carrellata di dati negativi: dal pepe indiano (irregolare il 59%) al pomodoro cinese (irregolare per il 41%), alle arance egiziane (irregolare il 26%). A differenza delle spremute poi la maggioranza del succo di arancia consumato in Europa proviene dal Brasile sotto forma di concentrato a cui viene aggiunta acqua".

Ma non è tutto: Coldiretti svela che anche la dieta Mediterranea è a rischio. "Se la produzione alimentare Made in Italy è la più sicura sulla presenza di residui chimici, lo sono stati meno – tra gli alti – i fagiolini del Marocco (irregolari nel 15% dei casi) le fragole etiopi (16%), i piselli del Kenya (38%) fino ai peperoni dell'Uganda (48%)". Senza contare che "sono raddoppiate in 10 anni le importazioni da partner Ue in Italia le imitazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano".

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