Chi sono le “madri segrete” e come funziona il “parto in anonimato”
Aspettare un bambino in un momento di grave difficoltà familiare o economica. Non sentirsi in grado di affrontare la maternità, o peggio, rimanere incinta a seguito di una violenza. Sono tanti i motivi che spingono una donna a portare avanti una gravidanza ma a non voler tenere il bimbo. Sono le madri segrete, donne che partoriscono in ospedale ma non riconoscono il proprio figlio. I ‘parti in anonimato’ sono nascite sicure, previste dalla legge per scongiurare gesti disperati come l’abbandono del neonato per strada o addirittura l’infanticidio.
Secondo Ai.Bi. Amici dei Bambini, un'Ong costituita da famiglie adottive e affidatarie, in Italia ogni anno circa 400 neonati vengono salvati perché lasciati negli ospedali o al riparo nelle Culle per la vita. In Toscana, ad esempio, la stima è di circa 27-30 parti in anonimato su 27mila nati nel 2017. Nella sola Torino, nell'anno appena concluso, sono stati 12 i figli nati da madri che hanno voluto rimanere anonime.
Come funzionano i parti in anonimato?
La legge italiana, attraverso il parto in anonimato, consente alla madre o ai genitori di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell'ospedale dove è nato (DPR 396/2000, art. 30) affinché sia assicurata l’assistenza e la sua tutela giuridica. La donna, al momento del parto, oppure subito dopo, dovrà comunicare ai medici e ai sanitari l’intenzione di rimanere anonima . Le madri segrete hanno 2 mesi di tempo per ripensarci, poi, non sapranno più nulla del figlio che hanno messo al mondo.
Da quel momento tutti i dati sul neonato e sulla madre rimarranno anonimi: nell'atto di nascita del bambino viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”. Una maggiore conoscenza di questa opportunità contribuirebbe a diminuire i parti non assistiti, garantirebbe l’incolumità delle donne e dei bambini evitando gli abbandoni di neonati in luoghi non sicuri. E, soprattutto, consente al neonato di nascere ed essere accolto da un’altra famiglia. Nei parti in anonimato, infatti, i neonati vengono dichiarati adottabili in poco tempo e affidati ai nuovi genitori individuati dal Tribunale per i Minorenni di competenza.
Per prevenire il fenomeno dell'abbandono traumatico del neonato, molte regioni e città italiane, hanno promosso campagne informative in proposito, potenziando i servizi a tutela della donna in difficoltà e orientando gli ospedali più specializzati a seguire il parto in anonimato. Negli ultimi anni – d'accordo con i dati diffusi da Save the Children – si è fortemente ridotto il numero di neonati non riconosciuti dalla madre al momento della nascita, con un calo di oltre il 30%. Nonostante il diritto della donna a partorire in modo anonimo, tuttavia, le cronache ci raccontano di neo mamme che ricorrono all'abbandono del neonato in un cassonetto, per strada, o persino all'infanticidio. Per scongiurare questi gesti disperati, oltre al parto anonimo in ospedale, sono sorte in tutto il territorio nazionale le Culle per la vita, una versione moderna delle ʻRuote degli Esposti’.
Le Culle per la vita
Le Culle per la vita sono una versione moderna e tecnologicamente avanzata della medievale Ruota degli Esposti. Si tratta di una struttura, situata accanto ai grandi poli ospedalieri e ai centri maternità, dotata di una serie di dispositivi che permettono un facile utilizzo e un pronto intervento per la salvaguardia del bambino. La culla per la vita, inoltre, è concepita nel pieno rispetto della privacy di chi deposita il neonato. Da metà degli anni ’90, il numero di queste culle termiche è triplicato. Il loro funzionamento è molto semplice: si preme il pulsante posto a lato della finestra da dove uscirà una culla in cui depositare il bambino. La finestra si chiuderà immediatamente mettendo al sicuro il bimbo. Il personale di sorveglianza, poi, affiderà il piccolo ai sanitari. In seguito verrà adottata la procedura prevista per il neonato non riconosciuto e verrà avviato il procedimento di adozione. Un modo, insomma, che consente le stesse garanzie del parto in anonimato in ospedale.
Il diritto alla segretezza della madre prima di tutto
In Italia esiste il diritto dell’adottato di accedere alle informazioni sull'identità dei genitori biologici. Ciò nonostante, la legge non prevede ancora questa possibilità per i figli nati in un parto anonimato. Il diritto alla segretezza, quindi, prevale su ogni altra considerazione o richiesta. Nel 2013, tuttavia, la Consulta ha dichiarato incostituzionale quanto previsto dal comma 7, articolo 24 della Legge sull'adozione. Dopo la decisione Corte costituzionale, ribadita anche da una sentenza della Cassazione, in commissione Giustizia al Senato è attualmente in discussione un disegno di legge (922/2018) per disciplinare il diritto dei figli non riconosciuti al momento della nascita ad interpellare la madre naturale per una eventuale revoca dell’anonimato. Il testo in esame, inoltre, dà la possibilità alla donna che voglia tornare sui suoi passi, di manifestare spontaneamente la propria disponibilità ad essere rintracciata. In attesa dell’approvazione della legge, i tribunali per i minorenni sono intervenuti sulla materia e hanno stabilito che il figlio, a certe condizioni e con determinate procedure, possa presentare un'istanza di interpello e sapere così se la madre biologica desidera continuare o meno a rimanere ignota. Ma l’iter giudiziario, in mancanza di una normativa, non è certo univoco è può variare da città a città.
Il legislatore è chiamato dunque ad intervenire sul delicato equilibrio tra la salvaguardia della riservatezza garantita alla donna che abbia scelto il parto in anonimato e il desiderio del figlio di conoscere le proprie origini. Un compito non facile, perché, conviene ricordare, dietro i casi di abbandono si cela una complessa vicenda umana di cui bisogna avere la massima cautela e rispetto.