Chi è Rodrigo Duterte, il neo presidente che chiama Papa Francesco “figlio di puttana”
A confronto con Rodrigo Roa Duterte, il neo presidente delle Filippine, persino Donald Trump appare come un "pivello", un politico moderato e conciliante. Già, perché il 71enne ex sindaco di Davao City in testa nella corsa alla leadership del paese asiatico è uno di quelli che "non le manda a dire" e non sembra preoccuparsi più di tanto della tenuta di delicati equilibri democratici. Per prima cosa, infatti, Duterte – soprannominato "Digong" – ha dimostrato di avere non pochi problemi con le gerarchie cattoliche, tanto da aver detto che "Papa Francesco" è un "figlio di puttana" per aver provocato ingorghi stradali durante la sua ultima visita nelle Filippine. Non solo: prima di scusarsi, ha spiegato di aver maturato il suo odio verso il clero dopo essere stato violentato da un sacerdote e che per questo gli capita spesso di bestemmiare anche in pubblico. "Me ne scuso: prometto di effettuare un versamento alla Caritas ogni volta che verrò scoperto".
"Se sei un criminale meriti di essere ucciso"
Ma credere che Duterte sia solo una "macchietta" è profondamente sbagliato: da sindaco di Davao City venne "ribattezzato" il "castigatore" per i suoi modi assai sbrigativi. La leggenda narra che un giorno il titolare di un ristorante che non riusciva a far rispettare un divieto di fumo alzò la cornetta del telefono e chiamò Digong in persona: lui annullò tutti gli impegni, andò nel ristorante, e fece ingoiare la cicca all'avventore irrispettoso. Non solo, Duterte sembra un sostenitore accanito di metodi da "sceriffo" nel Far West: "Se stai compiendo attività illegali nella mia città, se sei un criminale o membro di un sindacato che bersaglia la gente innocente della città, finché sarò il sindaco, sei bersaglio legittimo di un assassinio", disse. In tema di sicurezza il neo presidente filippino ha idee chiare: squadroni della morte, 100mila morti in sei mesi e "il problema della delinquenza sarà risolto". "Le pompe funebri saranno piene: fornirò io i cadaveri. Darò ordine alla polizia di cercare quella gente e ammazzare tutti”.
Anche sulle donne la linea di Duterte lascia a desiderare. In un comizio tenuto recentemente ha menzionato lo stupro e l'omicidio di una missionaria australiana nel corso di una rivolta della prigione di Davao City, nel 1989, sostenendo di essere rimasto deluso perché – in quanto sindaco sarebbe – avrebbe avuto il "diritto" di essere il primo a violentarla.
Duterte: "Trump? E' solo un bigotto"
Candidato per il Partito democratico filippino – Potere del Popolo, Duterte ha fatto del machismo e del "politicamente scorretto" la sua "cifra stilistica". Paragonato più volte a Trump, ha sempre replicato di non gradire l'accostamento dal momento che l'americano sarebbe solo un bigotto. Nelle Filippine sono stati chiamati alle urne 54,3 milioni di cittadini: al momento Duterte ha un netto vantaggio su Grace Poe, 47enne imprenditrice e politica centrista che ha vissuto per anni negli Stati Uniti. Poco sotto c’è invece Manuel Roxas II, politico di lungo corso 58enne e nipote dell’ex presidente delle Filippine Manuel Roxas.
Secondo numerosi osservatori internazionali in linea del tutto teorica i cittadini dovrebbero scegliere candidati in continuità con il passato, essendo stati i loro predecessori in grado di imprimere una forte crescita economica al paese. In realtà, tuttavia, il tema della sicurezza sembra essere ben più appassionante: in questo quadro un candidato come Duterte ha trovato un "humus" ideale in cui propagandare le sue idee: come è evidente le sue posizioni su corruzione e criminalità sono durissime, e poco importa se saranno poi anche attuabili. Quel che è certo è che aver promesso una "mattanza" di criminali negli ultimi mesi sta sortendo conseguenze importanti.