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Chi decide (davvero) sugli F35

Continua la confusione (e la polemica) tra Consiglio Supremo di Difesa, Governo e maggioranza sulla questione F35: e la cosa incredibile è che tutti si appellano alla stessa legge…
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Se le forze che sostengono la maggioranza del Governo Letta credevano di aver risolto "temporaneamente" la questione F35, con la mozione approvata meno di una settimana fa alla Camera, a riportare tutti alla realtà delle cose ci ha pensato il Consiglio Supremo di Difesa odierno, con la partecipazione ordinaria del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. A riaprire infatti la polemica è stato lo scarno comunicato del Quirinale che ha spiegato come "riferimento al processo di riforma dello strumento militare, si è rilevato come l'attuazione della Legge 244/2012 debba riflettere indirizzi strategici e linee di sviluppo delle capacità e delle strutture coerenti con le sfide, i rischi e le minacce che il contesto globale in rapida trasformazione prospetta per il nostro Paese e per la Comunità Internazionale". Una visione "conforme allo spirito ed al disposto della legge 244, anche per quanto attiene alle necessità conoscitive e di eventuale sindacato delle Commissioni Difesa sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate, fermo restando che, nel quadro di un rapporto fiduciario che non può che essere fondato sul riconoscimento dei rispettivi distinti ruoli, tale facoltà del Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell'Esecutivo". In sostanza, tornando dunque alla questione centrale, il Parlamento non può in alcun modo porre il veto sull'acquisto degli F35, che è e resta una decisione operativa.

La questione però resta estremamente complessa. Non fosse altro perché, paradossalmente, anche la mozione bipartisan approvata alla Camera dei Deputati si appoggiava sulla stessa norma, chiedendo l'attuazione della Legge 244/2012. Infatti, la mozione presentata da Speranza e cofirmata da Brunetta, Dellai, Pisicchio e Formisano, impegnava il Governo "a dare impulso, a partire dal Consiglio europeo di dicembre, a concrete iniziative per la crescita della dimensione di Difesa comune europea in una prospettiva di condivisa razionalizzazione della spesa; al pieno rispetto di quanto previsto dall'articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244, allo scopo di garantire al Parlamento di esercitare le proprie prerogative; in particolare, relativamente al programma F35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi dell'articolo 4 della legge 31 dicembre 2012, n. 244".

Insomma, come è possibile che due indirizzi così distanti si basino sulla stessa legge? Tecnicamente la spiegazione risiede nell'interpretazione di alcuni passaggi centrali del provvedimento approvato dalla scorsa legislatura. Si tratta della controversa "Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale", pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2013, dopo essere stata approvata nella serata del 31 dicembre 2012. Se il Consiglio Supremo ricorda come spetti al Governo esprimersi in merito a misure di carattere strategico ed operativo, i capigruppo della maggioranza fanno riferimento invece all'articolo 4 che riguarda le "disposizioni in materia contabile e finanziaria".

In tale articolo, oltre a riferirsi a misure di contenimento della spesa e ad ipotizzare "la sperimentazione di una maggiore flessibilità gestionale di bilancio connessa al mantenimento in efficienza dello strumento militare e al sostenimento delle relative capacità operative", si ricorda che i programmi ed i relativi impegni di spesa sono approvati:

a) con legge,se richiedono finanziamenti di natura straordinaria;

b) con decreto del Ministro della difesa, se si tratta di programmi finanziati attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze se tali programmi sono di durata pluriennale. Ma attenzione perché il comma successivo recita: "I piani di spesa gravanti sugli ordinari stanziamenti di bilancio, ma destinati al completamento di programmi pluriennali finanziati nei precedenti esercizi con leggi speciali, se non richiedono finanziamenti integrativi, sono sottoposti dal Ministro della difesa al Parlamento in apposito allegato al piano di impiego pluriennale di cui al comma 1".

Ma non basta, perché, come ricorda la stessa mozione approvata, al Parlamento spetta la "competenza sulla coerenza dell'adozione dei programmi dei sistemi d'arma a seguito di valutazioni riguardanti la situazione geopolitica internazionale, l'individuazione delle sfide strategiche incombenti e, nondimeno, la coerenza e la congruità degli investimenti militari, anche alla luce delle condizioni generali della finanza pubblica e della crisi economica e sociale". Considerazione che viene rafforzata anche da un altro passaggio della succitata legge che implica una vigilanza parlamentare affinché "dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".

Insomma, la questione sembra essere ancora una volta di tipo "interpretativo", anche se alla luce della eccezione sollevata dal Consiglio Supremo di Difesa, acquista maggior senso quell'aggiunta dell'aggettivo "ulteriore" fortemente voluta dal centrodestra nella seconda stesura della mozione unitaria. È infatti sull'entità dell'acquisto e non sulla partecipazione dell'Italia al programma internazionale che si gioca la partita. E la sensazione è che, malgrado le buone ragioni per la rinuncia agli F35, dalla ulteriore verifica chiesta dal Parlamento non potrà che uscire una "limatura" all'acquisto, mentre la partecipazione al programma non sembra poter essere in discussione. Per la gioia del ministro Mauro, che ancora oggi parlava di "armare la pace per amare la pace".

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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