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Opinioni

Che fine hanno fatto 100 miliardi di fondi strutturali europei e nazionali

È una scheda del servizio studi del Senato, sugli OpenData del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica, a mostrare dove vanno a finire (e a che servono) le risorse europee e nazionali per le politiche di coesione. Un fiume di denaro, che non riusciamo nemmeno a spendere.
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È il Servizio studi del Senato della Repubblica ad elaborare un documento che ci consente di fare il punto sulla programmazione, sull'utilizzo e sulla gestione dei fondi strutturali, europei e nazionali, nel periodo che va dal 2007 al 2013. Si tratta di una nota che, utilizzando i dati di OpenCoesione (che mette a disposizione dati e risorse sull'attuazione degli "investimenti programmati nel ciclo 2007-2013 da Regioni e amministrazioni centrali dello Stato con le risorse per la coesione", consentendo un monitoraggio costante anche da parte dei cittadini), permette di isolare alcuni punti decisamente significativi del processo di elaborazione progettuale – assegnazione delle risorse – realizzazione delle opere e completamento dei progetti. Sotto la lente d'ingrandimento finiscono dunque i fondi strutturali nel periodo 2007 – 2013, per la parte che attiene le politiche regionali di coesione e nel complesso dei finanziamenti europei (FESR, ovvero fondo europeo per lo sviluppo, FSE, ovvero fondo sociale europeo), nazionali (PON, programmi operativi nazionali) e regionali (POR, programmi operativi regionali).

Il complesso delle risorse stanziate nel periodo considerato ammonta a circa 100 miliardi di euro (55 da fondi europei, 45 da fondi nazionali) e la sua distribuzione su base regionale, mostrata dal grafico, rende chiaramente l'idea di come le regioni meridionali abbiano utilizzato in maniera massiccia la leva dei fondi strutturali.

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Molto interessante anche il dato "pro-capite", che rende ancora più evidente quale sia la destinazione dei fondi strutturali su base territoriale:

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C'è poi un altro elemento da tenere in considerazione ed è quello della distribuzione "per obiettivo e provenienza", che nel report del Centro Studi del Senato è analizzato grazie ai dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato. In particolare l'analisi si concentra sui fondi destinati all'Obiettivo Convergenza (un programma che "riguarda gli Stati membri e le Regioni il cui prodotto interno lordo pro capite (Pil/abitante), calcolato in base ai dati relativi all’ultimo triennio precedente all’adozione del regolamento n. 1083/2006 sui Fondi Strutturali, è inferiore al 75% della media dell’UE allargata"), che ammontano a circa 32,5 miliardi di euro e che in Italia possono essere utilizzati solo da "Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, a cui si aggiunge la Basilicata, ammessa a beneficiare di questo obiettivo a titolo transitorio".

Nel complesso emerge ancora che la spesa certificata è pari solo al 10% del totale, con un assorbimento tra i più bassi fra i Paesi della Ue: un segnale di quanto sia particolarmente difficile per le regioni meridionali finanche spendere i fondi europei a disposizione.

Infine qualche dato sui "settori di intervento", ovvero sul come le Regioni spendono le risorse dei fondi strutturali, quali ambiti privilegino e quali invece tendano ad ignorare (ovviamente le cause sono di diversa natura, dai criteri di accoglimento delle domande alle scelte strategiche, dalle "emergenze" alla volontà politica):

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E sullo stato di avanzamento dei progetti più onerosi:

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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