Il 7 agosto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi interveniva alla Direzione Nazionale del Partito Democratico e, partendo dall’allarme lanciato dalla SVIMEZ sul “sottosviluppo permanente” del Sud, lanciava l’idea del masterplan per il Mezzogiorno: “L’hashtag di oggi è #zerochiacchiere. Sono il primo ad avere consapevolezza del fatto che nessuno di noi oggi potrà trarre delle conclusioni perché questa tappa deve costituire il primo appuntamento di una serie: io credo che si debba oggi iniziare una discussione e vi propongo un secondo momento di seminario durante la Festa nazionale dell’Unità. Proporrei poi che nei dieci giorni successivi, intorno al 15-16 settembre, il Pd uscisse con un masterplan per il Sud frutto di questa discussione lunga un mese”. Del resto, chiosava, “non è più il Sud ad aver bisogno dell’Italia, ma è l’Italia che ha bisogno del Sud”. Una cautela che noi stessi avevamo giudicato opportuna, per evitare di reagire secondo logiche emergenziali e sulla scia di polemiche pretestuose (vero, Franceschini?).
Ovviamente, a rimorchio Renzi si portava una serie di ipotesi, proposte, oltre che i soliti retroscena e le classiche indiscrezioni a comando. E giù di numeri: 100 miliardi di euro dal 2014 al 2020, grazie al recupero di 10 miliardi di vecchi fondi europei, agli ulteriori 50 della nuova programmazione Ue e a ulteriori 43 miliardi dai fondi per lo sviluppo e la coesione. Per inciso, poco o nulla di nuovo, considerando che si trattava di fondi che “comunque” sarebbero giunti a destinazione (per carità, buona l’idea della cabina di regia e giusta l’attenzione a come vengono spesi i fondi Ue).
Solo che, ecco, siamo a metà ottobre. E del masterplan nessuna traccia. Della discussione, residui sparsi, a brandelli fra i panel delle Feste de L’Unità. Poca, pochissima roba, insomma.
E però a metà settembre qualcosa è arrivato: una porta in faccia nella nota di aggiornamento del DEF. Spiegano Pitoni e Velardi sul Fatto: “Nelle 104 pagine che compongono la Nota di aggiornamento al Def, nel quale la parola “Mezzogiorno” compare in tutto due volte. A pagina 17, dove si celebra il calo della disoccupazione al Sud dello 0,2%. E a pagina 72, dove sono citati il “Piano strategico sulla portualità e quello sugli aeroporti […] Mentre si segnalano due apparizioni della parola “Sud”. A pagina 12, nella didascalia di un grafico sulle esportazioni, dove è citata la Corea del Sud che con il Mezzogiorno non ha nulla a che vedere. E nella leggenda di un altro grafico, a pagina 17”.
Ricapitolando:
La Svimez diffonde dati allarmanti sulla situazione del Mezzogiorno (a nostro avviso riproponendo un modello che ha fallito, ma questo è un altro discorso…)
- Il Governo “ammette il problema”
- Nasce il mito del piano da 100 miliardi di euro
- Renzi promette “entro settembre” un masterplan per il Mezzogiorno
- Nella nota di aggiornamento al DEF non c’è nulla al riguardo
- Della cabina di regia per i fondi europei, della decontribuzione selettiva, delle deroghe al patto di stabilità ecc. non c'è traccia
Cosa c'è però oltre l'ennesima promessa a vuoto del Presidente del Consiglio? Resta la necessità di un intervento serio e puntuale, che affronti in maniera organica i problemi del Mezzogiorno. E che sappia magari andare oltre la sola "razionalizzazione" della spesa dei fondi europei (certo necessaria, ma non sufficiente), intervenendo sui problemi endemici delle Regioni meridionali: l'offerta di lavoro, la domanda interna, la competitività delle imprese, la formazione professionale, il tasso di abbandono scolastico, la carenza di infrastrutture materiali e immateriali. Serve, in sostanza, ripensare la politica regionale di sviluppo, magari chiarendo l'equivoco delle risorse straordinarie, che devono essere "aggiuntive" e non sostitutive dei tagli operati a livello centrale, e impostando un modello che sappia superare l'assistenzialismo ma senza abbandonare il Mezzogiorno al proprio destino.
O, di contro, dichiarare fallita la politica regionale di sviluppo, come propone Rossi sul Foglio:
Riscrivere la politica per il mezzogiorno in Italia dovrebbe partire di qua: dal riconoscimento della inadeguatezza oggettiva della dimensione regionale per affrontare le questioni del mezzogiorno e dal suo superamento. Se i presidenti delle regioni meridionali lo comprendessero e ne accettassero le conseguenze, avremmo fatto un bel passo avanti. Un Masterplan che volesse veramente cambiare verso alle politiche per il mezzogiorno dovrebbe poggiare su questa constatazione ormai banale alla luce del fallimento di vent’anni di politiche incentrate sulla dimensione regionale o, peggio, locale.
Insomma, serve un'idea, un progetto a lungo termine, un ragionamento articolato, una presenza ideale. Serve altro rispetto ad annunci: volontà politica, legittimità e coraggio per imporre idee e progetti. Se questo Governo ne avrà la forza lo capiremo nei prossimi mesi.