La decisione della Suprema Corte del Brasile ha di colpo riacceso la polemica intorno alla figura di Cesare Battisti, personaggio controverso capace di provocare un vero e proprio caso internazionale. Con il Governo italiano che ricorrerà al Tribunale de L'Aja ed i familiari delle vittime del terrorismo che manifestano la loro indignazione, si riapre una ferita aperta nella nostra storia repubblicana, di cui lo "scrittore di noir" è una delle tante "comparse – attive". Ma chi è davvero Cesare Battisti?
Cesare Battisti nasce a Sermoneta il 18 dicembre 1954. La sua adolescenza è segnata da una lunga sequela di problemi con la giustizia. Dal carattere fortemente irrequieto si rende spesso vittima di atti di teppismo, fino ad essere arrestato per la prima volta nel 1972, all’età di diciotto anni, in seguito ad una rapina commessa a Frascati. A distanza di appena due anni viene nuovamente arrestato per una rapina con sequestro di persona nei pressi di Sabaudia. L’evento che, in qualche modo, segna definitivamente l’esistenza di Cesare Battisti è però l’arresto avvenuto nel 1977, anche stavolta in seguito ad una rapina, e la conseguente detenzione nel carcere di Udine. Infatti, nello stesso istituto penitenziario è detenuto anche Arrigo Cavallina, ideologo e fondatore dei “Proletari armati per il Comunismo”, col quale Battisti entrò subito in contatto fino ad essere arruolato all’interno dell’organizzazione.
Dopo aver scontato la pena, Battisti decide quindi di trasferirsi a Milano dove inizia a prender parte attivamente alle azioni eversive del gruppo estremista. A numerose rapine in banche, che in certo mondo dell’estremismo di sinistra si era soliti definire “espropri proletari”, si sommano episodi discussi e scontri a fuoco con commercianti e membri di forze dell’ordine. Nel 1979 Battisti viene di nuovo arrestato e condannato alla reclusione di tredici anni e cinque mesi essendo stato riconosciuto colpevole per l’omicidio del gioielliere Pierluigi Torregiani. Dopo solo due anni di detenzione riesce ad evadere dal carcere di Frosinone e a scappare in Francia. Battisti viene definitivamente condannato all’ergastolo nel 1993 , in seguito a sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano divenuta poi definitiva in Cassazione, per omicidio plurimo e per i reati di banda armata, rapina e detenzione illegale di armi.
Negli anni della fuga in Francia Battisti inizia l’attività di scrittore, dando addirittura vita alla rivista culturale “Via libre”. La permanenza in Francia è garantita a lui, come del resto ad altri latitanti italiani, dalla cosiddetta “dottrina Mitterand”. Dopo anni di polemiche e rimpalli di responsabilità, il Governo italiano ricomincia a far pressione sulle autorità francesi affinchè permettano l'estradizione del terrorista, al quale invece va la solidarietà di un nutrito gruppo di radical chic transalpini. Dopo alterne vicende, Battisti fugge e si "rifugia" in Brasile, godendo di una sorta di "protezione – mascherata" da parte del Governo retto da Josè Ignacio Lula, nonostante le forti pressioni della Farnesina affinchè venga estradato definitivamente in Italia.
Al diniego da parte del paese sudamericano, confermato dal suo successore Dilma Rousseff, di concedere l’estradizione in Italia si è aperto un vero e proprio dibattito, il cui senso e la cui portata vanno ben al di là del caso specifico. Il caso Battisti rappresenta, per certi versi, la cartina di tornasole di un paese che ancora riesce a fare definitivamente i conti con un passato oscuro. Un paese che ancora non riesce a determinare un sentire comune nella formulazione di un giudizio storico condiviso che possa mettere la parola fine ai troppi strascichi polemici che la stagione degli “anni di piombo” ha portato con sè. Su un punto però, al di là delle convinzioni opposte, non si può non essere fermi e decisi: la scelta del governo brasiliano è francamente inaccettabile. La colpevolezza di Battisti, in relazione all’omicidio Torregiani come ad altri eventi delittuosi, è stata più volte accertata. [quote|right]|Chi si macchiò di omicidio e di altre amenità lo fece coscientemente, nel pieno della propria responsabilità.[/quote]
E' da ritenersi sacrosanto, dunque, il diritto dell’Italia di chiedere l’estradizione e, allo stesso modo, necessario che Battisti sconti la propria pena in Italia. Non solo per un importante quanto legittimo rispetto nei confronti delle vittime di tanta efferatezza ma anche perchè solo dopo aver affidato Battisti alla giustizia italiana saremo in grado di avviare quel ragionamento sul significato della stagione terroristica in Italia, ragionamento finalmente libero, a quel punto, da ulteriori condizionamenti. La posizione di chi tenta di ricondurre il clima di violenze e di paura di quegli anni ad una sorta di “suggestione psicologica collettiva”, tentando in questo modo di assolvere chicchessia da responsabilità personali ascrivibili piuttosto allo “spirito del tempo”, ci sembra poco sostenibile. Il ruolo che l’esasperazione di certa ideologia ebbe nella formazione di un’intera generazione è un dato di cui va tenuto sicuramente conto, ma giova ricordare che la stragrande maggioranza di quei giovani, di quei movimenti, ed anche delle organizzazioni “extraparlamentari”, non assunse mai la violenza come strumento privilegiato per agire la pratica politica.
Chi si macchiò di omicidio e di altre amenità lo fece coscientemente, nel pieno della propria responsabilità. Ai sostenitori di certo buonismo inconcludente andrebbe ricordato che in Italia nell’arco di quel periodo non ci fu nessuna guerra civile, ci fu solo uno scontro tra due modi di intendere la politica e la società: da un lato l’ordine democratico (pur tra mille condizionamenti), dall’altro la mano lunga del terrore strumentalmente utilizzata anche per la conservazione reazionaria di uno status ante che per lungo tempo ha bloccato anche le più genuine spinte riformatrici di una certa parte politica.
A cura di Rocco Corvaglia – Adriano Biondi