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Catania, donna incinta muore con i suoi gemelli, aperta inchiesta: “Medico era obiettore”

La donna è morta all’ospedale Cannizzaro di Catania dopo avere avuto gli aborti spontanei di due feti. Era alla diciannovesima settimana di una gravidanza procurata con la procreazione assistita. L’avvocato: “Medico obiettore si è rifiutato di intervenire”.
A cura di Susanna Picone
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Al piccolo Marcus Joannes De Vega lo scorso giugno fu somministrata per errore una flebo di latte. Per quella tragica morte ora in otto rischiano il processo: l’infermiera che l’aveva in cura risulta indagata per omicidio colposo.

La Procura di Catania ha aperto un'inchiesta sulla morte di una donna di trentadue anni, Valentina Milluzzo, deceduta il 16 ottobre scorso, dopo diciassette giorni di ricovero, nell'ospedale Cannizzaro, dopo avere avuto gli aborti spontanei di due feti. La donna era alla diciannovesima settimana di una gravidanza procurata con la procreazione assistita in un'altra struttura. Secondo la ricostruzione dei familiari, la donna ha accusato forti dolori, nausee, la febbre e le è stata somministrata la Tachipirina. Poi il trasferimento in sala parto, dove sono nati morti i due gemellini, un maschietto e una femminuccia. Il giorno dopo è morta anche lei.

Il fascicolo aperto dopo la denuncia dei familiari della donna – Il fascicolo è stato attivato, come atto dovuto, in seguito alla denuncia dei familiari della donna. Il procuratore Carmelo Zuccaro ha disposto il trasferimento della salma in obitorio, bloccando così i funerali che erano stati organizzati a Palagonia, nel paese del Catanese di cui la donna era originaria, e il sequestro della cartella clinica. Sarà necessario accertare “se ci siano state negligenze, o imprudenze, imperizie diagnostiche o terapeutiche dei sanitari che hanno avuto in carico la paziente”. La magistratura disporrà l'autopsia dopo avere identificato il personale in servizio che sarà indagato, come atto dovuto, per omicidio colposo per potere eseguire l'esame autoptico.

Il medico di turno si sarebbe rifiutato di estrarre il feto perché obiettore – Nella denuncia presentata alla Procura dal legale della famiglia, Salvatore Catania Milluzzo, emerge che il medico di turno si sarebbe rifiutato di estrarre il feto che aveva gravi difficoltà respiratore fino a quando fosse rimasto vivo perché obiettore di coscienza. Lo avrebbe dichiarato uno dei medici che ha assistito la donna incinta. “La signora al quinto mese di gravidanza – così l'avvocato di famiglia – era stata ricoverata il 29 settembre per una dilatazione dell'utero anticipata. Per 15 giorni va tutto bene. Dal 15 ottobre mattina la situazione precipita. Ha la febbre alta che è curata con antipiretico. Ha dei collassi e dolori lancinanti. Lei ha la temperatura corporea a 34 gradi e la pressione arteriosa bassa. Dai controlli emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno, mi dicono i familiari presenti, si sarebbe rifiutato perché obiettore: ‘fino a che è vivo io non intervengo', avrebbe detto loro”.

L’aborto e la morte della donna – Solo quando il cuore si è fermato sarebbe estratto il feto. In seguito, ha spiegato l’avvocato, anche il secondo feto avrebbe mostrato delle difficoltà respiratorie e anche in quel caso il medico avrebbe ribadito che lo avrebbe fatto espellere soltanto dopo che il cuore avesse cessato di battere perché lui era un obiettore di coscienza. Le condizioni della donna, che secondo i familiari soffriva e urlava dal dolore, intanto sono precipitate fino al decesso arrivato qualche ora dopo, il 16 ottobre.

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