Caso Tarantini, Berlusconi non si presenterà ai pm
Il premier Silvio Berlusconi non andrà dai Pm di Napoli per essere ascoltato sul caso Tarantini. Salta, dunque, l'audizione richiesta dalla Procura della Repubblica al Cavaliere, come persona lesa nella vicenda legata al giro di escort procurategli dall'imprenditore pugliese, che ieri ha portato all‘iscrizione nel registro degli indagati i nomi di altre otto persone, tra cui Sabina Began, accusate di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e al favoreggiamento della prostituzione. «Allo stato Berlusconi non si presenta ai pm di Napoli» ha anticipato Piero Longo, uno dei difensori del premier che spiega con «difformità interpretative tra accusa e difesa» il motivo per il quale il suo assistito non sarà dai magistrati partenopei che nei giorni scorsi avevano inoltrato un ultimatum, chiedendo al Presidente del Consiglio di presentarsi per essere sentito come "persona offesa" nel procedimento per il presunto ricatto ai suoi danni. In caso contrario, avrebbero proceduto all'accompagnamento coatto negli uffici giudiziari. «Se l'avvocato Longo dice così, ne prendiamo atto», ha detto il procuratore Giovandomenico Lepore.
Alla base del rifiuto ci sarebbe l'intenzione dei magistrati di sentire Berlusconi senza la presenza degli avvocati. Il che presupporrebbe le modalità di un eventuale interrogatorio. Cosa non gradita al Cavaliere. Certo è singolare che la "parte lesa" manifesti profondi timori per un processo che dovrebbe risarcirlo, almeno sul piano morale.
In ogni caso Berlusconi non sarà davanti ai pm. E non solo. Lo stessa dicasi anche nella prossima udienza di lunedì, in cui il premier sarebbe stato impegnato nel processo Mills, a causa, come spiega lo stesso Longo, di un legittimo impedimento imposto dalla sua presenza istituzionale all’Onu, a New York, per l’assemblea generale.
Il processo, la cui ultima udienza si è tenuta nello scorso mese di luglio e vede imputato Silvio Berlusconi di corruzione in atti giudiziari, riprenderà lunedì 19 settembre con la testimonianza in videoconferenza dalla Svizzera di Maria De Fusco, che era amministratore del trust Struie, uno dei fondi attraverso i quali, secondo l'ipotesi accusatoria formulata dal pm Fabio De Pasquale, transitarono i 600 mila dollari con cui il premier avrebbe corrotto l'avvocato inglese David Mills per indurlo a testimoniare il falso in due processi (all Iberian e tangenti alla GdF) avviati nei suoi confronti.