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Omicidio Giulio Regeni

Caso Regeni, arrestata moglie del legale della famiglia in Egitto: “Siamo vicini alla verità”

I coniugi Regeni sono preoccupati per l’arresto, avvenuto questa notte, della moglie del loro legale in Egitto: “Se questo accade vuol dire che siamo molto vicini alla verità. Ma la verità non può essere pericolosa per chi la cerca”.
A cura di Annalisa Cangemi
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I genitori di Giulio Regeni hanno parlato al Salone del Libro di Torino, denunciando l'arresto in Egitto di un'attivista dell'ong che sta collaborando con loro nel Paese africano, l'Ecrf (Commissione egiziana per i diritti e le libertà): "Sono molto inquieta per l'arresto della moglie del nostro legale egiziano, madre di un bambino di tre anni. Se questo accade vuol dire che siamo molto vicini alla verità. Ma la verità non può essere pericolosa per chi la cerca". La donna aveva parlato poco prima al telefono con l'avvocato italiano della famiglia, Alessandra Ballerini, ed è stata poi fermata dalla Sicurezza egiziana.

A lanciare quest'accorato appello è Paola Regeni, madre di Giulio, il giovane ricercatore torturato e ucciso al Cairo due anni fa, il 3 febbraio del 2016: "Sarei preoccupata per chiunque – ha detto Paola Regeni – e lo sono ancora di più per una donna, sapendo quello che possono farle. Amal è stata accusata di terrorismo, una accusa che in Egitto può portare all'ergastolo e alla pena di morte. E' stata arrestata con il marito e il figlio, ma loro sono stati poi rilasciati perché hanno la doppia cittadinanza, egiziana e svizzera".

"Ancora una volta – ha aggiunto – abbiamo bisogno di tutti voi che da oltre due anni ci state vicino, dobbiamo fare una pressione fortissima perché le venga restituita la libertà a questa donna coraggiosa".

E' stata la stessa ong egiziana a denunciare su Facebook il fermo della consorte del proprio direttore esecutivo, Mohamed Lotfy. Nel post non si precisano le accuse ma un media governativo, Al Ahram, mette l'accaduto in relazione a un video visibile su Youtube, in cui la donna, Amal Fathy, inveisce pesantemente contro lo Stato per un problema con la banca, e in particolare per i lunghi tempi d'attesa per accedere a un conto corrente dopo la perdita di un bancomat. La vicenda non sembra quindi direttamente legata a quella del ricercatore friulano ucciso. La Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf) nel post precisa comunque che alle 2:30 della scorsa notte la "sicurezza egiziana ha fatto irruzione" nell'abitazione di Lotfy "e ha fermato lui con la moglie" e il "figlio di tre anni". Il testo conferma che ad essere rimasta in carcere è però solo la donna: "Ecrf condanna fortemente la detenzione della moglie del proprio direttore esecutivo e ne chiede l'immediato rilascio".

La situazione è aggravata dal fatto che Fathy appartiene a un movimento (quello del "6 aprile") considerato sovversivo: "Amal è stata accusata di terrorismo, un'accusa che in Egitto può portare all'ergastolo e alla pena di morte". L'ong ha riferito che si tratta del settimo episodio di "intimidazioni e persecuzioni" compiute dalla Sicurezza. Lotfy, la moglie e il piccolo "sono stati messi sotto grande pressione, la casa perquisita, i telefoni cellulari sequestrati ed è stato negato loro il diritto di comunicare con un avvocato", sostiene l'ong definendo "vergognoso" che questo trattamento sia stato riservato al proprio dirigente a pochi giorni dalla visita della delegazione italiana guidata dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco. Il magistrato martedì assisterà alle operazioni di recupero delle registrazioni delle videocamere di sorveglianza della metro del Cairo compiuto nella speranza di identificare i volti almeno di chi rapì Regeni la sera del 25 gennaio 2016.

"Ogni giorno in Egitto – ha sottolineato la legale della famiglia, Alessandra Ballerini- tre o quattro persone scompaiono nel nulla. Di queste, il 5 per cento riappare cadavere, il 35 per cento non compare mai più, e il resto rimane detenuto in attesa di giudizio". 

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