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Caso Guidi, De Rosa (M5S): “De Vincenti spieghi perché quella notte piombò in Commissione”

In un’intervista a Fanpage.it, l’Onorevole Massimo De Rosa, del Movimento 5 Stelle, rivela un inedito retroscena relativo alla notte in cui saltò l’emendamento Tempa Rossa, a cui si riferisce il dimissionario ministro Guidi nell’intercettazione diffusa ieri dalla Procura. De Rosa prosegue parlandoci dei motivi per cui il 17 aprile gli italiani dovrebbero votare ‘sì’ al referendum del 17 aprile.
A cura di Charlotte Matteini
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Camera - decreto emergenze

Nell'accesa polemica relativa al cosiddetto "referendum delle trivelle" entra a gamba tesa il casus belli che coinvolge il dimissionario ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi. Stando alle intercettazioni diffuse dalla Procura e che hanno portato a sei arresti, al blocco della produzione dell'Eni in Val D'Agri, e all'iscrizione nel registro degli indagati del fidanzato del ministro Guidi, l'imprenditore Gianluca Gemelli, sembrerebbe esistere un pesante conflitto d'interessi a carico della titolare del dicastero dello Sviluppo Economico, la quale avrebbe agevolato il compagno inserendo un emendamento in grado di sbloccare la situazione dell'impianto in località Tempa Rossa:

"Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se è d'accordo anche Maria Elena, quell'emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte. Alle quattro di notte. Rimetterlo dentro alla legge con l'emendamento alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa dall'altra parte si muove tutto".

E proprio a proposito di questo famigerato emendamento, l'onorevole Massimo De Rosa, deputato del Movimento 5 Stelle, racconta a Fanpage.it di una lite avvenuta "quella notte" in Commissione Ambiente, di cui De Rosa era vicepresidente: "Io ero proprio presente la sera in cui l'emendamento venne rigettato. Ricordo venne infilato in modo vergognoso, all'improvviso, erano le dieci di sera se non mi sbaglio. Noi del Movimento 5 Stelle protestammo, tanto che viene messo da parte. Io avevo chiesto personalmente di rivedere l'ammissibilità, visto che sembrava anche essere incostituzionale. Durante la seduta notturna, venne comunque dichiarato inammissibile. In piena notte, come una furia Claudio De Vincenti (ex viceministro del Mise, Ndr) arrivò in Commissione, prese Ermete Realacci (presidente della Commissione Ambiente e deputato del Partito Democratico), lo portò in una stanza e gli urlò contro".

L'emendamento quindi quella notte venne dichiarato inammissibile e definitivamente bloccato alla Commissione Ambiente di Montecitorio, ma "rientrò dalla finestra" poche settimane dopo, inserito nella Legge di Stabilità che venne approvata con la fiducia. "Per smuoversi addirittura un viceministro, insomma evidentemente doveva sapere molto bene che cosa c'era dietro quell'emendamento. Anzi, dovremmo chiedere chiarimenti anche a lui, non solo al ministro Guidi". In sostanza, secondo De Rosa, il ministro Guidi si sarebbe dimesso per cercare di disinnescare la polemica che avrebbe potuto scaturire da una sua eventuale azione di resistenza: "Non facciano finta di non sapere di cosa parlava questo emendamento. Lo sapevano tutti: De Vincenti, la Boschi, la Guidi. E il ministro Guidi, secondo me, si è dimesso così velocemente per abbassare la tensione".

Stando alle notizie relative all'inchiesta Eni che di ora in ora vengono diffuse dai media, l'Onorevole De Rosa sostiene sia ormai "evidente che alcuni esponenti del Governo stiano lavorando per conto di alcune lobby, facendo gli interessi degli investitori. Anche l'appello all'astensione formulato dal Partito Democratico, alla luce di questi nuovi risvolti giudiziari, sembra più una scelta fatta in modo tale da riuscire a favorire gli interessi di pochi a scapito di quelli dei cittadini". 

Proprio per questo motivo, Maurizio Buccarella, esponente del Movimento 5 Stelle, ha depositato in Procura un esposto contro Teresa Bellanova, attuale viceministro del Mise che il 27 marzo ha rilasciato a L'Unità un'intervista, invitando i cittadini all'astensione: "Potrebbe configurare un reato. Essendo dei pubblici ufficiali, non dovremmo avere la possibilità di fare una richiesta del genere ai cittadini. Non ci sarebbe nemmeno da discuterne, bisognerebbe essere in grado di convincere l'elettorato attraverso l'esposizione delle proprie ragioni, non cercare di impedire il raggiungimento del quorum". "Dopo quello che è successo ieri – prosegue De Rosa – viene a mancare anche qualunque base per discutere delle ragioni per cui bisognerebbe votare ‘no' al referendum del 17 aprile".

La propaganda che il Partito Democratico sta facendo contro il referendum relativo al blocco delle trivellazioni entro 12 miglia dalla costa, peraltro, non sembrerebbe basarsi su dati veritieri: "Il 17 aprile io voterò ‘sì' al referendum, nonostante mi renda conto che il contenuto del quesito proposto sia parziale, perché credo che l'Italia debba investire sempre meno risorse nelle risorse fossili e sempre di più in energie rinnovabili. Le trivellazioni, peraltro, non portano né un grande riscontro economico in termini di royalties allo Stato italiano, per il petrolio si parla di circa 300 milioni di euro in un anno, tantomeno la qualità degli idrocarburi estratti è così alta da poter davvero rendere energicamente indipendente l'Italia rispetto agli altri paesi. L'Italia potrà rendersi realmente indipendente solo quando investirà in eolico, fotovoltaico, idroelettrico e riqualificazione energetica, abbandonando progressivamente le energie fossili".  

Una tesi sposata anche da Greenpeace, che la scorsa settimana ha pubblicato il rapporto "Rinnovabili nel mirino" in cui si sostiene che le politiche energetiche intraprese dal governo Renzi in questi ultimi due anni abbiano affossato gli investimenti nel settore delle rinnovabili, causando un vero e proprio crollo dal punto di vista economico e rendendo l'Italia il fanalino di coda nel mondo.

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