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Caso firme false M5S, la deputata regionale La Rocca confessa il reato in Procura

La deputata regionale Claudia La Rocca ha confessato ai magistrati titolari delle indagini relative al caso firme false del Movimento 5 Stelle di Palermo di aver materialmente partecipato alla falsificazione degli atti e ha inoltre fatto i nomi di altri esponenti coinvolti nella vicenda: l’onorevole Claudia Mannino e l’aspirante sindaco di Palermo Samantha Busalacchi.
A cura di Charlotte Matteini
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Il caso delle firme false del Movimento 5 Stelle di Palermo è a una svolta: è arrivata una confessione in piena regola, che potrebbe provocare un vero e proprio terremoto politico all'interno del Movimento fondato da Beppe Grillo. Claudia La Rocca, 35 anni, deputata dell'Assemblea regionale siciliana nonché attivista, all'epoca dei fatti, che materialmente ricopiò parte di quelle 2000 firme false, si è pentita e ha parlato, spiegando tutto quello che c'era da sapere per corroborare le accuse mosse da alcuni ex attivisti del M5S e dal programma televisivo Le Iene. La La Rocca non è stata chiamata a testimoniare dai magistrati, ma si è presentata spontaneamente, intenzionata a spiegare ciò che successe all'interno del Movimento 5 Stelle di Palermo nel 2012. Si è quindi auto-accusata di un reato che prevede una pena che va dai 2 ai 5 anni di reclusione, reato che – stando al testo unico del 1960 – prevede l'incriminazione non solo di chi materialmente si è adoperato a falsificare "un atto collegato a una consultazione popolare", ma anche di tutte quelle persone che grazie al reato commesso hanno potuto trarne dei benefici. In tutto, calcolando a spanne, potrebbero finire nel registro degli indagati circa 30 attivisti del Movimento 5 Stelle.

La giovane deputata regionale del Movimento 5 Stelle ha quindi ammesso di aver fatto parte di quel gruppo di attivisti che, per rimediare a un errore commesso durante la compilazione delle liste elettorali a sostegno della candidatura di Riccardo Nuti a sindaco di Palermo, hanno materialmente ricopiato su un altro atto le firme degli oltre 2000 sottoscrittori della lista per non rischiare la completa invalidazione della candidatura. Il procuratore aggiunto Bernardo Petralia e il sostituto Claudia Ferrari hanno spiegato alla deputata regionale che quello che stava confessando era un reato grave e che avrebbe potuto dar luogo a pesanti conseguenze. Stando alle iniziali confessioni, oltre alla La Rocca, sarebbero coinvolte nello scandalo firme false anche due altre esponenti di spicco del Movimento 5 Stelle, già accusate da Vicenzo Pintagro durante il servizio andato in onda su Mediaset: l'onorevole Claudia Mannino e Samantha Busalacchi, attualmente aspirante alla carica di sindaco del capoluogo siciliano.

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