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Caso firme false, la Procura chiude l’indagine: tre parlamentari M5S rischiano il processo

La Procura di Palermo ha chiuso le indagini relative al caso delle firme false presentate da alcuni attivisti pentastellati per le elezioni del 2012. Quattordici indagati totali, tra cui i parlamentari Giulia Di Vita, Claudia Mannino e Riccardo Nuti. Le accuse contestate vanno dal falso materiale all’uso di sottoscrizioni falsificate.
A cura di Charlotte Matteini
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La vicenda giudiziaria relativa alle firme false presentate nel 2012 da alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle palermitano a sostegno della candidatura a sindaco del capoluogo siciliano di Riccardo Nuti, oggi parlamentare nazionale, sta volgendo al termine o, per essere più precisi, all'inizio di una saga giudiziaria che potrebbe portare numerosi problemi all'interno del M5S. La Procura di Palermo ha annunciato oggi di aver chiuso l'indagine aperta a ridosso dello scandalo mediatico fatto scoppiare da un'inchiesta condotta dalla iena Filippo Roma, nell'ambito della quale sono indagate quattordici persone tra parlamentari e attivisti del Movimento 5 Stelle, oltre al cancelliere del tribunale che materialmente, secondo le accuse, autenticò le firme false. Con l'indagine appena conclusa gli inquirenti hanno sostanzialmente evidenziato l'esistenza dei presupposti per la contestazione della violazione della legge regionale del 1960 che recepisce il testo unico nazionale in materia elettorale e regola, appunto, le fasi per la presentazione delle liste di candidatura.

La tesi della Procura, corroborata da diverse testimonianze e da alcune prove documentali prodotte dai consulenti ingaggiati durante la fase di indagine, sostanzialmente sostiene l'ipotesi che i documenti elettorali siano stati falsificati in seguito a un errore di compilazione. Per rimediare allo sbaglio, un nominativo riportato in maniera errata, e non incorrere nell'invalidazione di tutta la lista, un gruppo ristretto di attivisti avrebbe provveduto a ricopiare tutte le firme raccolte in un altro modulo, presentando poi quello contraffatto per la validazione in tribunale. Stando poi a una perizia grafologica condotta nel gennaio 2017, le duecento firme scelte a campione tra le 1.400 depositate allora dagli attivisti pentastellati sarebbero risultate tutte false. A 11 indagati, Samanta Busalacchi, le parlamentari Giulia Di Vita e Claudia Mannino, Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e i deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca, il pubblico ministero contesta la falsificazione materiale delle firme. Per il parlamentare nazionale Riccardo Nuti invece non ci sarebbe la prova della commissione del falso materiale e a lui i pm contestano l'uso delle sottoscrizioni ricopiate.

Il tredicesimo indagato è invece il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello, che è accusato di avere dichiarato il falso autenticando le firme consegnate dai 5 Stelle, firme non raccolte in sua presenza come invece prevede la legge. Il quattordicesimo e ultimo indagato, in concorso con Scarpello, è invece Francesco Menallo, l'avvocato ed esponente dei 5 Stelle che consegnò materialmente le firme al pubblico ufficiale.

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