Quante probabilità ci sono che il vicepresidente ed il presidente del Consiglio dei ministri abbiano bisogno di un incontro formale ed ufficiale per ragionare sugli equilibri interni al Governo, in vista di una imminente crisi politica legata alla possibilità che il leader del principale partito del centrodestra possa essere dichiarato decaduto dalla sua carica parlamentare? La risposta appare scontata, così come del resto non sono poi così nascoste le ragioni che hanno portato Letta ed Alfano ad annunciare in pompa magna un "faccia a faccia chiarificatore" sul complesso delle questioni che agitano la maggioranza di Governo. Il punto infatti è capire quanto sia Enrico Letta che Angelino Alfano sono pronti a sacrificare in nome della sopravvivenza dell'esecutivo.
Alfano è reduce dal vertice con il Cavaliere, durante il quale avrebbe prevalso la volontà di forzare la mano, mettendo il Partito Democratico di fronte alle proprie responsabilità e spingendo il Colle a rivedere la sua posizione di chiusura sulla questione "agibilità politica". La strategia consisterebbe nella formulazione di obiezioni alla costituzionalità della legge Severino (in modo da evitare un rischiosissimo voto nella giunta per le Elezioni del Senato) e contemporaneamente spingere il Colle a commutare la pena per Berlusconi. Una linea che peraltro il vicepremier condivide solo in parte, facendo parte del cosiddetto gruppo delle "colombe" ed essendo orientato ad appoggiare il progetto di Gianni Letta: spingere per un esame approfondito da parte della Giunta in modo da guadagnare mesi di "agibilità politica" e aver tempo per impostare provvedimenti per via legislativa.
Letta invece è stato sostanzialmente costretto ad alzare la voce nelle ultime ore, anche a causa del pressing del suo partito, con il segretario Epifani determinato a tener dritta la barra, nonostante qualche voce dissonante all'interno della dirigenza democratica. Il ragionamento è semplice: cedere in maniera così aperta e chiara sulla decadenza del Cavaliere sarebbe uno schiaffo insopportabile per elettori e militanti democratici, già costretti ad ingoiare il boccone amaro delle larghe intese; mentre sul futuro del Governo può garantire la benedizione di Napolitano (che avrebbe fatto capire di non essere intenzionato a sciogliere le Camere nemmeno con l'addio del Pdl alla maggioranza) e, come extrema ratio, anche nel caso di caduta dell'esecutivo la responsabilità ricadrebbe essenzialmente sul Pdl.
Ecco allora che l'incontro di oggi serve da un lato per mostrare "disponibilità reciproca al confronto", dall'altra per ricomporre un canale di comunicazione ufficiale e tentare di riportare su piani distinti l'azione del Governo e gli equilibri fra le forze politiche (non è un caso che mancheranno i capigruppo), infine per provare ad impostare una via d'uscita morbida. Missione complessa, impossibile per alcuni. Ma, come abbiamo ormai imparato a memoria, le vie del compromesso sono davvero infinite.