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Rigopiano, il caos dei soccorsi: “Risate un’ora prima della valanga”

I ritardi e le omissioni nei soccorsi prima della valanga che ha distrutto l’Hotel Rigopiano facendo 29 morti sono al centro dell’inchiesta della Procura di Pescara secondo la quale ci sono evidenti contraddizioni nella ricostruzione dei fatti da parte dei responsabili della macchina dei soccorsi.
A cura di Antonio Palma
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Telefonate concitate tra i responsabili dei soccorsi, pressioni politiche per far intervenire i mezzi in zone specifiche usando proprie conoscenze, nessun coordinamento e addirittura il rifiuto di far intervenire l'esercito per dare una mano. È il caos che emerge dalla gestione dell'emergenza in Abruzzo e nella Provincia di Pescara prima della tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola in cui lo scorso gennaio morirono 29 persone travolte da una valanga. A ricostruire quei concitati momenti dell'emergenza sono le intercettazioni contenute negli atti dell'indagine sulla tragedia, consegnati poche ore fa alle difese dei 23 indagati e ai legali delle 29 vittime.

"Ci sono evidenti contraddizioni nella ricostruzione dei fatti", spiegano carabinieri forestali che stanno indagando sulla tragedia di Rigopiano. In particolare i militari fanno riferimento al mancato coordinamento dell'emergenza da parte del prefetto Francesco Provolo che, successivamente alla tragedia, "elencava tutte le operazioni effettuate dalla Prefettura di Pescara già dal 16: ovvero l’apertura della sala operativa e l’insediamento del centro di coordinamento dei soccorsi e la convocazione del comitato operativo viabilità", ma che in realtà sarebbe una "circostanza già smentita nelle evidenze investigative". Il Centro di Coordinamento soccorsi per il maltempo che ha colpito il Pescarese, secondo le testimonianze raccolte dai militari, infatti, è stato aperto “non prima delle 12 del 18 gennaio”. Un ritardo che ha reso la situazione ingestibile come ammetteva il responsabile della Protezione Civile della Provincia di Pescara, Paolo D'Incecco, in una telefonata intercettata.

Sono proprio le telefonate, intercettate nell'ambito di un'altra indagine in Abruzzo, a fornire alla Procura uno spaccato di quanto accaduto nelle ore immediatamente precedenti alla valanga. In una conversazione il presidente della Provincia Antonio Di Marco si infuria con D'Incecco: “Paolo! In questo momento c'è gente che può perire!. Nell'area Vestina e in particolare sulla Maiella e a Sant'Eufemia, il compitino non è più la strada provinciale. Con il Prefetto siamo rimasti che se necessario intervengo sulle comunali”. A questo punto l'ingegnere lo avverte: “Se devi intervenire sulle comunali, devi far venire l'esercito”.

Ad opporsi all'intervento dell'esercito però sarebbe stato il Prefetto. “Adesso noi dobbiamo fare prima le strade e le scuole, dopo aiutiamo il territorio…fa venire l'esercito, fa venire gli elicotteri…” si sfoga D'Incecco parlando con un consigliera provinciale che però risponde: " Il Prefetto ha detto no! Con una certa nonchalance il Prefetto, secondo il mio punto di vista, sta sottovalutando lo stato di emergenza…”.  Lo stesso ingegnere però sarebbe stato subissato di richieste da parte dei sindaci che volevano spalaneve e turbine per liberare le loro strade.

Non solo, anche dall'alto sarebbero arrivate chiamate per spingere i mezzi verso alcune zone specifiche aumentano il caos  con mezzi inviati in zone dove non erano urgenti, fatti tornare indietro o impegnati in tratti secondari. Dagli atti sembra che la turbina che avrebbe dovuto sgombrare la via di fuga dall’Hotel sia stata mandata altrove. Nella informativa del Noe infatti si sottolinea "come sia emerso con forza un esubero di mezzi in attività ad Atri il giorno 17", rispetto ad altri centri come Rigopiano. Ce n’è "uno messo a disposizione da Strada dei Parchi rimandato indietro".

"La gente sta morendo e voi non vi rendete conto" sbotta  in una delle intercettazioni  il consigliere regionale di Forza Italia, Lorenzo Sospiri, parlando con Claudio Ruffini, a quell'epoca segretario del presidente della Regione, Luciano D'Alfonso. Ruffini e D'Alfonso non sono indagati per Rigopiano, ma solo citati in queste conversazioni raccolte nell'ambito un'altra inchiesta sugli appalti della Regione. "Qui conteremo i morti per carenza di soccorsi, forse non vi state rendendo conto", ribadisce in un sms inviato sempre  a Ruffini anche Giuseppina Manente, ufficio stampa della Provincia di Teramo. "Deve essere rimarcato che il presidente Luciano D'Alfonso aveva delegato Claudio Ruffini alla gestione dei mezzi spazzaneve e delle cosiddette turbine", spiega l'informativa del Noe che ricostruisce le conversazioni avvenute a livello di dirigenza regionale nelle giornate del 17 e 18 gennaio, fino alle prime ore del 19 gennaio. Il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, alle 15,01 del 18 gennaio chiama Ruffini "che non risponde e né richiamerà'", rileva l'informativa, concludendo: "Nessun commento è necessario ad evidenziare ulteriormente come Ruffini non abbia né risposto né richiamato il sindaco di Farindola quando questi aveva tentato di contattarlo ben prima della terribile nota slavina".

Risate un'ora prima della valanga

Dalle intercettazioni  è emersa anche un'altra telefonata tra il dirigente della protezione civile e un dipendente dell'Anas, Carmine Ricca, che fa rifermano proprio alla situazione di Rigopiano. "E insomma, mica deve arrivare a Rigopiano? Perché se dobbiamo liberare la Spa, al limite ci andiamo a fare pure il bagno", scherza infatti l'addetto, ridendo al telefono poco più di un'ora prima che una valanga travolgesse l'Hotel Rigopiano di Farindola. Una battuta accolta con una risata anche dal suo interlocutore, Paolo D'Incecco, col quale parla della possibilità di distaccare una turbina, che ritengono stia operando nel circondario di Penne. "Cioè, ho capito che dobbiamo arrivare fin lì, però insomma è una bella tirata, lo sai meglio di me", insiste l'uomo ne telefonata intercettata alle 15.35 del 18 gennaio scorso. "Quanto tempo… oggi pomeriggio non si può fare niente?", insiste il dirigente.  Ricca risponde: "Mo, penso… oggi… la Madonna che c'è qua… eh… mò penso no". D'Incecco a quel punto chiede se se ne parli per la mattina seguente e il dipendente dell'Anas conferma che "sì, almeno domattina, anche perché quello con la turbina fino a mo' ha faticato…".

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