Con buona pace dei pessimisti e degli amanti delle teorie complottiste che stigmatizzano da alcuni giorni l’introduzione delle “Cacs” (clausole di azione collettiva) nei titoli di stato di nuova emissione e scadenza superiore all’anno, in base al trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (Esm, il fondo “salva stati” europeo che ha sostituito l’Esfs) recepito dalla legislazione italiana, il Tesoro ha annunciato ieri la chiusura anticipata, oggi, della quarta emissione di Btp Italia, che nella prima giornata ha raccolto sottoscrizioni per 8.984.117.000 euro. La chiusura anticipata avverrà il 16 aprile 2013 alle ore 17,30. Pertanto, precisa una nota del Tesoro, “per l’intera giornata di mercato di domani (oggi, ndr) sarà ancora possibile sottoscrivere il Btp Italia e saranno soddisfatte per intero tutte le proposte irrevocabili di acquisto di questo titolo immesse sul Mot e che abbiano determinato la conclusione di contratti entro la data ed ora di efficacia della chiusura anticipata”.
Il boom di sottoscrizioni di questo nuovo Btp Italia, nonostante il rischio di un downgrade di Moody’s che da settimane grava sul debito pubblico italiano e l’allungarsi dei tempi necessari a vedere la formazione di un governo in grado di affrontare i problemi di un paese sempre più allo stremo, non è una sorpresa. Da una parte il rendimento minimo garantito, pari a 2,25% reale, è decisamente consistente in un momento in cui la repressione fiscale europea ha fatto crollare l’inflazione sotto il 2% in Italia (parametro cui è indicizzato il Btp Italia, a differenza dei Btp€i, indicizzati all’inflazione armonizzata europea), dall’altro la fame di rendimenti “certi” è cresciuta in queste ultime settimane, tanto più dopo la decisione della Bank of Japan di raddoppiare la creazione di base monetaria da qui al prossimo biennio aumentando gli acquisti di titoli di stato giapponesi, una mossa che ha generato una corrente di acquisti su tutti i maggiori mercati obbligazionari, compreso quello italiano (col Btp decennale guida che ha visto il rendimento scendere attorno al 4,3%-4,4% con uno spread su Bund che oscilla tra il 3% e il 3,1% a seconda dei giorni).
A spingere la domanda potrebbe poi contribuire la tensione che torna a crescere dopo l’attentato di Boston di ieri e il fattore stagionale che tradizionalmente è sfavorevole ai mercati azionari per buona parte del periodo estivo e che in molti quest’anno pensano potrebbe già manifestarsi da questa settimana, almeno in mercati più fragili e meno sviluppati come quello italiano, dove non è che avete molte alternative a una manciata di grandi capitalizzazioni (in larga parte banche o assicurazioni) e dunque se volete tutelare il vostro capitale da fasi economiche non particolarmente esaltanti non potete attuare una strategia di rotazione del portafoglio, bensì dovete decidere se vale la pena scommettere su titoli azionario esteri o non sia meglio mettere i soldi “al sicuro” (finché non riemergeranno le sempre presenti tensioni sul debito, ossia fino al 2015 circa come ho già ricordato) su qualche redditizio titolo di stato.
Ma con T-bond che rendono, in dollari, tra lo 0,22% lordo annuo a due anni e il 2,90% lordo annuo sui titoli a 30 anni, piuttosto che Bund che oscillano, in euro, tra lo 0,01% a 2 anni e il 2,17% sulle scadenze trentennali, non è che ci sia molto da scegliere neppure qui, salvo che non temiate catastrofi (o prelievi forzosi, cui forse, ma non è detto, potreste sottrarvi soltanto detenendo i vostri capitali all’estero). Così il Tesoro italiano continua a trovare ampie platee di risparmiatori, sia istituzionali sia retail, per collocare i propri titoli di debito ed è un bene, visto che come alla fine dello scorso marzo erano in circolazione, solo considerando i titoli che scadranno nel corso del 2013 e andranno dunque rinnovati, 189,255 miliardi di Bot, 23,042 miliardi di Ctz, 117,395 miliardi di Btp, 14,259 miliardi di Cct,più 3,714 miliardi di altri titoli di stato, per un totale di 347,665 miliardi. Una cifra che in assenza di crescita dovrebbe spaventare molto più che non l’inserimento, o meno, di clausole di azione collettiva.