La Roma “brutta sporca e cattiva” della periferia delle baracche e delle roulotte, con la sua miseria e solitudine infinita, con i suoi grigiori e i suoi indicibili segreti, è lo sfondo della storia di Bruno Romano, 12 anni, scomparso il giorno di Santo Stefano di 22 anni fa dal quartiere Africano. Bruno era iscritto alla scuola elementare ‘Guido Alessi', dove aveva appena iniziato la quarta elementare. Alto poco meno di 1 metro e 50, magro con un folto ciuffo di capelli sulla fronte, era un ragazzino scaltro, vivace, precocemente maturo. Il 26 dicembre Bruno esce dalla roulotte vicino al Ponte delle Valli, dove vive con i genitori e gli otto fratelli, e s'incammina verso viale Somalia, per andare a trovare la nonna. È li che si perdono per sempre le sue tracce.
La stazione Termini
Si scava nella vita della famiglia Romano, ma non emerge nulla, salvo piccoli contrasti con altri occupanti del campo. Le indagini sulla sua scomparsa giungono a una svolta quando la Procura di Roma scopre che il piccolo Bruno frequentava gli ambienti della prostituzione omosessuale della stazione Termini. È lì che uomini di qualunque età e condizione sociale vanno in cerca di baby-prostituti, ragazzini stranieri e italiani, nomadi a volte, ma sempre privi di qualsiasi riferimento sociale. Bruno ha una famiglia, otto fratelli con cui passa molto tempo, qualcuno, però, potrebbe averlo adescato proprio mentre giocava con i fratellini tra le roulotte. Qualcuno con un aspetto rassicurante, distinto, come il fotografo di mezza età che i suoi fratelli dicono di aver visto aggirarsi nel campo. Ha scattato loro diverse foto, istantanee in bianco e nero che catturano la vita quotidiana del campo, i volti e i sorrisi dei bambini che passano le loro giornate all’aperto. Quest’uomo, tuttavia non viene identificato.
Il giro della pedopornografia
Passano due anni, le speranze di trovare Bruno si allontanano sempre di più, fin quando, nel 1997, una “fonte fiduciaria qualificata” della Procura di Roma, fa delle rivelazioni sul caso. Un’informativa controfirmata dall’allora vicequestore Nicola Calipari e diffusa poi dal programma ‘Chi l'ha visto?', parla di un “Soggetto economicamente benestante con ufficio-studio nel quartiere Africano della Capitale”. Un fotografo, anche questo, “dedito a pratiche sessuali pedofile unitamente alla sua convivente” e abituato a riprendere “con la propria telecamera i suoi rapporti perversi con i bambini”. Materiale diffuso poi in un circuito di pedopornografia. Il fotografo – si legge nel documento – avrebbe avvicinato Bruno qualche giorno prima insieme alla compagna e poi lo avrebbe rapito e ”costretto a subire rapporti sessuali, con la partecipazione di un suo amico omosessuale”.
Chi è Marco Fassoni Accetti
In questo spaventoso resoconto si legge anche il nome del personaggio descritto: è Marco Fassoni Accetti, già noto alle autorità, come si legge nell’informativa, per “estorsione, sequestro di persona e omicidio". La polizia perquisisce la casa del fotografo, trova solo una foto che ritrae una bambina con indosso solo un paio di mutandine. Accetti spiega che la foto è stata scattata alla presenza dei genitori e faceva parte del materiale da mandare all’Agenzia Ofelia, che seleziona bambini che lavorano nel mondo dello spettacolo (l’agenzia smentisce di essersi mai avvalsa del contributo di un fotografo esterno e mai di quello di Marco Accetti, ndr.).
L'omicidio di Jose Garramon
Non ci sono prove del suo coinvolgimento in un circuito pedopornografico ma nel suo passato c'è una brutta storia. Una condanna a un anno di reclusione per l’omicidio di Jose Garramon, 12 anni, figlio dell'ambasciatore uruguaiano a Roma. Il 20 dicembre 1983, mentre si cercava Emanuela Orlandi, Accetti fu arrestato per avere investito il ragazzino nella pineta di Castelporziano, a Ostia. Il fotografo fu fermato dalle forze dell’ordine nella zona della pineta, dove era tornato, a suo dire, a prendere le attrezzature fotografiche, con i vestiti ancora sporchi di sangue. Non negò di aver investito con il suo furgone il ragazzo e di averlo lasciato sulla strada. È proprio la dinamica di quello strano incidente a insospettire gli inquirenti che indagano, 12 anni dopo, sulla scomparsa di Bruno Romano. Perché Jose, che era uscito dalla sua casa all’Eur per andare a tagliarsi i capelli dal barbiere, si trovava a venti chilometri dal suo quartiere? Come ci era arrivato, il piccolo Garramon, da solo di notte, nella pineta delle prostitute slave e dei tossici?
Le ombre
È sempre la stessa informativa controfirmata da quel Calipari che morirà eroe a Bagdad, a dare una chiave di lettura della morte del piccolo Josè. “In passato – si legge – Accetti avrebbe simulato con un incidente stradale, la morte di un bambino straniero avvenuta nei pressi di Castel Fusano. In realtà il bambino era deceduto precedentemente, verosimilmente, a causa della sua perversione”. Quando i giudici tornano sul caso ormai la giustizia ha compiuto il suo corso. Accetti è stato processato e condannato per omicidio colposo e omissione di soccorso. Non sono stati presi in considerazione capi di imputazione relativi a un ipotetico sequestro a scopo di pedofilia o un presunto tentativo di violenza sessuale dal quale il piccolo avrebbe potuto essere stato in fuga quando fu investito.
L'epilogo
Maria Laura Bulanti, la madre del piccolo Jose è tornata in Uruguay dopo la morte di suo figlio, ma non ha mai smesso di studiare il caso e di lottare perché fosse riaperto. "Nel 2013 – ha detto in una intervista al ‘Corriere della Sera' – subito dopo che Accetti si attribuì responsabilità nel caso di Emanuela e Mirella, cominciai a farlo studiare da criminologi e psichiatri di Buenos Aires. È stato un approfondimento serio, durato mesi, e alla fine non hanno avuto dubbi. Accetti soffre di un deficit della personalità tipo borderline, con caratteristiche antisociali: è la patologia tipica degli assassini seriali". In una intercettazione anche la sorella di Marco Accetti dice del fratello “è un grave border, mio fratello è una persona molto disturbata". Nonostante i reiterati appelli della signora Garramon il caso di Jose è stato archiviato. Dopo 22 anni, la famiglia di Bruno Romano continua ad aspettare il suo ritorno.