Bollette a 28 giorni, rinviati i rimborsi: nessuna decisione prima di maggio
Ancora un rinvio. E ancora una lunga attesa per i consumatori che attendono il rimborso per le bollette a 28 giorni pagate negli scorsi anni. La questione è quella delle fatture telefoniche calcolate sulla base di 28 giorni e non di un mese, come sempre avvenuto. Questa pratica è stata abolita con la legge di Bilancio del 2017, con una norma voluta fortemente dal Pd. Ma la questione rimasta in sospeso è quella dei rimborsi per chi, in passato, ha dovuto pagare bollette più alte per questo tipo di fatturazione. E anche oggi siamo di fronte a un nuovo rinvio, come spiega la Repubblica: il Consiglio di Stato ha infatti rinviato ogni decisione a fine maggio.
Entro il 31 marzo doveva arrivare il pronunciamento del Consiglio di Stato, con cui si doveva dare il via ai rimborsi. Invece siamo di fronte a un nuovo rinvio. Palazzo Spada negli scorsi mesi ha congelato i rimborsi, in attesa delle motivazioni delle sentenze del Tar del Lazio sulla vicenda. Il Tar, infatti, aveva stabilito che i rimborsi sono dovuti ai contribuenti ma doveva poi inviare le motivazioni al Consiglio di Stato. Queste motivazioni non sono ancora state pubblicate integralmente. Mancano ancora quelle relative al caso Tim. Quindi il Consiglio di Stato non ha ancora confermato i rimborsi richiesti dal Tar nonostante la scadenza fosse fissata per il 31 marzo. Rinviando tutto a fine maggio per tutti gli operatori, anche quelli per cui le motivazioni sono già state pubblicate.
Secondo quanto stabilito dall’Agcom e confermato dal Tar del Lazio, gli utenti hanno diritto a quelli che vengono considerati giorni persi dal giugno del 2017 a fine marzo del 2018. Che vuol dire quasi un mese di canone in più versato. Gli utenti non riceveranno soldi ma vedranno spostarsi l’addebito per un numero di giorni corrispondente a quanto pagato in più. Ivo Tarantino, di Altroconsumo, contesta questo rinvio a Repubblica: “Siamo sconcertati. Un altro rinvio a un diritto dei consumatori, in una vicenda che si trascina per due anni. In questo modo diventa molto difficile difendere gli interessi dei consumatori perché, a causa di questi tempi biblici della giustizia, passa il messaggio che gli operatori possono fare quello che vogliono”.