È stato approvato alla Camera dei deputati il testo unificato delle proposte di legge sul biotestamento, ovvero “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, approvato dalla Commissione Affari Sociali e parzialmente modificato nell’Aula di Montecitorio.
Si tratta del primo passaggio parlamentare di una legge che ha avuto una gestazione lunghissima, preceduta peraltro da un dibattito ampio e complesso, che ha interessato in modo trasversale formazioni politiche e soggetti sociali. Il ddl non affronta la questione della cosiddetta “eutanasia”, che resta vietata in territorio italiano, ma si occupa del consenso informato e delle DAT, che regolano appunto le "disposizioni anticipate di trattamento".
La nuova disciplina del consenso informato prevede che “nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”. Ogni paziente ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informato in maniera chiara su diagnosi, prognosi, benefici e rischi dei trattamenti sanitari incluso le possibili alternative, ma anche delle conseguenze di un eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia a essi. Il paziente avrà comunque diritto di rifiutare tali informazioni, delegando un familiare o una persona di sua fiducia a riceverle.
Uno dei punti più controversi è quello relativo alla possibilità di esercitare in tutto o in parte il diritto di “rifiutare qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia – o singoli atti del trattamento stesso -, nonché quello di revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l'interruzione del trattamento, ivi comprese la nutrizione e l'idratazione artificiali”. Inizialmente era stata inserita una “norma di garanzia”, che sostanzialmente avrebbe impedito di rifiutare il cosiddetto accanimento terapeutico. Il comma inserito e approvato dalla Commissione recitava: “Il rifiuto del trattamento sanitario indicato dal medico o la rinuncia al medesimo non possono comportare l'abbandono terapeutico. Sono quindi sempre assicurati il coinvolgimento del medico di famiglia e l'erogazione delle cure palliative”.
Con un voto ad ampia maggioranza, però, la Camera ha abrogato tale passaggio, rendendo dunque interrompibile in qualsiasi momento la terapia. Il consenso verrà inserito nella cartella clinica e nel fascicolo elettronico del paziente e dovrà essere espresso in forma scritta (ove sia possibile date le condizioni del paziente), oppure anche in forma videoregistrata. Per quanto riguarda i minori o gli incapaci, il consenso informato al trattamento sanitario è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore; nel caso in cui ci siano dispute fra tutore e medico, la decisione spetterà al giudice tutelare.
Una delle principali questioni su cui si è dibattuto in Aula ha riguardato il ruolo del medico e la possibilità di un ricorso all’obiezione di coscienza. Il testo approvato contiene un passaggio poco chiaro e suscettibile di diverse interpretazioni, tanto che in molti hanno parlato di “obiezione di coscienza mascherata”. Con un emendamento, infatti, si è stabilito che il medico, a fronte di una richiesta di rifiuto del trattamento sanitario, è esente da ogni responsabilità civile o penale ma “non ha obblighi professionali” (mentre resta confermato il divieto per il paziente di “esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali”). Cosa nel concreto comporti questa modifica non è chiarissimo, per la verità, ma in Aula, in particolare da parte del M5s, sono stati sollevati dubbi relativi alla possibilità che si verifichino molti casi di “obiezione”, rendendo nella pratica complessa la possibilità di accettare la volontà del paziente.
I deputati cattolici protestano: "Morte per fame e per sete"
"La Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento. Noi ci siamo opposti con tutte le nostre forze perché con esso vuole fare entrare nel nostro ordinamento giuridico l’eutanasia e vi entra nel modo più barbaro: la morte per fame e per sete. La battaglia però non è finita. Essa continua al Senato dove i rapporti di forza sono diversi e noi contiamo che i colleghi del Senato la proseguano fino alla vittoria", si legge nella nota diramata dai deputati cattolici Paola Binetti e Rocco Buttiglione (Udc), Raffaele Calabrò (Ap), Benedetto Fucci (Cor), Gianluca Gigli (Des-Cd), Cosimo Latronico (Cor), Domenico Menorello (Civici e Innovatori), Alessandro Pagano (Lega Nord), Antonio Palmieri (fI) , Eugenia Roccella (Idea) e Francesco Paolo Sisto (Fi). "Offriamo la nostra unità a quanti condividano con noi la volontà di difendere i valori umani e cristiani che stanno alla base della cultura del nostro popolo. Li invitiamo a fare in modo che il Senato possa sentire, prima di decidere, la forza della loro voce".
Cosa cambia con le DAT, disposizioni anticipate di trattamento
Le DAT sono disciplinate dall’articolo 3 del provvedimento e definite come “l'atto in cui ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”. In poche parole, con la DAT ogni cittadino maggiorenne può indicare “anticipatamente” le proprie volontà nel caso in cui si trovasse nella condizione di non poter decidere di se stesso. È il modo per indicare la volontà di non essere tenuto in vita artificialmente, ad esempio, nei casi di coma profondo e irreversibile. Con le DAT si può indicare anche un fiduciario, chiamato a decidere qualora la persona si trovasse in condizione di non potersi autodeterminare.
Vale la pena di sottolineare che il medico “è tenuto al rispetto delle DAT che possono essere disattese in tutto o in parte dal medico stesso, in accordo con il fiduciario, solo quando sussistano terapie non prevedibili all'atto della sottoscrizione delle DAT capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”; se, in tal caso, ci si trovasse di fronte a un contrasto fra fiduciario e medico, sarà il giudice a decidere.
Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o scrittura privata e non ci sarà alcun obbligo di registrazione, di pagamento di bollo o tasse di qualunque tipo. Dopo la sottoscrizione, le DAT possono essere modificate, revocate o rinnovate in qualunque momento.
Rispetto alla possibilità di sottoscrizione delle DAT, il mondo cattolico si è già mobilitato e, come vi abbiamo raccontato, alcuni ospedali hanno già fatto sapere di non voler "accogliere" pazienti che abbiano sottoscritto le DAT. Una possibilità sulla cui liceità a norma di legge ci sono forti dubbi, dal momento che la convenzione fra SSN e strutture private obbliga questi ultimi al rispetto delle leggi dello Stato.