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Bersani in un vicolo cieco. E Grillo e Berlusconi sono già in campagna elettorale

La strada stretta scelta dal segretario del Partito Democratico sembra non poter portare che alle urne il Paese nel modo più traumatico possibile. E insistere con l’apertura al Movimento sembra solo un modo per allungare i tempi della crisi…
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Cosa si saranno detti Bersani e Napolitano nel lungo colloquio che ha portato all'ottenimento del mandato "condizionato" non è dato sapere. Con ogni probabilità il clima non sarà stato quello dei giorni migliori ed il segretario democratico avrà trattenuto a stento il nervosismo. Del resto, che la responsabilità dello stallo sia da ascrivere in parte alle decisioni dello stesso Capo dello Stato (incarico a Monti, election day, mancate dimissioni e via discorrendo), è cosa che Bersani e parte dei dirigenti democratici pensano da tempo. Senza poterlo dire, peraltro.

Alla fine Bersani ha avuto il via libera per l'ultimo disperato tentativo: presentare un esecutivo di livello assoluto, con un pacchetto di riforme radicali e sperare che qualcosa cambi. Speranza praticamente nulla, almeno considerando come si sono mossi gli altri leader negli ultimi giorni. Grillo ha serrato le fila, inasprendo i toni dello scontro e riposizionando sulle barricate il Movimento 5 Stelle. Il piano di battaglia è chiarissimo: nessuna commistione, nessuna convergenza, pochissimo margine per dialogare. L'obiettivo è il colpo grosso alle prossime politiche, cui arrivare con il vessillo della purezza e dell'alterità rispetto alla vecchia politica, fatta di inciuci, compromessi e accordi sottobanco. Una linea che sembra far passare in secondo piano il rischio dell'occasione "persa" per fare quelle riforme e portare i 5 Stelle "dal nulla al Governo del Paese".

Berlusconi ha invece scoperto le carte con ampio margine, esplicitando la sua offerta a Bersani. Un governo Pd – Pdl (con o senza Monti non ha importanza) per dare stabilità al Paese e "annacquare la minaccia a 5 Stelle". In cambio, un moderato al Colle, la rinuncia ad alcuni provvedimenti (conflitto di interessi su tutti) e segnali chiari sul fronte della giustizia. Altrimenti, subito al voto, per una campagna elettorale "epocale". Dall'altra parte delle barricate, per capirci.

Che non ci siano i margini per una intesa, sembrerebbe abbastanza evidente. Anche perché, dopo le due manifestazioni di sabato, appare sempre più netta la distanza fra gli schieramenti ed il Pd non può consegnarsi né all'abbraccio mortale con il Pdl (che aprirebbe la strada alla liquefazione del consenso alle prossime elezioni), né ad una alleanza "saltuaria" con i 5 Stelle (che del resto non ne hanno alcuna intenzione). A cosa punta, dunque, Bersani? Ad arrivare ugualmente al voto di fiducia, magari aspettandosi un favore (leggasi uscita dall'Aula) da un buon numero di franchi tiratori? A farsi sfiduciare al Senato in modo da accelerare il caos politico ed andare alle urne "senza responsabilità"? A suggellare la fine dell'esperimento, cercando di imputare la colpa del mancato cambiamento ai 5 Stelle? O ancora, a certificare l'impossibilità di una guida politica e ad aprire la strada ad un "governo del Presidente", con determinate garanzie per i democratici (sulla durata, soprattutto)?

Difficile dirlo, anche perché in mezzo c'è sempre l'elezione del Presidente della Repubblica, che potrebbe cambiare in corsa gli equilibri. E soprattutto perché i tempi tecnici difficilmente consentirebbero di andare alle urne in un arco di tempo ragionevole. Insomma, la strada stretta scelta dal leader del Pd è diventata un vicolo cieco. E Bersani non può nemmeno tornare indietro.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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