Non poteva certo passare inosservato l'ultimo, per certi versi clamoroso, sfogo di Silvio Berlusconi contro i puntigliosi suggeritori che influenzerebbero le decisioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Dichiarazioni peraltro in netta controtendenza rispetto alla nuova linea del copione berlusconiano che prevede un lento accantonamento dei toni polemici ed il doppio binario dell'azione di Governo e del ritorno ai "vecchi e cari temi del '94", con prese di posizione volte a recuperare il consenso perduto specie tra l'elettorato moderato e conservatore. Per questa ragione lo sfogo (spontaneo o programmato che sia…) nei confronti "dell'enorme staff che circonda il Capo dello Stato" e che impedirebbe una certa "fluidità" nei rapporti col Quirinale, non può che avere radici profonde e motivazioni che prescindono dalla stretta attualità politica.
Sulla questione riflette, con un pezzo di rara capacità "evocativa", su La Stampa Marcello Sorgi, che in particolare rileva il "bersaglio" dell'attacco del Cavaliere in primo luogo nella figura di "Gaetano Gifuni, l'indimenticabile braccio destro di due Capi dello Stato come Scalfaro e Ciampi, uscito dalla prima linea e divenuto oggi, con Napolitano, segretario generale onorario". La "memoria vivente delle due Repubbliche" sarebbe uno degli avversari storici del Presidente del Consiglio, fin dalle lontane dimissioni del '94, rassegnate con la "speranza – assicurazione" di elezioni anticipate che invece non ci furono, con un Governo tecnico che nella visione dei berluscones, spianò la strada al successo elettorale di Romano Prodi.
Insomma, "Don Prudenziano" (come soprannominato il silente funzionario del Quirinale) sarebbe una delle eminenze grigie che rivestono un peso rilevante e finanche decisivo negli equilibri istituzionali, da sempre considerati un limite all'azione diretta dell'Esecutivo e finanche "un vincolo insormontabile ad un processo di trasformazione e di riforma della macchina dello Stato" (tanto per citare uno dei cavalli di battaglia della propaganda del centrodestra). Così allo stesso modo "del consigliere per gli affari finanziari Giuseppe Fotia, il «signor No» della copertura finanziaria delle leggi […] e del consigliere per gli affari dell' amministrazione della giustizia Loris D'Ambrosio, magistrato di grande esperienza già al vertice del ministero della giustizia prima di salire sul Colle", che il Cavaliere considera veri e propri avversari politici di primo livello.
Insomma, nonostante l'ostentata serenità ed il ritrovato "entusiasmo del fare", il clima che si respira a Palazzo Chigi si fa giorno dopo giorno più pesante, con la forte sensazione di uno strappo istituzionale non più ricucibile. Del resto, il cambio di passo si riflette anche nella scelta di accelerare il cammino parlamentare di provvedimenti come il processo breve, ma soprattutto nel ricorso alla fiducia sia per quanto riguarda l'approvazione del Decreto Milleproroghe 2011 che del federalismo fiscale. Non a caso due provvedimenti che negli ultimi mesi erano stati oggetto di rilievi da parte del Colle…