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Berlusconi dopo la maxi multa dell’Agcom: ”Non mi fanno parlare”. Da Bossi pernacchia sul referendum

Il Cavaliere si è detto contrariato della sanzione di 800 mila comminata dall’agcom a seguito del suo discorso a reti unificate di venerdì scorso. Intanto Bossi si è espresso su Ministeri a Nord e Referendum.
A cura di Biagio Chiariello
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Bossi-Berlusconi

E' furioso Berlusconi. Ieri i principali Tg italiani sono stati multati dall'Agcom per la somma di 800 mila euro, a seguito del suo discorso a reti unificate dello scorso 20 maggio. La sanzioni pecuniaria non è andata giù a Silvio che tuona: "Ogni mia parola costa 800 mila euro di multa … siamo all’assurdo. Mi impediscono di parlare," avrebbe detto il Presidente del Consiglio parlando in aula con alcuni colleghi del Pdl, mentre erano in corso le votazioni sulla fiducia al decreto omnibus. E mentre l'ADUC (associazione per i diritti degli utenti e consumatori), chiarisce che saranno proprio i contribuenti a pagare, almeno per ciò che riguarda i 358 mila euro delle multe Rai ("E' una partita di giro, l'utente paga il canone al ministero dell'Economia, questo lo gira alla Rai, che viene sanzionata dall'Agcom, la cui multa finisce nelle casse del ministero dell'Economia"), Silvio Berlusconi sostiene l'ennesimo complotto nei suoi confronti. Stavolta il dito è puntato ovviamente contro l’Autorità Garante delle Telecomunicazioni.

Intanto nel suo nuovo messaggio agli elettori del Pdl (postato in questo caso sul suo canale YouTube e sul sito dello stesso partito), il Cavaliere ha mantenuto invariata la linea della campagna elettorale per i ballottaggi del 29 e 30 maggio: "Non possiamo immaginare un’Italia governata dalla sinistra e condizionata da una sinistra estrema", ha detto Berlusconi prima di soffermarsi sulla situazione nei due principali comuni italiani, dove Pisapia e De Magistris rappresentano solo un ostacolo allo sviluppo per l'Italia. "A Milano non si può consegnare la città alla sinistra più radicale, dobbiamo spiegare ai milanesi che il sindaco di estrema sinistra è incompatibile con l'Expo e dannoso per i milanesi perché con la sua amministrazione aumenterebbero le tasse e ci sarebbe più immigrazione e più baracche in giro degli zingari", ha detto il premier. Per quanto riguarda invece Napoli "il nostro candidato farà uscire la città dagli ultimi 18 anni di mal governo della sinistra. Il candidato delle sinistre si propone come il nuovo ma è il vecchio che ritorna perché è sostenuto dai partiti responsabili dello sfascio di Napoli. Invece, con Lettieri, Napoli tornerà a essere la capitale del Mediterraneo, una città sicura, in cui i giovani non saranno più costretti a emigrare".

E a sentirsi forte è anche Umberto Bossi. Non per il rispolvero del suo vecchio disco Ebbro, ma per gli esiti di queste elezioni comunali: "Vinciamo noi!", ha detto il leader del Carroccio ai cronisti a proposito dello scontro Pisapia – Moratti. E a chi gli fa notare che a Roma la proposta dei Ministeri al Nord ha provocato non poche polemiche nella maggioranza, risponde in romanesco: "E te credo!," dice Bossi in romanesco, dopo che ieri la proposta, nel più puro stile del voto di scambio, era stata commentata da Alemanno con queste parole: “Compiere questo atto, tra l’altro senza neppure un voto parlamentare, sarebbe una violazione del mandato elettorale.”

"I ministeri decentrati sul territorio ci sono in tutta Europa, in Inghilterra, in Francia. Perché non ci devono essere qui?", asserisce il Senatùr. E' in gran spolvero Bossi che, sollecitato a una domanda sui prossimi Referendum del 12 e 13 giugno apre con una rumorosa pernacchia (come del resto aveva già fatto ieri nei confronti di Formigoni che dice che i Dicasteri a Milano non servono) salvo poi tornare in sé e affermare "Alcuni quesiti sono interessanti, come quello sull'acqua. Avevamo chiesto a Berlusconi di fare una legge e noi l'avremmo appoggiata poi si è messo di messo Fitto e alla fine nessuno l'ha fatta".

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