Dopo la positiva verifica in Parlamento sul caso Ruby, con una maggioranza ampliata e "quasi rassicurante" (tanto che persino Lusetti dell'Udc parla di almeno 320 deputati a sostegno del Governo) ma il contemporaneo "intoppo" sulla strada del federalismo fiscale, in casa Lega erano stati in molti a "storcere il naso". Dalla base in effetti erano giunte sollecitazioni ed accorati inviti a "staccare la spina ad un Governo impegnato solo per proteggere Berlusconi dalle inchieste della Procura di Milano", ad abbandonare "chi il federalismo non ce lo darà mai" e soprattutto a "tornare subito alle urne e far capire quale è il vero peso della Lega" (per citare solo alcuni interventi dei leghisti a Radio Padania). Un umore che aveva trovato sponda vertile in alcuni esponenti autorevoli del Carroccio, a partire dal Ministro degli Interni Roberto Maroni, prudentemente defilato allo scoppiare del ciclone Ruby e sempre fortemente critico con la linea del Cavaliere, fino ad arrivare ad un pragmatico Roberto Calderoli, il quale, a margine del pareggio in Bicamerale per il federalismo, aveva subordinato la prosecuzione dell'esperienza di Governo ad un "riequilibrio nelle Commissioni parlamentari".
Una situazione che sembra però in via di normalizzazione dopo la cena di ieri sera ad Arcore cui ha preso parte Umberto Bossi e dalla quale sembrano emergere nuovi indirizzi ed un rinnovato patto fra il Presidente del Consiglio ed il leader padano. Nella sostanza si tratterebbe di uno "scambio alla pari", come sarcasticamente hanno commentato alcuni autorevoli analisti, con Berlusconi che si impegna a procedere in maniera spedita all'approvazione del decreto sul federalismo, in cambio di una "reale disponibilità" dei leghisti ad una decisa e veloce riforma della Giustizia, vero chiodo fisso anche dei falchi del Pdl. Nella cena di ieri, alla quale erano presenti anche il Governatore del Piemonte Roberto Cota ed il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, Berlusconi sembrerebbe dunque aver garantito la volontà di procedere in maniera spedita sulla via del federalismo, malgrado le contrarietà espresse dal Presidente Napolitano ed il "non parere" della bicamerale, dando ulteriori rassicurazioni circa la solidità della maggioranza. In effetti, la campagna di allargamento della maggioranza resta in cima alle preoccupazioni del Presidente del Consiglio, con le trattative con i Radicali che sembrano a buon punto (anche se poche ore fa è arrivata una sorta di "frenata" dal gruppo di parlamentari eletti nelle fila del Partito Democratico). Allo stesso tempo però, Berlusconi pensa con sempre maggiore insistenza ad imporre al Parlamento la discussione sulla "versione riveduta e corretta" del processo breve, anche a prescindere da una (necessariamente più lunga) ampia riforma della Giustizia.
Va però detto che il tentativo di rinforzare l'asse con il Senatur rischia di saltare a causa delle pressioni di influenti personalità vicine alla Lega che fanno notare come il cammino del federalismo potrebbe essere ben più accidentato di quanto garantito nel vertice di Arcore (nel quale, per inciso si è anche parlato dell'imminente incontro con Sergio Marchionne). In effetti, stando ai soli tempi tecnici, ad esempio la Bicamerale per il Federalismo dovrebbe concludere l'analisi del provvedimento sul fisco regionale (essenziale per l'intera architettura federalista) entro la prima settimana di marzo e a quella data appare altamente improbabile che gli equilibri in commissione siano mutati. Tanto più che una eventuale modifica degli assetti di una Commissione resta prerogativa del Presidente della Camera (che tra l'altro fa sapere di non aver ancora ricevuto richiesta formale di "valutare l'equilibrio della Commissione): insomma, malgrado l'ottimismo professato negli ambienti vicini alla maggioranza la situazione resta ancora molto fluida e gli sviluppi di una crisi ormai lunga ancora tutti da decifrare.