La vicenda scoperchiata dall'inchiesta relativa alle condotte tenute dal personale del reparto di ginecologia e ostetricia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, che ha portato all'arresto di quattro ginecologi e all'interdizione dall'esercizio della professione per dodici mesi di altre sette persone, non è un caso isolato. Le violenze psicologiche e fisiche che le donne devono subire una volta giunte in ospedale per partorire sono innumerevoli. Centinaia le testimonianze rese dalle protagoniste di alcuni episodi agghiaccianti: leggendole, sembra che siano come destinate a subire trattamenti sanitari senza consenso che definire disumani e degradanti sarebbe un eufemismo. Trattate male, sbeffeggiate, zittite, insultate, abbandonate a se stesse, psicologicamente violate.
Tra abusi e umiliazioni, sono molte le donne che raccontano il proprio parto come fosse un'esperienza al confine della tortura legalizzata. Si trova veramente di tutto tra le testimonianze pubblicate sulla pagina Facebook #bastatacere, in cui vengono denunciate le storie di abuso e maltrattamenti subiti nei reparti di ginecologia e ostetricia di tutta Italia.
Storie di abusi e maltrattamenti che già nel 2014 vennero segnalate dall'Organizzazione mondiale della Sanità, che nella dichiarazione di “Prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere” parlò di trattamenti irrispettosi e abusanti perpetrati sulle partorienti di tutto il mondo. "Tale trattamento non solo viola il diritto delle donne ad un’assistenza sanitaria rispettosa, ma può anche minacciare il loro diritto alla vita, alla salute, all’integrità fisica e alla libertà da ogni forma di discriminazione", scrive OMS, invitando i paesi aderenti a "maggiori atti concreti, al dialogo, alla ricerca, e all’advocacy su questo importante tema che coinvolge la salute pubblica e i diritti umani".
"Le donne e utenti dell’assistenza alla maternità sono escluse dalle decisioni sul percorso nascita e sulle politiche sanitarie che riguardano il loro corpo e i loro bambini. Le loro voci non vengono ascoltate, eppure esse descrivono un quadro preoccupante in cui emerge che nell’assistenza alla nascita in Italia i diritti fondamentali e costituzionali non vengono rispettati", si legge nella descrizione della pagina #bastatacere, nata dall'iniziativa delle associazioni Human Rights in Childbirth Italia, La Goccia Magica, Nanay e Alma Mater, lanciata lo scorso aprile con l'obiettivo di dare voce alle donne italiane che hanno vissuto episodi di abuso e maltrattamento durante il parto. L'iniziativa, che ha raccolto oltre 20.000 adesioni in poco meno di un mese, è anche legata alla proposta di legge "Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico” presentata l'11 marzo scorso dall'onorevole Adriano Zaccagnini di Sinistra Ecologia e Libertà.
Il rispetto dei fondamentali diritti umani della madre e dei nascituri, la proposta di legge mira a introdurre questo principio nell'ordinamento giuridico italiano "perché garantire i diritti significa anche garantire sicurezza e salute". Composto da 25 articoli, il disegno di legge affronta numerose tematiche relative alla salute delle donne, dal parto cesareo, che per nessun motivo deve essere imposto senza che vi sia effettiva necessità, all'obbligo di consenso informato per autorizzare qualsiasi tipo di trattamento farmacologico o medico.
L'articolo 3 della proposta Zaccagnini dispone che venga espressamente vietato al personale medico e infermieristico di effettuare interventi di episiotomia, uso della ventosa o del forcipe, rottura artificiale delle membrane, manovra di Kristeller manuale o strumentale, manovra di Valsalva, induzione farmacologica del travaglio e ogni altra pratica lesiva dell'integrità psico-fisica della donna "fatti salvi i casi di assoluta e documentata necessità medica, alle seguenti pratiche di assistenza alla nascita" e impone di riportare correttamente nella cartella clinica della partoriente tutte le manovre e le pratiche realizzate sulla donna e sul neonato, inclusi il tempo del clampaggio e il taglio del cordone ombelicale. Manovre spesso inutili e praticate senza il consenso delle partorienti, al solo fine di risparmiare tempo, per contrarre la durata delle operazioni legate al parto e liberare più in fretta possibile le sale dedicate.
Oltre a disporre tutta una serie di norme per la tutela delle partorienti e del nascituro, il disegno di legge introduce anche il reato di violenza ostetrica, volto a punire con la reclusione da due a quattro anni chiunque compia "azioni od omissioni volte a espropriare la donna della sua autonomia e della sua dignità durante il parto", ovvero:
a) negare un'assistenza appropriata in caso di emergenze ostetriche;
b) obbligare la donna a partorire in posizione supina con le gambe sollevate;
c) ostacolare o impedire il contatto precoce del neonato con la madre senza giustificazione medica;
d) ostacolare o impedire il processo fisiologico del parto mediante l'uso di tecniche di accelerazione del parto senza il consenso espresso, libero, informato e consapevole della donna;
e) praticare il taglio cesareo in assenza di indicazioni mediche e senza il consenso espresso, libero, informato e consapevole della donna;
f) esporre il corpo della donna violando la sua dignità personale.
La presentazione di questa proposta di legge e del nuovo reato connesso non è però stata così ben accolta da Società italiana di ginecologia e ostetricia, Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani e Associazione ginecologi universitari italiani, secondo le quali "contro gli abusi in sala parto non servono nuove leggi, basta applicare in toto la normativa vigente". Il problema, fa notare Zaccagnini, è che le leggi regionali volte a regolamentare la materia non vengono rispettate e l'introduzione di una legge quadro a livello nazionale è ormai necessaria. "Il Ddl mira a proteggere i diritti fondamentali della partoriente e del neonato, in linea con l’Oms e le Convenzioni internazionali, e nella direzione della sicurezza e appropriatezza dell’assistenza alla maternità e nascita", ha dichiarato l'onorevole Zaccagnini, rispondendo alle contestazioni dei ginecologi italiani.