Banche ancora sotto i riflettori e listini azionari europei su di giri nonostante Mario Draghi abbia preferito lasciare oggi i tassi ufficiali sull’euro invariati, deludendo una parte del mercato (più precisamente WeastLB, che puntava su un taglio di mezzo punto, Bnp Paribas, Credit Agricole, Morgan Stanley e Nordbank, che invece prevedevano un calo dello 0,25%) e tornando semmai a spronare gli istituti di credito del vecchio continente affinché rafforzino i propri bilanci a fronte di uno scenario macroeconomico ancora incerto e con rischi maggiormente al ribasso, in cui la domanda di credito si mantiene modesta e che dovrebbe vedere l’inflazione restare sopra il 2% per tutto l’anno e la crescita economica ripartire solo molto gradualmente (le previsioni per il Pil europeo del 2013 sono state limate dal range iniziale di 0%-2,2% di rialzo a 0%-2%).
Se da Eurotower, che ormai da quasi tre mesi non interviene neppure più sul mercato con ulteriori acquisti di bond italiani, spagnoli o portoghesi, non sembrano poter venire nell’immediato altri aiuti “straordinari” (salvo la proroga sino “almeno al 15 gennaio 2013” delle operazioni di rifinanziamento a tre mesi, che avrebbero dovuto terminare originalmente entro metà mese e che hanno una portata ben più ridotta delle due Ltro a 3 anni lanciate a dicembre e febbraio scorso), il mercato appare tuttavia fiducioso che qualche novità stia per arrivare, dato che come detto è proseguito anche oggi il rimbalzo dei titoli del settore finanziario in tutta Europa, con nomi quali Axa, Bnp Paribas, Generali, ING Groep, Intesa Sanpaolo e UniCredit in crescita di tre o più punti percentuali sin dalla mattinata.
Draghi del resto ha lasciato intendere che la Bce è comunque pronta a fare la sua parte con nuove misure straordinarie se lo scenario macro dovesse peggiorare realmente, così come oltre oceano potrebbe fare il numero uno della Federal Reserve (la banca centrale Usa), Ben Bernanke. In più proprio oggi la Commissione Ue ha presentato il suo piano per trovare una soluzione alla crisi del sistema bancario europeo, suggerendo agli stati membri di varare una sorta di unione bancaria, basata su un maggiore coordinamento tra autorità nazionali che getti le basi di un futuro fondo di salvataggio europeo per le banche e con la possibilità di imporre perdite anche ai bondholder così da evitare il ripetersi di episodi come quello che portò al crack di Lehman Brothers nell’ottobre del 2008 in caso di crisi di un istituto di credito.
A prima vista sembrerebbe una riedizione, stavolta focalizzata sugli emittenti bancari, dell’accordo che a marzo portò i possessori di titoli di stato greci ad addossarsi “volontariamente” una perdita pari al 76% circa dei loro crediti, partecipando così per quasi 150 miliardi di euro agli sforzi internazionali per sostenere la Grecia. Per evitare “fughe” dai bond bancari la normativa non dovrebbe comunque entrare in vigore prima del 2015, il che significa decisamente troppo tardi per togliere le castagne dal fuoco alla Spagna, che a breve potrebbe ufficialmente chiedere aiuto alla Ue per ristrutturare il proprio sistema bancario, esposto per 320 miliardi di euro ad un comparto immobiliare ricco di “zombie” e dunque ad elevato rischio svalutazioni.
Sul tema, dopo le parole del ministro del bilancio spagnolo, Cristobal Montoro, che ieri ha ammesso che le “istituzioni europee” dovrebbero aiutare Madrid dato che senza aiuti europei salvare la Spagna è “tecnicamente impossibile”, è intervenuto oggi il collega titolare del dicastero delle Finanze, Luis de Guindos, precisando che Madrid non ha discusso di interventi sulle banche e resta in attesa del risultato dell’indagine lanciata per conoscere l’entità degli aiuti di cui ha bisogno il sistema (lo scoglio resta dunque attribuire una valutazione ad asset al momento non solo a rischio ma sostanzialmente senza mercato).
Per il commissario Ue al Mercato interno, Michel Barnier, la capitalizzazione diretta delle banche spagnole da parte del fondo europeo permanente “salva stati” Esm è una possibilità che va tenuta “seriamente in considerazione” per il futuro. Gli fa eco il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici, secondo cui l’Efsf (il fondo temporaneo salva stati che tra qualche mese sarà sostituito proprio dall’Esm) potrebbe già ora fornire un supporto al governo spagnolo, ma l’Europa deve rispettare la sovranità di Madrid, cui spetta decidere se sono necessari aiuti internazionali o meno.
Lo stesso Moscovici ha parallelamente voluto rassicurare che la Francia riuscirà a centrare gli obiettivi di bilancio senza ulteriori misure di austerity, il presidente del Comitato economico e finanziario del Parlamento Ue, Sharon Bowles, ha a sua volta fatto un distinguo, spiegando che la proposta odierna della Commissione Ue “potrà rivelarsi utile soltanto in futuro ma non risolve i problemi immediati”. Non serve, insomma, per la Spagna. Anche perché, osservano gli analisti, per essere adottata, la proposta della Commissione dovrà prima essere approvata dai singoli paesi e dal parlamento europeo. Ancora una volta, insomma, i tempi della politica rischiano di essere incompatibili con quelli dei mercati, che dunque continuano a sperare in un ulteriore intervento “ponte” delle autorità monetarie.