Erano 20 i Comuni capoluogo di provincia per i quali si era reso necessario ricorrere al turno supplementare di ballottaggio, dal momento che nessuno dei candidati era riuscito a superare la soglia del 50% dei voti al primo turno. Il totale dei capoluoghi al voto era di 25 (24 con popolazione sopra i 15mila abitanti), di cui 5 assegnati al primo turno: in 3 casi si era imposto un candidato del centrosinistra (Salerno, Rimini e Cagliari), in un caso il centrodestra, in un altro caso a una lista civica (Villacidro). Nonostante la specificità del voto locale, che per definizione si presta difficilmente ad analisi onnicomprensive, è evidente come un voto che interessa oltre 30 milioni di italiani non possa non avere chiare ripercussioni sul panorama politico nel suo complesso.
È interessante notare come, alla vigilia del voto, i rapporti di forza fossero ben definiti: in 20 capoluoghi di provincia governava il centrosinistra, in 4 il centrodestra, in uno una lista civica (con l’appoggio del centrosinistra). Il responso delle urne in tal senso è terribile per la compagine di Matteo Renzi: il centrosinistra mantiene complessivamente il controllo di 8 Comuni, il centrodestra ne amministrerà 10, il Movimento 5 Stelle vince in 3 Comuni (Roma, Torino e Carbonia), restano 4 le amministrazioni in mano a liste civiche (una delle quali di chiara ispirazione di centrosinistra). Una vera e propria debacle per il centrosinistra, mentre il centrodestra, che su scala nazionale perde consensi e posizioni, porta a casa un risultato comunque apprezzabile in alcune realtà territoriali (Savona, Grosseto e Benevento), dove da tempo governava il centrosinistra.
Se si allarga lo sguardo, poi, si noterà come il Movimento 5 Stelle vinca in 19 Comuni sui 20 nei quali è andato al ballottaggio, riuscendo nell’impresa di portare a casa il risultato anche in città tradizionalmente “rosse”, come Cattolica e Genzano.
La mappa e la tabella riassumono l’andamento del voto nelle città capoluogo:
