Baby squillo: clienti chiamavano con telefoni intestati a multinazionali
Dalle decine di pagine di tabulati telefonici acquisiti dagli inquirenti che indagano sul caso delle baby squillo a Roma emerge che a chiamare le ragazzine che si prostituivano non erano soltanto cellulari privati di uomini ma anche diverse decine di schede telefoniche intestate a donne e sopratutto telefoni intestati a società con sede in tutta Italia e all'estero. Dall'elenco in mano agli investigatori che stanno ancora cercando tutti i clienti delle baby squillo non mancano infatti sigle prestigiose di multinazionali. Insomma dalle indagini emerge che a chiamare le minorenni e i loro sfruttatori dopo aver trovato un annuncio su internet sono stati anche padri di famiglia, mariti o figli di donne che risultano solo intestatarie del contratto e quindi ignare di tutto e alcuni dipendenti delle società in questione con il telefono aziendale. A questo punto al nucleo investigativo dei carabinieri resta da accertare se quelle telefonate arrivate da ogni parte d'Italia si siano concluse effettivamente con una prestazione sessuale a pagamento con le baby squillo.
Restano in cella gli arrestati – Gli inquirenti inoltre stano cercando di capire se nel giro di prostituzione minorile possano esser state coinvolte anche altre ragazze visto che si è scoperto che il giro di clienti era molto grande e che le case frequentate dalle baby squillo erano diverse. Intanto sul fronte degli arrestati rimangono in cella tre dei presunti sfruttatori delle baby squillo. Il tribunale del riesame infatti ha respinto la richiesta di scarcerazione per Mirko Ieni e il caporalmaggiore dell’Esercito Nunzio Pizzacalla ma anche per la madre di una delle giovani. Un altro dei personaggi coinvolti nella vicenda per via di un ricatto ad una delle ragazzine invece è già ai domiciliari per motivi di salute mentre il commercialista cliente non ha fatto ricorso.