Auguri ad Andrea Camilleri. Il grande scrittore compie 90 anni
Andrea Camilleri, scrittore dalla lingua finissima, autore di gialli di grandissimo successo, regista e sceneggiatore, è arrivato oggi alla fatidica soglia di novant'anni. Questo compleanno corona una vita segnata dal talento e dal successo, una carriera in ascesa tardiva ma poliedrica, una carriera che merita di essere celebrata e ripercorsa, a beneficio dei giovani, ma anche dei meno giovani. Cominciamo.
Non solo Montalbano, in effetti: i riflettori si sono accesi sulla penna di Camilleri grazie alle avventure del detective vigatese. Lunatico e razionale, Montalbano ha sfondato, per così dire, pagine e teleschermi grazie all’immaginario suggestivo e intrigante della Sicilia assolata: un paesino ridente, dove però accadono i più efferati, passionali e sofisticati delitti. Montalbano sfoggia l’ineguagliabile sagacia della deduzione che ha caratterizzato Dupin, Maigret, Holmes e Poirot, e il rito giallistico nei libri di Camilleri si tinge di sfumature talora nere, talora psicologiche ed erudite. Camilleri seduce così il grande pubblico in un modo sottile, guadagnandosi anche la benevolenza di chi ha rischiato di vedere schiacciata la letteratura “di genere” sullo sfondo informe della letteratura di mercato.
Ma il punto è che Camilleri è stato attivissimo nella vita letteraria e teatrale italiana in almeno 50 anni di vita, a prescindere dalla fortuna che, secondo un ormai collaudato cliché, ha intrappolato tutti i maggiori giallisti dopo Poe. A cominciare da Conan Doyle che aveva precipitato Sherlock Holmes nelle cascate Reichenbach sperando in ogni modo di dar voce a ben altre ambizioni letterarie, fino a Umberto Eco, che ha più volte dichiarato di odiare il suo giallo postmoderno Il nome della Rosa per il troppo successo.
Al contrario di questi predecessori Camilleri ha sempre amato Montalbano, ma ci è arrivato col tempo: la sua vita è stata caratterizzata in primo luogo da un precoce impegno nelle fila del PCI proprio a ridosso della fine del secondo conflitto mondiale, ed ha intrapreso una felice ed assai prolifica carriera di regista teatrale. Pochi ancora sanno, purtroppo, infatti, che ad Andrea Camilleri si deve un numero interminabile di messe in scena teatrali, all’ombra della fertile scuola post-strelheriana cresciuta all’accademia Silvio d’Amico, che annovera nomi come Glauco Mauri, Franco Graziosi e Luigi Vannucchi.
Ha svolto poi un ruolo di divulgazione culturale molto importante, lavorando sulle pièce di Samuel Beckett, di cui ha firmato una storico Finale di Partita con Renato Raschel ed Adolfo Celi. Ed ancora Camilleri ha lavorato su tutto Pirandello, sul teatro di Eliot e sulle Piéce di Eugène Ionesco: testi come Le Sedie, dalla messinscena complessa e simbolica, e Il Nuovo Inquilino, gli hanno permesso una cruciale opera di mediazione culturale (parliamo degli anni ’50 e degli anni ’70) a partire dal teatro dell’assurdo, corrente fondamentale nella ricerca estetica del Novecento, iniziata per altro dal suo conterraneo agrigentino Luigi Pirandello.
Altre opere di divulgazione, mediazione culturale durante la sua carriera in Rai sono altrettanto dimenticate: un esempio ne è la regia del film a puntate Lazarillo, ormai introvabile, per la sceneggiatura di Claudio Novielli, lo stesso Finale di Partita, di Beckett, filmato per la Rai nel 1979, e poi per la Radio Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, Un leggero malessere (1962), di Harold Pinter, Liolà (1967) dello stesso Pirandello, Lessness di Beckett, e Il Barone Rampante di Calvino, nel 1971, e ancora Testi di George Bernard Shaw, Umberto Eco, Edoardo Sanguineti, Jean Cocteau. Una produzione interminabile, e fra l'altro multimediale: dalla scrittura, TV, Radio e, ovviamente, al teatro.
La sua personalità é ironica, talora graffiante, senza dubbio sottile, ma anche riservata. Ciò lo ha portato a lavorare di penna e più dietro che davanti al palcoscenico, ma Camilleri non ha esitato mai a prendere posizione nelle questioni politiche dell’ultimo ventennio. Attività condensata in uno dei suoi ultimi lavori: Come la penso (2013, Chiarelettere), una riflessione sulle recenti metamorfosi della politica e soprattutto della sinistra italiana, con non pochi strali critici riservati all'ex-presidente Napolitano, da cui emerge un quadro lucido della crisi politica e democratica nell’Italia di questi ultimi anni.
Montalbano, insomma, è arrivato tardi: e poco importa se la fama di un giallista sia fatalmente legata all’invenzione di un personaggio, un luogo e un tempo, come avviene per le varie personalità che si sono confrontate con questo genere e, va da sé, con l’implicita estetica di questo genere, basata su meccanismi narrativi tanto basilari quanto affascinanti. Poco importa, soprattutto se nella lingua di Montalbano Andrea Camilleri, prolifico regista, poeta (non vanno dimenticati, infatti, i giovanili esperimenti di Camilleri in poesia) ha trovato lo sbocco adeguato per la sua ricerca personale, letteraria e specificamente linguistica.
I gialli ambientati a Vigata rappresentano infatti (come si dice) l’opera della maturità, dall'impasto linguistico ricercato ed elaborato, un insieme di racconti complessi narrativamente e ben strutturati. Narrazione e lingua: questi due motori principali del successo commerciale di Camilleri, un gusto per la narrazione inarrestabile e iperproduttiva, come testimonia, ad esempio, la raccolta di racconti brevi Il diavolo, senza dubbio: un Tourbillion di situazioni e invenzioni potenzialmente narrative condensate in brevi racconti.
In ogni caso la vita di Camilleri, oggi, è senza dubbio la migliore testimonianza possibile di quello che vuol dire fare attività culturale, a tutto tondo: nella tv nazionale, sperimentando, divulgando e divertendo, in modo nobile, addirittura aristocratico, ma all’opposto dello snob. Tanti auguri, maestro.