Niente tampone e personale senza mascherina al pronto soccorso di Messina: “Tranquillo, non serve”
Niente tampone e niente mascherina: “Tranquillo, la mascherina non serve”. Sembra incredibile, ma è accaduto in un ospedale, non in un raduno di complottisti no-vax. Siamo a Messina, all’Ospedale Papardo, dove, a giudicare da quello che è andato in scena agli occhi increduli dei testimoni prima nel triage, poi all’interno del pronto soccorso, il Covid-19 sembra non esistere. Poco importa se la Sicilia ha numeri da zona gialla. Ma andiamo per gradi.
Il triage dell'ospedale sembra un bar
La sera del 10 luglio scorso, un giovane ventenne si trovava a passeggiare con la sua fidanzata sul lungomare di Messina, quando, colpito da un malore accompagnato da vertigine, dolori al petto e difficoltà a respirare, va al pronto soccorso intorno alle ore 21. L’ospedale, situato a Messina nord, ha disposto come triage un gabbiotto circondato da vetrate che si trova nella sala d’attesa. Lì, nel gabbiotto, si misura la pressione e la febbre ai pazienti e viene fornita l’assistenza preliminare alla registrazione. Come ormai noto a tutti, il triage nasce proprio come luogo di profilassi per evitare il rischio di contagio da Covid-19 tra l’esterno e l’interno degli ospedali. È un luogo essenziale sia per curare i pazienti e sia per contenere la pandemia ma che invece al Papardo di Messina si è trasformato in un luogo di ritrovo per il personale medico in servizio e quello che ha appena staccato il turno.
I pazienti con la mascherina, il personale medico senza
Nel gabbiotto col paziente di turno si entrava e si usciva, chi senza mascherina, chi con la mascherina abbassata al mento. E secondo testimoni la notte il triage dell’ospedale Papardo sembrava la piazzetta di un bar. Una donna, recatasi in ospedale a seguito di un incidente al piede, dopo avere visto l’ennesimo infermiere chiacchierare con un suo collega nel triage senza mascherina, si è poi rivolta a uno di loro, chiedendo “la cortesia di indossare la mascherina e proteggere i pazienti”. “Ma signora, c’è il vetro che separa il gabbiotto-triage dalla sala d’attesa”, ha minimizzato l’infermiere. “Sì, ma la gente in sala d’attesa ci sta proprio per entrare nel gabbiotto-triage”, ha puntualizzato la paziente, che da quel momento è stata oggetto di occhiate e bisbigli. E non è niente rispetto a quanto ha testimoniato il giovane ragazzo.
Gli dicevano: “Tranquillo, la mascherina non serve”
Dopo un’attesa durata ore, arrivato il suo turno, il giovane è stato finalmente accolto nelle corsie del pronto soccorso. Una volta entrato, nella concitazione, ha fatto cadere la mascherina. Chiuse le porte dietro di sé, non potendo più uscire a riprendersela, ha quindi chiesto all’infermiera che lo assisteva se poteva ricevere una mascherina, così da indossarla. “Tranquillo, la mascherina non serve”, si è sentito dire. E a nulla sono valsi i suoi tentativi: la mascherina, a detta dell’infermiera, non serve. Senza mascherina è poi uscita dalla porta d'ingresso del pronto soccorso una paziente, con ancora la flebo al braccio, riferiscono i testimoni. “Era pallida e con lo sguardo disperato, diceva ‘aiuto, mi hanno lasciato sola', ma noi eravamo lì nella sala d'attesa e non potevamo fare niente. Terribile”.
Quattro ore al pronto soccorso e zero tampone
Zero tampone, zero mascherina. Il giovane ha circolato per le corsie del pronto soccorso senza che nessuno gli abbia fatto il tampone Covid e senza che nessuno lo abbia fornito di una mascherina. Per quattro ore il giovane ha sostato nella corsia di un ospedale senza ricevere né l’assistenza dovuta né la profilassi obbligatoria da ormai un anno e mezzo in ogni luogo pubblico. “Un’esperienza da incubo, il mio ragazzo è uscito dal pronto soccorso alle 4 di mattina, senza un referto, né un tampone, né niente. Non gli hanno dato neanche i risultati degli esami del sangue, gli unici accertamenti che gli hanno fatto”, riferisce la sua fidanzata.
Per chi ha i soldi, l'unica è rivolgersi agli ospedali privati
Oggi il giovane è in cura presso un ospedale privato, che gli ha diagnosticato una complicazione venosa cardiaca: “Al Papardo mi hanno detto che era solo un attacco di panico”. Come la maggior parte dei cittadini messinesi, per ricevere un’adeguata assistenza sanitaria, non basta pagare le tasse, si è costretti a rivolgersi alle strutture ospedaliere private. Lì, almeno, una mascherina la danno. “La struttura è diventata sempre più negli anni un punto di riferimento per la realtà sanitaria nazionale, assicurando una continua e costante erogazione di servizi ad alto livello grazie al proprio personale sanitario e tecnico altamente qualificato” si legge sul sito dell'ospedale Papardo.