Yara, l’esperto: “Dna può essere trasferito”. Pm sotto scorta dopo minacce
Al processo per l’omicidio di Yara Gambirasio in corso al Tribunale di Bergamo si inizia a discutere delle prove considerate dall’accusa le più importanti. Le prove cioè relative al Dna trovato sui leggins e gli slip della ragazzina di Brembate Sopra scomparsa nel novembre del 2010 e ritrovata senza vita tre mesi dopo, ma anche i video delle telecamere e le fibre rinvenute sul giubbotto della vittima. Intanto alla vigilia della nuova udienza del processo a carico di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello unico indagato per l’omicidio “incastrato” proprio dal dna, il quotidiano locale “L’Eco di Bergamo” ha intervistato Francis Collins, genetista statunitense “padre” del genoma. Il professore, massimo esperto di dna già direttore del National Human Genome Reseach Institute di Bethesda nel Maryland, ha fornito delle informazioni senza però far riferimento allo specifico caso di cronaca della giovane di Brembate Sopra. “Il Dna identifica una sola persona, ma teoricamente può essere trasferito da un posto a un altro”, ha spiegato Collins aggiungendo che “ciò accade molto spesso se sangue, saliva, liquidi seminali e altri fluidi corporei sono lasciati su superfici”. Come ricorda l’Eco di Bergamo, uno dei cavalli di battaglia della difesa di Bossetti è il Dna mitocondriale che secondo Collins e Lawrence C. Brody “da solo non può essere riconducibile a un singolo individuo”. “Questo perché – hanno spiegato gli esperti – il genoma mitocondriale è piccolo”.
Il processo per l’omicidio di Yara Gambirasio – Nell’ultima udienza del processo a carico di Bossetti in aula a Bergamo si è discusso dei tabulati del muratore sospettato del delitto e in particolare del “periodo di totale assenza di contatti” tra lui e sua moglie nei giorni della scomparsa di Yara Gambirasio. Un particolare ritenuto “significativo” dalla Procura di Bergamo.
Minacce al pm Letizia Ruggeri – Il comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza di Bergamo ha assegnato una speciale vigilanza al pm del processo per l'omicidio di Yara, Letizia Ruggeri, dopo alcune minacce ricevute dal magistrato. A renderlo noto è stata la trasmissione “Quarto Grado”. Le minacce, a quanto si è saputo, risalirebbero ai giorni scorsi. Oggi il pm è normalmente in aula a Bergamo.
L’udienza di oggi, in aula il comandante del Ris di Parma – Il primo a essere stato ascoltato, in veste di consulente, è stato il comandante dei Ris Giampietro Lago che ha raccontato di avere iniziato a occuparsi del caso Yara dal novembre 2010 con il sopralluogo nel centro sportivo di Brembate Sopra, l'ultimo luogo dove la ragazzina è stata vista. Per le indagini sono stati utilizzati tutti e cinque i laboratori del Ris di Parma (chimico, tossicologico, merceologico, video-fotografico e microscopico) e presentati tutti i reperti dell'indagine e i risultati delle indagini. I difensori di Bossetti hanno chiesto che non siano utilizzate ai fini processuali le affermazioni del colonnello Lago, per quanto riguarda quelli ai quali il comandante dei Ris non ha partecipato direttamente. Il pm Ruggeri ha sottolineato che i Ris hanno effettuato 16 mila analisi del Dna ed era impossibile che Lago fosse presente a tutti i rilievi, ma ogni documento è stato firmato dai suoi sottoposti e l'ultima firma era comunque la sua. Il giudice Antonella Bertoja ha dato ragione con riserva al pm.
Il Dna sugli slip di Yara – Lago ha ricostruito che fu sugli slip di Yara che fu trovato un Dna maschile che le indagini accertarono poi essere di Bossetti. Il comandante del Ris di Parma ha spiegato come otto campioni sulla traccia rivelarono una “mistura” in cui era maggioritario il Dna femminile, quindi della vittima, mentre un nono rivelò “una percentuale dominante di un soggetto maschile”. In tutti i nove campioni il Dna maschile “si rivelò uguale”. La traccia era “di quantità e qualità interessante”.