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Omicidio Yara Gambirasio

Yara, indagati giudice e funzionaria tribunale di Bergamo per frode in processo e depistaggio

Un giudice e una funzionaria del tribunale di Bergamo sono indagati dalla procura di Venezia per frode in processo e depistaggio in merito al caso di Yara Gambirasio e alla conservazione dei reperti che hanno portato alla condanna di Bossetti.
A cura di Chiara Ammendola
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La procura di Venezia ha iscritto nel registro degli indagati il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo e la funzionaria responsabile dell'Ufficio corpi di reato, Laura Epis per il caso dell'omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate di Sopra, scomparsa nel novembre 2010 e il cui cadavere è stato scoperto il febbraio successivo. I due, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, sono accusati di frode in processo e depistaggio in merito alle prove contenenti il Dna del presunto assassino rinvenute sul corpo di Yara e sulla scena del delitto: secondo quando denunciato da Claudio Salvagni e Paolo Camporini, gli avvocati di Massimo Bossetti, qualcuno potrebbe aver occultato deliberatamente 54 provette contenenti il Dna che ha poi portato alla condanna dell'uomo.

Le indagini sulla conservazione dei reperti che hanno portato alla condanna di Bossetti

In particolare la difesa di Bossetti ha sempre lamentato di non aver avuto accesso diretto alle tracce di Dna trovate sui leggins e sulle mutandine di Yara classificate come ‘Ignoto 1' e poi attribuite al muratore di Mapello. A dibattimento era emerso che la traccia
decisiva, quella da cui fu estratto il profilo di ‘Ignoto 1', non sarebbe più utilizzabile in quanto "definitivamente esaurita", ma successivamente sarebbe emersa la disponibilità di 54 campioni di Dna trovati sul corpo della vittima il cui utilizzo però non sarebbe stato possibile perché materiale poi deteriorato. Secondo gli avvocati Salvagni e Camporini che in questi mesi hanno più volte fatto richiesta di accesso alla cosiddetta prova regina, di fatto unico modo per poter eventualmente riaprire il caso, è probabile che "il materiale confiscato sia stato ‘conservato in modo tale da farlo deteriorare' vanificando la possibilità di effettuare nuove indagini difensive". Dunque un gesto doloso che spinto i due a presentare denuncia e di conseguenza all'apertura dell'inchiesta in procura a Venezia.

L'inchiesta di Venezia verso l'archiviazione

Nei mesi scorsi sarebbero stati ascoltati diversi testimoni, compresa la pm Letizia Ruggeri titolare dell'inchiesta sull'omicidio di Yara: ora l'inchiesta veneziana sembrerebbe vicina alla chiusura "e, sempre stando alle indiscrezioni, finora non sarebbe emersa alcuna prova di un comportamento doloso". In questo senso si andrebbe verso la chiusura del fascicolo. "Pendono altri due ricorsi in Cassazione per ottenere l'autorizzazione a riesaminare quei reperti, che però ancora non sappiamo in che condizioni siano e che tipo di danni possano aver subito trasferendoli dall'ospedale San Raffaele, dove erano custoditi inizialmente, ai magazzini dell'Ufficio corpi di reato – spiega l'avvocato Salvagni – l'obiettivo della denuncia è proprio di sapere se sono ancora utilizzabili o se qualcuno, magari interrompendo la catena del freddo indispensabile per la buona conservazione dei campioni, abbia compromesso per sempre la possibilità di effettuare dei nuovi studi sul Dna di ‘Ignoto 1′".

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