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Omicidio Yara Gambirasio

Yara Gambirasio, il comandante del Ris: “L’esame sui suoi slip ci ha fatto arrivare al killer”

Sono serviti 25.000 esami del dna per scovare il killer di Yara. Da Ignoto 1 a Massimo Bossetti, che oggi sconta l’ergastolo. A raccontarlo Giampietro Lago, comandante del Ris di Parma.
A cura di Biagio Chiariello
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"Abbiamo mappato centimetro per centimetro gli slip" di Yara Gambirasio "sezionati in piccoli quadrati ideali, guardando poi su ciascuno per vedere se ci fosse qualcosa di diverso dal dna" della 13enne. "E in una di queste decine di porzioni insieme è apparsa anche una traccia maschile". Così al Messaggero Giampietro Lago, comandante del Ris di Parma nell'inchiesta sulla morte della 13enne di Brembate di Sopraunica per numeri (25.700 esami del Dna) premiata nella Dna hits of the year dalla Gordon Thomas Honeywell Governmental Affairs 2017, per l'impiego della genetica alle investigazioni:

È stato un unicum per le risorse spese, per la concentrazione di enti scientifici che hanno collaborato e perché, prima di sapere chi fosse, in un'informativa, è stato scritto che il killer aveva gli occhi molto chiari".

Le difficoltà si sono palese sin dai primi istanti. Yara era stata trovata dopo diversi mesi dalla sua morte. Complicato isolare il Dna del suo possibile assassino: "Gli slip erano rimasti sul corpo, oramai in decomposizione, per tre mesi. Intrisi di liquidi, oltre a pioggia e neve, avevano subito processi di congelamento e scongelamento. Ogni traccia era dispersa e non riconoscibile. Il caso sarebbe stato chiuso. Arrendersi sarebbe stato normale" spiega Lago.

L'idea è stata quella di mappare centimetro per centimetro gli slip, sezionati in piccoli quadrati ideali, guardando poi su ciascuno per vedere se ci fosse qualcosa di diverso dal dna di Yara. E in una di queste decine di porzioni insieme è apparsa anche una traccia maschile. Ma era solo un segnale. Allora le piccole porzioni sono state rimpicciolite, per vedere se riuscivamo a ricostruire un Dna completo. Una sorta di zoom genetico. Sapevamo che se non avessimo trovato una traccia lì, il killer non sarebbe mai stato individuato. Poteva essere la figlia di uno di noi. La mia aveva più o meno quell'età. Quando abbiamo trovato un dna maschile definito di un solo soggetto è sembrato un miracolo".

Dare un nome a ‘Ignoto 1' non è stato facile, dunque. "Quando è stato individuato un dna simile, sembrava fatta. Invece, l'esame ai fratelli di Damiano Guerinoni ha dato esito negativo. Erano solo simili al Dna di Ignoto 1" spiega il comandante. Sono venute fuori altre complicazioni: "Abbiamo ricostruiscono l'albero genealogico genetico di tutta la famiglia fino al 1719, i marcatori hanno trovato una vicinanza fortissima con quelli di Pier Paolo e Diego, figli maschi di Giuseppe Guerinoni, morto nel 99. Il killer era nato da una relazione extraconiugale, bisognava cercare la mamma. La finestra temporale era molto ampia. Abbiamo iniziato a indagare sulla vita di Giuseppe. Nessuno parlava. Era un autista di pullman: abbiamo cercato, nella valle, tutte le donne compatibili con una maternità: 20mila prelievi del Dna".

Alla fine gli inquirenti sono arrivati a Massimo Bossetti. La madre, deceduta qualche anno fa, si è sottoposta spontaneamente al prelievo: "Credo che non immaginasse che il killer fosse suo figlio. Forse neppure che era figlio di Guerinoni".

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