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Il 18enne Willy Branchi ucciso più di 30 anni fa, rispunta lettera anonima vecchia di 9 anni: “Chi sa, parli”

Willy Branchi fu ucciso nel 1988 da killer rimasti ignoti fino a questo tempo. La morte dell’adolescente è sempre rimasta un mistero, anche se nel 2015 una lettera anonima con luoghi, orari e nomi è entrata negli atti dell’indagine ma non ha mai portato a una svolta. Nella missiva venivano citati dettagli mai esplorati della notte del delitto. Ora gli inquirenti chiedono all’anonimo autore di farsi avanti.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Sono passati ormai più di 30 anni dalla morte di Vilfrido Willy Branchi, il 18enne ucciso da ignoti nel 1988 a Goro. Nel 2015 il quotidiano Il Resto del Carlino pubblicò in esclusiva una lettera anonima scritta al fratello della vittima. La missiva era stata acquisita dagli inquirenti tempo prima, ma delle due pagine con nomi e luoghi precisi non si è poi saputo più nulla. Il fascicolo è stato riaperto il 10 novembre 2014 grazie all'inchiesta portata avanti dal quotidiano. 

Della morte del 18enne, però, non si sa ancora nulla. Quella lettera, finita agli atti dell'inchiesta, non venne esaminata a fondo come si sperava. Adesso però torna alla ribalta nella sua interessa: l'autore (rimasto anonimo) è di nuovo oggetto di indagine. Si potrebbe risalire alla sua identità anche con l'ausilio delle nuove tecnologie, ma le indagini sembrano proseguire ormai da dieci anni stancamente verso una meta che non esiste. La Procura e l'Arma hanno fatto sapere di essere al lavoro per risalire allo scrivente che inviò la missiva con nomi e luoghi al fratello di Willy.

Secondo chi indaga, l'autore della lettera sarebbe informato sui fatti e sull'omicidio. Secondo gli investigatori, chi scrive potrebbe anche sapere l'identità dell'assassino. Tutto inizia nel settembre del 1988, quando Willy, allora diciottenne, uscì di casa senza far sapere ai familiari dove stesse andando. Il giovane, noto a tutti come "il gigante buono" per il suo metro e novanta di altezza, è morto per mano di killer non ancora identificati. Nella busta arrivata diversi anni dopo a Luca, suo fratello, vi erano due fogli scritti a mano ma senza firma. Si parlava del 18enne e si raccontavano situazioni, fatti e luoghi.

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Di uno in particolare non era mai emerso alcun dettaglio nelle carte degli inquirenti. Si tratta di Oca Marina, a una dozzina di chilometri da Goro, dove il ragazzino potrebbe essere stato attirato già prima di morire da alcuni pedofili che, secondo quanto accertato da altre indagini negli anni, adescavano ragazzini fragili promettendo loro regali e soldi in cambio di rapporti sessuali durante alcuni festini.

Quelle due pagine di nomi, date, luoghi e orari non sono però state analizzate con la dovuta attenzione. Secondo chi indagava, la terminologia utilizzata nella missiva anonima era propria di un giovane e per questo motivo, i dettagli non sono stati giudicati affidabili per la risoluzione del mistero. Eppure nelle due pagine di lettera si parla di un uomo che avrebbe avuto un ruolo da protagonista nell'omicidio del 18enne.

La persona citata era già nota alle forze dell'ordine, secondo quanto scritto dall'anonimo testimone. Il presunto killer era infatti ritenuto pericoloso per via di precedenti legati a risse e botte. L'assassino, secondo quanto asserito nella lettera, dormiva su una barca da pescatore.

La missiva finì subito agli atti e la persona additata quale responsabile del delitto dal suo autore venne identificata ma mai sentita. Lo scrivente non è mai stato individuato e dunque, la lettera, in quanto anonima non è mai stata proceduralmente utilizzabile per aprire nuove piste investigative. Nonostante gli sforzi, dunque, non è stato possibile seguire le tracce indicate nelle lettere. I dettagli scritti nero su bianco sono stati verificati ma restano proceduralmente "inutili". Pertanto, dunque, le autorità hanno chiesto all'autore della missiva di farsi avanti nove anni dopo aver redatto quella lettera. 

Sui fatti sono stati sentiti negli anni 229 testimoni e intercettate 205.000 conversazioni pari a 11.300 ore di telefonate di ascolti, ma di quanto successo al 18enne nessuno ha davvero mai voluto parlare. A distanza di 9 anni da quella lettera, le autorità hanno chiesto al suo autore di farsi avanti per raccontare agli inquirenti cosa è davvero accaduto al giovane di Goro nel 1988.

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