Non è bastato il buon senso, non sono bastati gli appelli di politici e società civile al Presidente Mattarella, e nemmeno la disobbedienza civile di Riccardo Magi che è andato ad autodenunciarsi dopo avergli consegnato in modo simbolico la cannabis che aveva coltivato di persona, e così Walter De Benedetto andrà a processo il prossimo 27 aprile per coltivazione di sostanza stupefacente in concorso.
Parliamo di un paziente affetto da una patologia devastante come l’artrite reumatoide che solo grazie alla cannabis riusciva a mitigare i dolori e gli spasmi che lo affliggono in continuazione.
Cannabis e diritto di cura
Per più di 3 anni, con diverse richieste fatte anche tramite il proprio legale, aveva chiesto un aumento della cannabis che gli veniva fornita dalla Asl, senza ottenere risposta. A quel punto Walter ha fatto l’unica scelta possibile per chi non vuole recarsi da uno spacciatore: ha appunto scelto di coltivarla. Non direttamente, perché la sua condizione non glielo consente, ma facendosi aiutare da un caro amico.
Era l'ottobre del 2019 quando l'amico fu sorpreso dai Carabinieri mentre innaffiava le piante nella serra nel giardino della casa di Walter, vicino ad Arezzo. Alla fine del processo il giudice ha disposto per l'amico la “messa alla prova” che se superata cancellerà il reato. Walter, invece, è sotto processo per coltivazione di sostanza stupefacente in concorso e rischia fino a 6 anni di carcere. "Sono già incarcerato nel mio corpo, ma dove vado più?", dice con una battuta a Fanpage, sottolineando però, in modo serio, che: "Nel mio cuore e nella mia coscienza, ho agito nel giusto" e dichiarando infine di credere nelle istituzioni e nella giustizia.
L'udienza preliminare si è tenuta a fine febbraio, con Walter presente, e l'avvio del rito abbreviato. "L’udienza è stata rinviata al 27 aprile 2021, data in cui il paziente interverrà per raccontare la sua condizione proprio come ha già fatto con le forze dell’ordine nel momento della perquisizione”, ha sottolineato il suo legale, l'avvocato Claudio Miglio, puntualizzando che: "Chiediamo una giustizia equa, un giudizio che valuti il singolo caso".
Una vicenda che in Italia si configura come un reato, ma che in Canada, per fare un esempio, è perfettamente legale. Quando fu emanata la legge sulla cannabis medica nel Paese, correva l’anno 2001, la Corte costituzionale del Canada accettò i ricorsi dei pazienti che, non in grado economicamente di acquistare a cannabis nei dispensari, volevano autoprodurla. Oggi ci sono più di 43mila pazienti autorizzati a coltivare o a nominare una persona che lo faccia per loro se la patologia che li colpisce non glielo permette.
Una legge per l'autoproduzione di cannabis
Un passaggio che presto potrebbe diventare realtà anche in Italia. Come ricordano dalla campagna Meglio Legale, che da tempo, oltre a supportare Walter, si pone come ponte tra i cittadini e le istituzioni per affrontare il tema della legalizzazione, oggi in Commissione Giustizia ci sono due progetti di legge che riguardano la modifica dell’art. 73, il testo unico sugli stupefacenti: “Da una parte l’introduzione di pene di più lieve entità e per decriminalizzare la condotta della coltivazione domestica a prima firma Riccardo Magi, dall’altra quella della Lega a prima firma Riccardo Molinari che propone tutta un’altra direzione”.
Per questo motivo è stato lanciato un appello al presidente Mario Pierantoni e a tutti i membri della Commissione Giustizia, “per chiedere che sia tenuto in considerazione, in vista delle proposte di legge di modifica dell’articolo 73 del Testo unico stupefacenti, il tema dell’autocoltivazione di cannabis”.
Meno criminalità e possibilità di cura
Se da una parte viene ricordato che, secondo le stime, i consumatori di cannabis italiani che ogni anno decidono di coltivare sono oltre 100mila, viene anche ribadito come sia ormai passato un anno dalla sentenza delle sezioni penali unite della Cassazione secondo la quale, a determinate condizioni, la coltivazione per uso personale non debba essere considerata reato.
"Le conseguenze concrete", sottolineano infine, "sarebbero tantissime: consentire ai consumatori di non rivolgersi alla criminalità, liberare forze dell’ordine e tribunali da inutili procedimenti, separare il mercato della cannabis dalla altre sostanze stupefacenti e permettere anche a chi non riesce a ottenere la terapeutica di potersi curare".
“Venitemi dietro”, conclude Walter chiedendo di schierarsi con lui in questa battaglia. Speriamo lo ascoltino in tanti, a partire dai nostri politici.