Vuole curarsi con la cannabis, ma viene condannata: l’assurda storia di Sabrina
"Eccomi, sono una pericolosa spacciatrice". Quando la incontriamo, Sabrina sta dando da mangiare ai suoi cavalli. A Itri, pochi chilometri da Formia (Latina), gestisce un agriturismo. Una vita sempre in movimento, nonostante i problemi agli occhi: Sabrina è giovane, ma è affetta da glaucoma ad angolo aperto. È una patologia molto invalidante e che, nel tempo, porta inesorabilmente alla cecità. Si può cercare di rallentare questo processo in diversi modi. Uno di questi, secondo diversi studi, è la cannabis.
La cannabis terapeutica è legale, in Italia: peccato che accedere alle cure sia praticamente impossibile. Per due ragioni: in primo luogo, è assolutamente vietata la coltivazione (nonostante notizie di stampa inesatte che parlino di depenalizzazione). In secondo luogo, per la cannabis terapeutica le Regioni devono legiferare: non tutte lo hanno fatto. Nello specifico, solo sette, delle quali l'Abruzzo è l'ultima in ordine di tempo (dopo Puglia, Toscana, Liguria, Veneto, Lombardia e Piemonte). In queste sette regioni, se il budget lo consente, le cure per alcune patologie sono a carico del Sistema Sanitario. La trafila burocratica, invece, farebbe impallidire Kafka: il medico (se trovate uno che non abbia preconcetti) deve fare la ricetta, la ricetta passa all'Asl, la Regione deve decidere l'acquisto, la decisione arriva al ministero della Salute che importa i farmaci in Italia. Una volta importato e acquistato, poi, il farmaco deve arrivare in Italia. L'acquisto potrebbe essere invalidato e bloccato in qualsiasi momento della catena decisionale, se viene giudicato che altri farmaci che non sono a base di cannabinoidi sono altrettanto efficaci. Per finire, se la Regione non rimborsa le cure, il costo è totalmente a carico del paziente. E sapete quanto costa un grammo di cannabis a scopo terapeutico? Si parte da un minimo di 56 euro per grammo (come testimoniato efficacemente dall'associazione Lapiantiamo). Ma torniamo alla storia di Sabrina, che nel 2013, per aver tentato di coltivare la marijuana a scopo terapeutico si è beccata un blitz dei carabinieri nella sua azienda "dopo segnalazione confidenziale", un arresto e una condanna a 8 mesi di carcere, per fortuna con la condizionale. Il pm aveva chiesto un anno di carcere.
"Guarda qui – tira fuori una grossa cartellina con diversi esami – Tutta la parte inferiore dell'occhio destro è andata. Vedo un po' solo dalla parte superiore, e anche l'occhio sinistro sta peggiorando. Già venti anni fa il mio oculista mi consigliò di provare con la cannabis, visto che i miei occhi continuavano a peggiorare. Ma non me la sentii di andare da spacciatori e affini, io che tra l'altro non ho mai fatto un tiro di canna nella mia vita". Poi l'agriturismo, gli ulivi. Dopo un po' di anni Sabrina ci ripensa. E prova a coltivarla da sé, nella speranza di alleviare le sofferenze e rallentare la progressione della malattia. Tentativo fallito dopo solo pochi mesi: un blitz dei carabinieri "di sabato, davanti ai clienti" scova "il corpo del reato". Che consta in otto piantine, delle quali solo una alta abbastanza da poter essere produttiva. Le altre, sono di una lunghezza che varia dai dieci ai trenta centimetri. E 24 grammi di sostanza essiccata. Il giorno dopo, viene sbattuta in prima pagina, "con tanto di nome della mia attività", spiega.
A nulla valgono la memoria difensiva redatta dal suo avvocato Mirko De Biase , i medici consultati, gli studi sugli effetti benefici della cannabis sul glaucoma, l'invocare il diritto alle cure. Il suo caso arriva in Parlamento: il segretario dei Radicali ed ex deputata Rita Bernardini, famosa per le sue battaglie antiproibizioniste e per il libero accesso alle cure, presenta una interrogazione, ma nemmeno questo riesce a cambiare il corso degli eventi. Sabrina rifiuta il patteggiamento perché "non sono una spacciatrice né una tossica", spiega. Ma viene trascinata a processo. Nel 2013 viene condannata per detenzione e coltivazione di stupefacenti, in barba a qualsiasi diritto di accesso alle cure. "Merito", questo, non solo della Fini-Giovanardi, oggi dichiarata incostituzionale, ma anche della burocrazia impossibile e del divieto di coltivazione in Italia.
"Come può uno stato entrare così tanto nella vita delle persone? – si sfoga Sabrina – La vista è mia. Mi puoi tormentare per le tasse, per l'Irap, ma non puoi tormentarmi se voglio dare un indirizzo diverso alla mia vita, diverso da quello che tu stabilisci per legge. Però hanno permesso a gente di suicidarsi per duemila euro da dare a Equitalia. Vorrei solo che ci fosse una legge per aiutare tutti quelli che ne hanno bisogno. Indistintamente".