“Volevo abortire, mi hanno perseguitata. Mio figlio è nato, io sto ancora male”: la storia di Asia
Se avete avuto difficoltà ad accedere all'interruzione di gravidanza, o siete state trattate in modo poco dignitoso per la vostra scelta, scrivete a segnalazioni@fanpage.it. Daremo voce alle vostre storie.
"Ho scoperto di essere incinta a otto settimane. Prendevo la pillola ma evidentemente qualcosa è andato storto. Ho 39 anni e ho già tre figli avuti con parti cesarei, oltre a gravi problemi di salute. Ho deciso di interrompere la gravidanza, ma non mi sarei aspettata l'inferno che ho vissuto". A parlare a Fanpage.it è Asia. La sua storia si è svolta a cavallo tra dicembre 2022 e gennaio 2023: è passato un anno, ma la sua voce è ancora carica di rabbia mentre racconta quello che le hanno fatto passare a causa della presenza di personale obiettore di coscienza. "Io sono riuscita a risollevarmi, ho le spalle larghe. Ma se fosse successo a una ragazza più giovane e senza il sostegno della famiglia? Si dicono provita ma delle persone non gliene frega nulla: io con una quarta gravidanza potevo morire, non gli interessava".
Asia ha vari problemi di salute e una forte anemia che le ha causato serie complicazioni nei parti precedenti. "Dopo ogni parto sono stata ricoverata per più di quindici giorni per emorragie, mi hanno dovuto fare molte trasfusioni. A causa dei dolori non mi sono potuta alzare dal letto per due, tre mesi. Con una quarta gravidanza potevo rischiare la vita, un altro cesareo nella mia condizione era sconsigliato. Ho così deciso di interrompere la gravidanza, e mi sono rivolta immediatamente al consultorio per avviare le pratiche".
Ed è proprio al consultorio che Asia trova un primo muro contro cui scontrarsi. "Hanno messo in dubbio la mia parola e la mia sanità mentale. Hanno preteso di parlare con mio marito perché dicevano che non potevo decidere da sola, e ci hanno fatto parlare con gli psicologi. Eravamo entrambi sconvolti da quel trattamento, lui mi ha sempre supportata: diceva che il corpo era mio e avrebbe rispettato qualsiasi mia decisione. Cosa che il personale del consultorio non ha fatto. Mi hanno poi detto di rivolgermi all'ospedale per procedere con l'interruzione".
"Quando ho telefonato per avere informazioni, sono stata insultata dall'operatrice al telefono. Non sapeva nulla di me né della mia storia, ma ha cominciato a dire che non si faceva così, che non avrei dovuto giocare e poi abortire. A parte che non aveva idea del perché volessi interrompere la gravidanza, ma qualsiasi fosse stato il motivo non si sarebbe dovuta azzardare a dire cose del genere. Abortire è un mio diritto e nessuno deve commentare le motivazioni che mi hanno spinta a farlo". L'operatrice dice ad Asia che prima di accedere all'Ivg deve aspettare quindici giorni e nel frattempo parlare con gli psicologi, perché "quella era la prassi. E che non avrei potuto fare l'aborto farmacologico ma il raschiamento, perché non rientravo più nei tempi. Ho detto loro che non esisteva, non volevo fare un intervento chirurgico, era mio diritto accedere al farmacologico ma non hanno voluto sentire ragioni. Hanno tentato più volte di dissuadermi dal mio intento facendomi ostruzionismo. Addirittura volevano mandarmi all'ospedale di Magenta o a quello di Gallarate, molto distanti da dove abitavo. Quello che mi hanno fatto capire in modo velato, quando ho protestato, è che quella era una sorta di punizione per aver deciso di abortire".
Asia non è potuta andare all'ospedale del suo comune di residenza, ma ha dovuto cambiare città. "Non mi avrebbero comunque fatto fare l'aborto farmacologico, ma qui c'era una ginecologa che in teoria non era obiettrice e che mi avrebbe fatto il raschiamento. Dopo avermi visitato, mi ha chiesto se sapessi in cosa consisteva l'intervento. Le ho risposto che non volevo saperlo, che volevo interrompere la gravidanza e basta. Ha ignorato la mia volontà e mi ha detto: ‘signora lo tirano fuori con una pinza e lo spezzettano tutto, così uccidono il bambino'. Mi sono sentita male, ho vomitato nel secchio del suo ufficio. Mi ha detto ‘signora cosa pensava, che era una passeggiata?'. Una volta uscita da lì ho deciso che avrei tenuto il bambino anche se avrei corso il rischio di morire, ma la gravidanza l'ho portata a termine a caro prezzo".
A causa di ciò che le hanno fatto passare, Asia ha avuto una grave depressione prima del parto. Per tutta la gravidanza è stata seguita a livello psicologico, ed è stata accompagnata dalla paura di morire. "Il mio terrore era lasciare i miei tre figli senza madre", spiega. "Eravamo anche preoccupati per la nostra condizione economica: in quel periodo eravamo disoccupati entrambi, il mio contratto di lavoro non era stato rinnovato. Era difficile farcela con tre figli, figuriamoci con quattro. Fortunatamente all'ospedale di Legnano ho trovato personale comprensivo: per farmi stare tranquilla il giorno del parto, che sarebbe stato complicato data la mia situazione, hanno programmato solo il mio cesareo. C'era un'equipe completa di medici e anche lo psicologo in sala parto, devo davvero ringraziarli perché mi hanno salvata".
"Sono stata marchiata come ‘l'assassina dei bambini‘, come fossimo nel 1500. Ho dovuto iniziare una terapia psicologica per quello che mi hanno fatto, e non è stato facile accedervi. Dopo il parto sono stata ricoverata quindici giorni e sono dovuta tornare più volte in ospedale a causa dei miei problemi di salute. Dalla nascita di mio figlio è passato un anno, e non mi sono ancora ripresa, sia fisicamente sia mentalmente. Un giorno gli racconterò ciò che ho passato, ma non perché non lo volevo far nascere, ma perché i miei figli devono sapere cosa ho passato, non voglio nascondergli nulla. Spero le cose cambino e che per loro un giorno non sarà più così. E che questa testimonianza aiuti le donne che hanno passato la stessa cosa, ma magari hanno paura di parlare. Se decidete di abortire, qualsiasi sia il motivo, andate oltre il pregiudizio della gente che giudica e vorrebbe farci tornare indietro".